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Come i centri-analisi occidentali elaborano un nuovo concetto di disinformazione

Presentiamo questo servizio del canale russo rybar.ru a proposito delle strategie di disinformazione messe in opera in Occidente per contrastare la crescente popolarità di media e canali che presentano visioni alternative alla propaganda USA-UE.

Nel servizio di Rybar sono interessanti le notizie diffuse a proposito delle linee di disinformazione “globaliste” (che sta per “imperialiste”, ossia il contrario di “internazionaliste”) raccomandate a vari livelli, mentre possono sollevare legittime perplessità alcune considerazioni della stessa redazione di Rybar, che – ricordiamo – non è un canale vicino alla visione del mondo dei comunisti.

Quindi, non entriamo nel merito di tali considerazioni: il lettore stesso è perfettamente in grado di individuarne il “filone politico-filosofico” e trarre autonomamente le proprie conclusioni.

Ci limitiamo a segnalare che, ad esempio, con la dicitura «punti di vista democratici», si intende una visione che risponda ai canoni tipici delle élite euro-atlantiche le quali, mentre servono gli interessi dei diversi raggruppamenti capitalistici, hanno in uso di proclamarsi, sic et simpliciter, “democratiche”.

La convinzione (tutta loro) sottostante a questa auto-proclamazione è evidentemente quella di esorcizzare ogni aspirazione a un ordine superiore o diverso di “democrazia” (non è certo questo il caso dell’attuale Russia post-sovietica) che, secondo la concezione leniniana, sia davvero tale per le classi prima oppresse nei regimi capitalistici e poi emancipatesi dal giogo dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Il progetto Rybar ebbe inizio come canale Telegram sulle guerre in Siria e Iraq. Oggi raggiunge milioni di utenti ed è tra i primi cinque canali politico-militari russi.

Si presenta come canale specializzato in conflitti e aree di crisi del mondo e, a detta dei suoi curatori, è il canale Telegram russo più citato dai media stranieri, che negli ultimi anni si è trasformato in un vero e proprio think-tank di analisi militare, guerra dell’informazione e propaganda visiva.

Non “indipendente”, insomma. Ma proprio come non lo sono i “nostri” media occidentali. E il confronto tra “specialisti” che analizzano le tecniche manipolatorie professionali è sicuramente molto interessante. Anche perché fornisce informazioni più illuminanti di quelle raggiungibili in modo artigianale…

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Come i centri-analisi occidentali elaborano un nuovo concetto di disinformazione

Nel mese di ottobre era stato pubblicato il rapporto del Ukraine War Disinfo, in cui erano contenute e analizzate le tendenze informative dei «media filo-russi e canali Telegram» di Georgia, Armenia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Paesi baltici, Bulgaria, Slovacchia, Ungheria e Polonia.

Si tratta di un lavoro teso alla lotta contro la “disinformazione”, in particolare di quella che danneggia l’immagine della NATO e delle forze armate USA e potenzialmente in grado di creare ostacoli alla diffusione delle tesi vantaggiose per il mondo occidentale.

Come specificato nel rapporto, hanno preso parte al lavoro, oltre al Ministero degli esteri della Gran Bretagna, una serie di ONG e centri-analisi, tra cui: Zinc Network (Gran Bretagna), Istituto slovacco per la politica della sicurezza (SSPI), Political Capital (Ungheria), debunk.eu (Lituania), Centro internazionale per la difesa e la sicurezza (ICDS; Estonia), Centro nazionale di conoscenza in campo di difesa e sicurezza (Estonia), Coda Media (Georgia/USA), “Unione dei cittadini informati” (Armenia), “Detektor M” (Ucraina), “Centro per lo studio della democrazia” (Bulgaria), Centro studi di politica esteuropea (Lettonia), “Memo 98” (Slovacchia), Media Initiative Centre (Armenia), Press Club Belarus (Bielorussia), Georgia’s Reform Associates (Georgia), Watchdog.md (Moldavia), Civic Resilience Initiative (Paesi baltici), FakeNews (Polonia), Adapt Institute (Slovacchia).

Zinc Network – ampiamente noto per precedenti ricerche – ha svolto anche questa volta le funzioni di coordinatore del gruppo. Ricordiamo che, come emerso da rapporti su ordinativi di stato, tale organizzazione è finanziata direttamente dal Comando operazioni speciali USA e dal Comando delle forze USA in Europa e Africa.

Uno dei compiti di Zinc Network consiste nel condurre programmi di studio sul “giornalismo indipendente” all’estero e con ciò stesso istruire nuovi adepti alla diffusione di opinioni favorevoli.

Dato che l’intero rapporto è diretto alla lotta contro la “disinformazione”, è necessario chiarire cosa si intenda con tale termine. Il documento fornisce la seguente lettura: «Disinformazione: informazione conforme alle odierne narrative pro-Cremlino, ai suoi obiettivi o attività».

