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Attentato israeliano a Beirut contro un dirigente di Hamas. Escalation del conflitto

Attentato israeliano a Beirut contro leader di Hamas. Sei morti

Secondo quanto si apprende dall’agenzia di stampa libanese “Nna”, è di sei vittime il bilancio dell’attentato terroristico di Israele contro un ufficio del movimento islamista palestinese Hamas nella periferia sud di Beirut. L’attentato aveva come obiettivo Saleh al Arouri, vicepresidente dell’ufficio politico di Hamas rimasto ucciso insieme ad altre cinque persone.

Dai primi rilievi sembra che l’attacco sia stato condotto con un drone che ha colpito l’ufficio di rappresentanza di Hamas a Beirut.

In risposta all’uccisione di Al Arouri, l’organizzazione palestinese Al Fatah, ha convocato per oggi, mercoledi, uno sciopero generale di protesta in Cisgiordania.

Oggi è previsto un discorso del leader di Hezbollah, Nasrallah.

Il primo ministro ad interim del Libano Najib Mikati ha rilasciato una dichiarazione in risposta all’uccisione del vice leader di Hamas Saleh al-Arouri, condannando il “nuovo crimine israeliano” e avvertendo che Tel Aviv mira a trascinare il Libano in una nuova fase di scontri.

Saleh al-Arouri non era un leader ordinario. Per cominciare, la sua visione politica e la sua formazione sono state il risultato diretto della sua lotta come palestinese per porre fine all’occupazione israeliana della Palestina.

Aveva trascorso un totale di 15 anni in una prigione israeliana a causa del suo coinvolgimento con la Resistenza.

Il leader palestinese è politicamente accreditato per essere stato uno dei principali sostenitori della Wihdat Al-Sahat, o unità delle piazze, una strategia di resistenza che ha permesso a palestinesi, libanesi e altri gruppi della resistenza araba di trovare un denominatore comune e combattere collettivamente contro Israele.

Lo scorso agosto, il giornale israeliano Yedioth Ahronoth ha riferito che il governo israeliano stava prendendo in considerazione l’assassinio di al-Arouri.

Sebbene il ruolo svolto da al-Arouri nell’operazione militare del 7 ottobre rimanga poco chiaro, è noto che è stato attivo nell’aiutare a gestire la Resistenza in corso alla guerra genocida di Israele a Gaza, la crescente Resistenza in Cisgiordania e anche i negoziati politici riguardanti un possibile scambio di prigionieri.

“Sebbene Saleh al-Arouri sia stato un importante leader della Resistenza palestinese, il suo assassinio difficilmente cambierà l’attuale equazione tra la Resistenza palestinese e Israele” – scrive il Palestine Chronicle – “La Resistenza Palestinese utilizza un paradigma di leadership che si basa sul concetto di durata, il che significa che l’uccisione di uno o più leader non porterà al collasso della leadership”.

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L’attentato israeliano a Beirut segna indubbiamente una escalation del conflitto già leggibile nei raid israeliani in Siria e Libano.

La Turchia era già corsa ai ripari ordinando ieri l’arresto di 46 persone sospette di coinvolgimento in un piano del Mossad israeliano per colpire esponenti politici stranieri sul territorio turco.

La Turchia ha affermato che l’agenzia di intelligence israeliana sta conducendo operazioni contro cittadini stranieri all’interno dei suoi confini. Queste attività vanno dalla raccolta di informazioni ad atti più gravi come attacchi e tentativi di rapimento, con Istanbul citata come uno dei principali hub per queste operazioni israeliane.

L’agenzia Agi ricorda che le autorità turche hanno recentemente arrestato due persone con l’accusa di voler realizzare, per conto del Mossad, il rapimento dell’hacker palestinese Omar A. Non ci sono conferme del fatto che Omar A. abbia avuto un ruolo negli attacchi del 7 ottobre, ma il suo nome figurava nella lista dei ricercati del Mossad da tempo. A fine novembre due uomini, identificati come Nikola Radonjic e Osama Foad Hijazi, sono stati arrestati con l’accusa di avere teso una trappola all’hacker, attirandolo con una finta offerta di lavoro. I due avevano pianificato di incontrare Omar A., e una squadra di tre uomini del Mossad era già pronta a rapirlo e portarlo in Israele, una operazione simile a quella già tentata in Malesia nel settembre 2022.

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Hamas guarda al dopoguerra a Gaza: governo di unità nazionale palestinese

Il movimento islamista palestinese Hamas è “pronto a un governo nazionale in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza”. Lo ha annunciato in un discorso televisivo Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas.

La dichiarazione appare in sintonia con quanto hanno concordato a Beirut la scorsa settimana da cinque organizzazioni della resistenza palestinese (Hamas, Jihad, Fronte Popolare, Fronte Democratico e FP-Comando generale).

Haniyeh ha aggiunto che: “Qualsiasi accordo sulla questione (politica) senza Hamas è un’illusione, un miraggio”. Da settimane si parla dello scenario successivo all’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza e Israele si oppone a un’autorità gestita dall’Autorità nazionale palestinese. Infine, Haniyeh ha aggiunto: “Non c’è sicurezza o stabilità nella regione se il nostro popolo non otterrà i propri diritti”. Hanyeh ha sottolineato anche che non ci sarà alcun rilascio di prigionieri israeliani se non alle condizioni della Resistenza.

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