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Fragole e sangue alla Columbia. Biden supporta il genocidio con la forza

Se qualcuno aveva ancora dubbi, ora dovrebbe proprio averli dissolti: Stati Uniti e Israele stanno conducendo la stessa guerra, dentro e fuori dai propri confini, contro l’umanità. E non possono neanche più tornare indietro. Qualsiasi cosa dicano è pura menzogna.

Svanisce definitivamente, nella notte, ogni chiacchiera sull’amministrazione Biden che starebbe “premendo” sul governo Netanyahu per attenuare la sua follia genocida.

Addirittura con tecniche da “assalto al castello nemico”, infatti, la polizia di New York è entrata martedì sera nella Hamilton Hall, nel campus della Columbia University. Forse proprio per dare un senso più scenografico e militaresco gli agenti sono entrati da una finestra, utilizzando le scale comunemente usate dai pompieri.

Entrando dalla porta principale la polizia si era infatti trovata davanti a una sorta di catena umana fatta dai ragazzi, che hanno realizzato una vera e propria barricata di corpi in spazi ristretti. Decine di persone si erano sistemate intorno alla Hamilton Hall, quando la polizia è arrivata e ha iniziato a spingere i manifestanti all’esterno. Ma ha incontrato una resistenza non violenta estremamente determinata.

La polizia è poi riuscita a entrare da una finestra al secondo piano dell’edificio aiutandosi con una scala.

Scene che rimandano – come ricordato dai commentatori più ricchi di esperienza – agli anni ‘60, quando tutte le università statunitensi (e in testa anche allora la Columbia) si rivoltavano con la guerra in Vietnam.

Fuori dal palazzo occupato dai manifestanti pro-Gaza, gli agenti hanno caricato molti studenti che erano assembrati nelle vicinanze e hanno effettuato decine di arresti.

La decisione di sgomberare con la forza, secondo fonti del municipio di New York, sarebbe stata presa dai dirigenti dell’università, con una lettera alla polizia che chiedeva l’intervento nel campus per sgombrare la Hamilton Hall. E’ la seconda volta in pochi giorni, visto che il 18 aprile la presidente Minouche Shafik aveva chiesto l’intervento per sgombrare una tendopoli nel campus.

Più ridicoli dei guerrafondai in trincea, i dirigenti della Columbia hanno spiegato che gli studenti non ci hanno lasciato scelta“. “Ci rincresce che i manifestanti abbiano scelto una escalation della situazione attraverso le loro azioni. Dopo aver appreso che la Hamilton Hall era stata occupata, vandalizzata e bloccata, non abbiamo avuto scelta“, si legge in un comunicato.

Come da copione, nel tentativo di mantenere un filo di rapporto tra l’ateneo e gli studenti, la Columbia afferma che il gruppo che ha occupato la Hamilton Hall è “guidato da individui non affiliati all’ateneo”. Manca il riferimento agli “anarchici”, così frequente in Italia, ma la logica è la stessa: provare a descrivere la situazione come “bravi ragazzi traviati da agitatori di professione”.

Senza neanche rendersi conto che, così dicendo, si danno la zappa in faccia da soli. Se pochi presunti “agitatori” riescono così facilmente a trascinare migliaia di studenti di ottima famiglia (le rette alla Columbia sono altissime, non certo da “ceto medio”) si vede che l’oscenità del genocidio in corso a Gaza è tale da sconvolgere le coscienze della futura classe dirigente degli Stati Uniti.

Proprio come avvenne con la guerra in Vietnam…

La presidente della Columbia University, Minouche Shafik, ha chiesto inoltre alla polizia di presidiare il campus fino al 17 maggio, due giorni dopo la cerimonia delle lauree. La richiesta è contenuta nella lettera inviata dall’università alla polizia. Il 15 maggio dovrebbero laurearsi circa 15mila studenti dell’ateneo.

E’ la prima volta che ciò avviene. In precedenza, infatti, la polizia era stata invocata solo come “strumento di pulizia” dell’università. “Finito il lavoro”, tornava in caserma.

Ora invece diventa strumento di governo ordinario, da mantenere dentro l’ateneo per evitare che gli studenti, per quanto colpiti da arresti e botte (come già successo dieci giorni fa, peraltro), possano tornare ad occupare spazi.

Si vede che l’indignazione è ormai tracimata oltre il confine ritenuto “gestibile”…

Silenzio assoluto, sui media principali dei paesi “complici del genocidio” – tra cui spiccano quelli italiani – sul fatto che gli studenti ebrei hanno un grande ruolo e una grande presenza in queste proteste. Non tutti, naturalmente, e non sono certo mancate le interviste agli studenti sionisti militanti.

Ma nei giorni scorsi la notizia veniva comunque riferita, a dimostrazione del fatto che la politica genocida di “Bibi” e Biden sta spaccando anche la comunità ebraica statunitense, sia tra gli studenti che tra i docenti e gli intellettuali.

Ora invece dalla Casa Bianca deve essere partito l’ukaze finale: non ci sono oppositori, solo “agitatori di professione”, “filo Hamas”. Proprio come Netanyahu, insomma.

Ignobile più della media, bisogna dire, il servizio della Rai, che addirittura prova a giustificare lo sgombero violento con presunti “allarmi di ripresa dell’antisemitismo” all’interno delle università.

Non c’è la notizia, se non torna utile alla “nostra parte”. Dunque non esiste più l’informazione. Ma solo la propaganda. L’Occidente imperialista viaggia verso il baratro a fari e cervello spenti.

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1 Commento


  • Maurizio

    e se il vento,dalla Sapienza alla Columbius, riprenderà a soffiare, non ci saranno argini capaci di tenere, travolgera’ via il fascismo ed il sionismo e per dirla alla Bordiga darà al capitalismo il vaffanculo che da troppo tempo aspettiamo

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