Come spiegavamo, la dinamica tra la Russia e l’Armenia di Pashinyan è quella di un “circolo vizioso”, questo ci viene evidenziato oggi dall'”auto-sospensione” dal CSTO e dall’annuncio di esercitazioni con gli USA, nel contesto di manovre azere che possono indicare una nuova offensiva.
Più l’Armenia si avvicina alla NATO, meno la Russia è disposta a sacrificare la – ben più importante – intesa strategica con Turchia e Azerbaijan (fondamentale in chiave INSTC) per difenderla militarmente.
Meno la Russia difende il suo antico alleato, più Yerevan viene spinta verso la ricerca di nuovi protettori internazionali.
C’è un problema, tragico, per l’Armenia: neanche i nuovi partner hanno intenzione di difendere l’Armenia a scapito della Turchia – l’ha detto chiaramente Borrell – e del gas dell'”aggressore” (per usare un termine ricorrente) azero esente da ogni sanzione.
Mosca spera ancora in una mediazione, che sta procedendo a piccoli passi ma ancora non riesce a raggiungere i suoi principali obiettivi (anche se la normalizzazione diplomatica Armenia-Turchia ha una portata storica) che solidificherebbe l’intesa con la Turchia anche in altre regioni, assicurerebbe il corridoio INSTC, salverebbe l’alleanza con l’Armenia.
Il prezzo da pagare per Yerevan comunque sarebbe alto – di fatto, una resa – e le pressioni interne potrebbero rendere impossibile un accordo.
Così come non è detto che l’Azerbaijan, conscio di avere ogni attore di peso – salvo l’Iran – dalla sua parte, si accontenti del Nagorno-Karabakh e non voglia anche riaprire manu militari il corridoio tra il suo principale territorio e l’exclave del Nakichvan, circondata da territorio armeno e turco.
* da Inimicizie
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Pietro Pinter (Inimicizie Blog)
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