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Il fascino indiscreto della schedatura di massa

C’era una volta la stampa anglosassone, scuola di formazione liberaldemocratica, che insegnava – o pretendeva con successo di farlo – a “separare i fatti dalle opinioni”, acciocchè il lettore potesse formarsi la propria opinione, anche se differente da quella dell’articolista.

E’ forse utile ricordare che “il lettore” di quel tempo – prima della seconda guerra mondiale, diciamo – era quasi sempre un membro della borghesia, nelle sue innumerevoli figure (imprenditore, insegnante, commerciante, professionista, ecc), e dunque parte consapevole della “classe dirigente”, ancorché in posizione gerarchicamente dipendente dalla ricchezza posseduta.

Non è più così, evidentemente.

Uno dei templi dell’informazione liberale è arrivato al punto da invitare i propri lettori a riempire quella che da sempre è una “scheda segnaletica” in formato questura, ad uso degli informatori infiltrati nei movimenti anche solo un poco “alternativi”.

Le domande sono assai poco equivocabili:

Parteciperai alla manifestazione per la Palestina?

Perché?

Come ti chiami?

Dove abiti?

Che lavoro fai?

Ci lasci una tua foto?

Ci lasci telefono e mail?

Possiamo pubblicare la tua risposta?

Più o meno quelle che la Fiat chiedeva ai suoi “guardioni” dentro gli stabilimenti per schedare illegalmente i dipendenti più attivi nel sindacato.

Visto lo stato delle lotte operaie, ora la preoccupazione dei liberal-imperialisti ha cambiato “item”: la Palestina.

Attendiamo con pazienza analoghi “scoop” sul tema Ucraina, Cina, Africa, ecc.

E’ forse utile che i (sempre meno) lettori contemporanei dei quotidiani generalisti sono ormai socialmente “generici”. I ceti borghesi, infatti, si sono spostati sulle testate specializzate (Financial Times, Economist, Bloomberg, ecc).

Dunque per sapere che tipo di lettore hanno i primi, bisogna per forza schedarli.

E condividere i dati con Scotland Yard, MI6, Mossad, Cia, ovviamente…

I media hanno cambiato funzione, in qualche misura: dall’ammaestramento dell'”opinione pubblica” alla caccia all’uomo contro chi pensa con la propria testa.

https://www.theguardian.com/…/tell-us-will-you-be…

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5 Commenti


  • Giovanni

    Un pó quello che fa ‘Facebook’, mi pare…


  • Piero Gabellini

    la cia ci spia sotto gli occhi della polizia


  • Danilo Franzoni

    …oppure come fa lo stato, quando ci chiede le impronte digitali per il rilascio della carta d’identità elettronica…
    …poi si fanno le leggi per la privacy….
    Ma va là!


    • Redazione Contropiano

      Le due cose sono parecchio differenti. In qualsiasi Stato – anche Cuba – l’identità dove essere certa, visto che ognuno di noi “prende impegni” (lavoro, proprietà, prestiti, ecc) ed è perciò necessario che “tu sia proprio tu” per decidere eventualmente se hai ricevuto o fatto un torto.
      Cosa completamente diversa è voler conoscere la tua opinione e volontà di mobilitazione rispetto a scelte che lo Stato fa senza chiedere il tuo parere prima di farle.


  • Tiberio

    Facebook è più impresa, assolda i gruppi di segnalazione.

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