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Bentornato gatto selvaggio! Si allarga lo sciopero dell’auto USA

Lunedì mattina i 6.300 aderenti alla United Auto Workers International che lavorano al Sterling Heights Assembly Plant (SHAP) – il più grande stabilimento della Stellantis negli Stati Uniti – sono entrati in sciopero, unendosi allo Stand UP Strike iniziato il 15 settembre.

I lavoratori dello SHAP producono il best-seller truck RAM 1500.

Sale quindi ad oltre 40 mila il numero degli scioperanti aderenti alla UAW che lavorano in maggioranza per le Big 3, le tre principali case  automobilistiche Usa: General Motors, Ford e Stellantis.

A quanto riporta la pagina dell’organizzazione sindacale, «Nonostante abbia il fatturato più grande, i maggiori profitti (in Nord-America e globalmente), i migliori margini di guadagno, e le più grandi riserve di contanti, Stellantis è indietro sia a Ford che a General Motors nel venire incontro alle richieste dei lavoratori.

Attualmente, Stellantis ha la peggiore proposta sul tavolo riguardante la progressione salariale, i lavoratori a tempo e la loro conversione a lavoratori a tempo pieno, l’adeguamento al costo dei vita (COLA), e altro».

Nell’ultima diretta Facebook settimanale Shawn Fain, Presidente della UAW, facendo il punto delle trattative aveva evidenziato la pochezza dell’offerta di Stellantis.

Si tratta del secondo sciopero “improvviso” dopo quello che ha chiuso il maggior stabilimento della Ford negli USA, il Kentucky Truck Plant, il 12 ottobre scorso.

É l’ennesimo salto di qualità nell’azione sindacale, con una inedita strategia per il rinnovo contrattuale che si basa sull’impattare contemporaneamente tutte le tre case automobilistiche con iniziative che prima veniva comunicate nel più breve lasso di tempo ai lavoratori e alle aziende, ma che ora sembrano mettere le Big 3 di fronte al fatto compiuto, con scioperi che potremmo definire “a gatto selvaggio”, mandando ulteriormente in tilt la capacità di previsione del management.

Iniziato il 15 settembre scorso, lo Stand Up Strike – il nome deriva dalla storica azione per il riconoscimento del sindacato nella seconda metà degli Anni Trenta (1936-’37) – ha prima coinvolto tre stabilimenti di tutte e tre le case automobilistiche in tre Stati diversi, poi i quasi 6 mila lavoratori della quarantina di siti che si occupano dei ricambi di GM e Stellantis in una ventina di Stati, e poi di nuovo due stabilimenti di Ford e GM.

Successivamente ha fatto chiudere i due maggiori stabilimenti della Ford e della Stellantis. Erano in tutto 34 mila, al 36 giorno dello sciopero, quando Fain nella consueta diretta FB aveva relazionato  sullo stato dell’arte nelle trattative, nominando anche gli stabilimenti che avrebbero potuto entrare in sciopero, tra cui appunto quello della Stellantis.

Una parte importante del suo messaggio è stato rivolto al Ceo della Ford, Bill Ford Jr., che aveva pubblicamente fatto appello per una fine dello sciopero e per un “fronte comune” tra azienda e sindacato contro i competitors stranieri.

«Voglio essere estremamente chiaro su una cosa. I giorni di UAW e FORD a ‘fare squadra per combattere altre aziende’ sono finiti», ha detto Fain.

Il sindacato ha messo in atto a suo modo la strategia del divide et impera rispetto al fronte padronale, “graziando” di volta in volta l’azienda che faceva una offerta migliore al tavolo negoziale e colpendo le altre, in una sorta di rincorsa verso l’alto.

L’atteggiamento militante dell’attuale direzione sindacale ha avuto la sua rappresentazione anche in quest’ultima iniziativa allo stabilimento della Stellantis, con tre “pezzi da novanta” della leadership – tra cui lo stesso Shawn Fain ed il vice-presidente Rich Boyer, che si sono uniti alla sezione sindacale Local 1700 fuori dai tornelli.

Fain, con un cartello in mano, ha accolto gli operai che uscivano dallo stabilimento stringendo loro la mano, cantando gli slogan insieme agli altri lavoratori: «No bucks, no truck».

La UAW si sta giocando una partita importante non solo tra la porzione dei lavoratori che rappresenta nelle Big 3, ma anche tra le maestranze delle aziende dove il sindacato non è ancora presente. «I lavoratori di Tesla, Toyota, Honda e altri non sono il nemico. Sono i membri della UAW del futuro».

Durante la diretta FB dello scorso venerdì ha promesso: «Prossimamente organizzeremo le aziende automobilistiche non sindacalizzate, come mai non abbiamo fatto prima».

Accanto a questo, la gestione condivisa della transizione all’elettrico è un punto chiave su cui il sindacato sta avendo già notevoli successi, considerato che i 4 futuri stabilimenti che costruirà la GM saranno sindacalizzati già per contratto con la casa automobilistica; e che si potrà scioperare in tutti gli stabilimenti della Ford o della Stellantis, in caso di chiusura di un sito produttivo rispettivamente di una delle due aziende.

Con la pandemia ha iniziato a prendere forma negli USA un “nuovo movimento operaio” che ha le proprie radici più prossime nella formazione una leva di giovani attivisti del mondo del lavoro che si erano uniti, nel 2016, allo sforzo per eleggere Bernie Sanders come candidato del Partito Democratico. Questi ex ragazzi hanno infuso linfa vitale ed elaborato nuove tattiche di lotta.

É stato inoltre dato un contributo importante nell’uso dei social media come strumenti di organizzazione e mobilitazione di base, ed in una più efficace strategia comunicativa per controllare la narrazione della propria azione.

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