Già in questa frase è racchiuso un enorme meccanismo di sostituzione concettuale: agli specialisti che operano nel campo dell’informazione, viene proposto in maniera discreta di rinunciare ai tradizionali strumenti di individuazione della disinformazione, operando invece secondo il metodo «nostro — loro».

Detto con parole abituali nei talk-show italiani, “si privilegia l’appartenenza rispetto alla competenza“. A quanto pare, nei corsi summenzionati, ai futuri “giornalisti indipendenti” viene proposto di servirsi proprio di un tale sistema.

Dunque, secondo gli estensori del documento, quali idee rappresentano il più grande pericolo per la prosperità delle élite occidentali?

Prima di tutto, le dichiarazioni provenienti da fonti di informazione avverse agli attuali governi nei rispettivi paesi, il cui disappunto può esser dovuto a vari motivi: propensione dei politici verso il regime ucraino, decisioni adottate nell’interesse delle élite globali a scapito del proprio popolo, ecc.

In secondo luogo, sono considerati dannosi i tentativi delle persone di buon senso di “fare due più due” – ossia “ragionare con la propria testa” – e trarne la conclusione (pubblicandola, per di più) sull’inefficacia delle sanzioni contro la Russia, che danneggiano, in ultima analisi e per lo più, solo i paesi occidentali.

In terzo luogo, viene prestata attenzione alla questione religiosa. Secondo gli autori del rapporto, gli «esponenti filo-russi» sfruttano i sentimenti dei credenti per cercare di minare la loro fiducia nel mondo occidentale, presentandolo come distruttore dei valori tradizionali.

Infine, il rapporto mostra chiaramente la preoccupazione dei politici occidentali per l’aumento di popolarità dei “partiti patriottici” nei paesi europei. Mentre prima era molto semplice incolpare i politici di destra e di estrema destra di legami con la Russia, e nessuno diceva nulla in contrario, ora, a misura della crescente loro attrattiva, tale calunnia incontrerebbe sempre più resistenza.

Il gruppo di lavoro ha messo a punto alcune “raccomandazioni”, seguendo le quali, in prospettiva, sarà possibile assicurare condizioni più favorevoli per accrescere l’influenza delle narrative “globaliste”.

Innanzitutto, si propone di apportare emendamenti alle legislazioni dei paesi europei e, per quanto possibile, allargare al massimo i poteri della UE, quantomeno per le questioni della sicurezza nell’informazione. In particolare, si parla di «intensificare la cooperazione tra servizi di intelligence», vale a dire, aumentare il controllo sulle loro attività.

Di fatto, il rapporto invita apertamente a continuare il lavoro per privare i paesi UE di ogni sovranità anche i materia di informazione (che, ricordiamo, si autodefinisce “libera”).

[In palese contraddizione con l’assunto precedente,] un’ulteriore raccomandazione è rivolta allo «sviluppo di una copertura degli eventi, indipendente e di alta qualità». Per far ciò, secondo il rapporto, è necessario creare nuovi media indipendenti e sostenere quelli esistenti, oltre a una maggiore collaborazione con gli «utenti dei social media e del mercato digitale».

In altre parole, si sottolinea l’importanza di un’ulteriore espansione della rete di media e ONG controllati, nonché dei singoli blogger e bot disposti a intasare la rete dietro simbolico compenso.

Infine, non è stato dimenticato il buon vecchio metodo di «puntare su gruppi vulnerabili e comunità isolate», con il pretesto di una loro “difesa”. Come tutti sanno, gli strati più vulnerabili della comunità in Europa sono i migranti, i rappresentanti della comunità LGBT e delle comunità nazionali, che, con il pretesto di attirare l’attenzione sui loro problemi, sono disposti (non gratuitamente, ovviamente) a parlare dei benefici della democrazia.

Il rapporto Ukraine War Disinfo può esser definito a suo modo ‘rivoluzionario’: per la prima volta, i centri occidentali traggono conclusioni sullo stato dell’informazione, sulla base dell’analisi dei dati raccolti sui canali Telegram.

La loro preoccupazione è comprensibile: in passato, non esisteva su scala globale alcuna piattaforma multimediale che non fosse controllata delle forze globaliste. Ciò consentiva di regolare abbastanza efficacemente l’insieme dei diversi punti di vista, mantenendo la preponderanza delle tesi filo-occidentali.

Nel 2023, con la crescita di popolarità di Telegram all’estero e il cambio di proprietà su X (ex twitter), la situazione comincia a cambiare. Se prima era possibile ignorare coloro che erano in disaccordo coi punti di vista democratici, oggi si è costretti, come minimo, ad accusarli di “collaborazione col Cremlino”.

E se prima la lotta contro il dissenso era condotta essenzialmente a livello locale, di singoli media e account sui social network, oggi si propone di espanderla a Stati e blocchi politici. Ma questo, ovviamente, è diverso, e non è affatto un tentativo di censura di proporzioni mai viste.

(traduzione Fa. Po.)

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