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Primo sì del parlamento britannico: al bando la campagna di boicottaggio

Mercoledì, in mezzo al supino silenzio dei media mainstream, il parlamento britannico ha passato con una maggioranza di 47 voti (282 favorevoli, 235 contrari), una legge che sostanzialmente bandisce il boicottaggio di Israele.

Macchinosamente denominata The Economic Activity of Public Bodies (Overseas Matters) Bill, la legge figurava già nel manifesto elettorale conservatore del 2019 e conferisce una nuova, raggelante pienezza all’aggettivo «draconiano».

Nello specifico, tende a impedire agli enti pubblici, compresi i consigli comunali, le università, i fondi pensionistici (tanti quelli che hanno interrotto i rapporti con enti e aziende israeliani e internazionali che operano nei Territori palestinesi occupati, in violazione del diritto internazionale), di boicottare un particolare territorio internazionale, a meno che ciò non sia approvato dalla politica estera del governo.

E compiva il proprio iter esattamente il giorno prima che il Sudafrica portasse Israele sul banco degli imputati davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia con l’accusa di genocidio per quanto sta accadendo a Gaza.

La legge anti-Bds, dal soprannome spicciativo che concisamente ne enuclea l’essenza, ha evidentemente come bersaglio principale la campagna Boycott, Divestment and Sanctions, il movimento di protesta pacifica nato per promuovere – attraverso il boicottaggio, il disinvestimento o le sanzioni – la pressione economica e politica su Israele affinché rispetti i diritti umani e il diritto internazionale.

Compiuto l’iter ai Comuni, ora la legge passerà ai Lords, dove l’attende una discussione tutt’altro che facile. I laburisti di Keir Starmer, pur ovviamente contrari al movimento Bds, avevano presentato un emendamento che bloccasse la legge, poi comodamente respinto dall’aula.

Che si sia trattato di un voto che mette il Regno unito su un terreno solidamente illiberale e lesivo della libertà di parola, oltre a causargli ogni sorta di problemi diplomatici in Medio Oriente, non è di certo sfuggito al piccolo drappello di otto deputati conservatori che hanno disobbedito alla linea del governo votando contro (con 160 parlamentari laburisti, 13 liberaldemocratici e 40 nazionalisti scozzesi).

Per tacere della formulazione testuale della legge, che, considerando parte legittima di Israele regioni che non lo sono affatto, come i Territori occupati e le Alture del Golan, mette Londra in rotta di collisione con il diritto internazionale.

Kit Malthouse, uno dei deputati Tory ribelli, ha commentato: «Che io sappia, questa formulazione non è mai apparsa prima nella legge britannica e mina seriamente il sostegno di lunga data, coerente e trasversale del nostro paese verso una soluzione a due stati».

Perplessità che echeggiano quelle del neo-ministro degli esteri, David Cameron.

Martedì, alla commissione parlamentare per gli affari esteri, alla domanda se Israele avesse violato il diritto internazionale umanitario a Gaza con la presidente Tory della commissione che lo incalzava, Cameron ha preferito non rispondere per poi dirsi «preoccupato» che Israele possa aver intrapreso azioni che violano il diritto internazionale.

* da il manifesto

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