Se la graduale normalizzazione del ruolo di Israele nella regione poteva far pensare a una semplificazione della mappa energetica e politica del Medio Oriente, ignorando del tutto la questione palestinese, adesso la guerra con Hamas e la minaccia di un conflitto regionale hanno rimescolato tutte le carte
Con la guerra di Gaza vedremo un altro shock petrolifero come nel 1973? Nel suo lungo discorso dal Libano il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha evitato di aprire la guerra con Israele ma ne ha evocata una economica.
Per fermare la strage nella Striscia. «Non chiediamo le vostre armi, non i vostri missili… non voglio dare dei traditori a nessuno, ma dobbiamo inchiodare tutti alle loro responsabilità».
Dagli stati petroliferi Hezbollah vuole una mano per chiudere i rubinetti di Tel Aviv, come ha chiesto l’Alto consiglio di Stato della Libia con sede a Tripoli (preceduto dai rappresentanti della Cirenaica) «per tagliare i legami con i Paesi che sostengono l’entità sionista bloccando l’export di gas e petrolio».
Nasrallah punta a scuotere Egitto, Arabia saudita e le monarchie del Golfo, che hanno rapporti con Israele per escluderlo dai rifornimenti energetici.
Un appello al boicottaggio quello del leader sciita che viene proprio dal Libano dove Hezbollah come membro del governo ha accettato di fatto nel 2022 l’accordo mediato dagli Stati uniti per la demarcazione del confine marittimo tra Israele e Libano (tecnicamente in guerra dal 1948) e lo sfruttamento del gas dei giacimenti sottomarini di Karish e Qana.
Un’intesa che Nasrallah aveva presentato «non come il risultato della generosità di Usa e Israele ma della forza del Libano», Paese che versa in una crisi economica disastrosa.
Cosa aveva significato la guerra dello Yom Kippur il cui trentennale è coinciso con il massacro di Hamas? L’embargo imposto dai Paesi arabi esportatori di petrolio dopo la crisi del 1973 aveva trasformato tutti gli equilibri e le dottrine geopolitiche, una tendenza che si era poi rafforzata con la rivoluzione khomeinista in Iran nel 1979, annus horribilis di Washington con la perdita di Teheran come alleato, seguita a fine anno all’invasione sovietica dell’Afghanistan.
Da allora gli Usa si erano lanciati militarmente per decenni nelle guerre del Golfo e del Medio Oriente per disimpegnarsi poi con il disastroso ritiro da Kabul nel 2021.
Se la graduale normalizzazione del ruolo di Israele nella regione, voluta con il Patto di Abramo sponsorizzato dagli Usa, poteva far pensare a una semplificazione della mappa energetica e politica del Medio Oriente, ignorando del tutto la questione palestinese, adesso la guerra con Hamas e la minaccia di un conflitto regionale hanno rimescolato tutte le carte.
Anche per l’Italia e per quel vago ‘Piano Mattei’ delineato confusamente – e soprattutto senza risorse – da questo governo.
* da il manifesto
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