Gli apparati israeliani, nel paese e all’estero, sono ormai all’isteria. Dopo aver praticato per mesi il vittimismo aggressivo che li contraddistingue – ma avendo verificato che non funziona più come prima – sono diventati solo aggressivi.
Il fatto che gran parte del mondo stia protestando in tutte le sedi – dalle Nazioni Unite alle università – contro il genocidio del popolo palestinese da parte di Israele, ha fatto letteralmente saltare i nervi e le vecchie rendite di potere di chi era abituato a vedere la propria visione della storia, dei fatti e del mondo mai contrastati e i propri crimini mai puniti.
E emblematico quanto racconta una inchiesta dell’agenzia Reuters su come un sito sionista – che agisce negli Usa ma è basato in Israele – sta cercando di intimidire i partecipanti alle crescenti proteste nelle università statunitensi.
Il sito si chiama Canary Mission e praticamente scheda e rende pubbliche foto, indirizzi etc, di studenti, professori, lavoratori, organizzazioni impegnate nella solidarietà con la Palestina. Una vera e propria istigazione all’aggressione personale. Questo spiega perché in molte occasioni i manifestanti filo.palestinesi indossino mascherine che rendono difficile le identificazioni.
Settimane dopo aver partecipato a una manifestazione pro-palestinese, una studentessa egiziano-americana Layla Sayed ha ricevuto un messaggio da un’amica che attirava la sua attenzione su un sito web dedicato a denunciare le persone che a suo dire promuovono l’odio verso gli ebrei e Israele.
“Penso che ti abbiano trovato durante la protesta“, ha scritto l’amica.
Quando Sayed ha visitato il sito Canary Mission, ha trovato una foto della manifestazione del 16 ottobre all’Università della Pennsylvania con frecce rosse che la indicavano tra i manifestanti. Il post includeva il suo nome, le due città in cui vive, dettagli sui suoi studi e link ai suoi account sui social media.
Canary Mission ha poi pubblicato una sua foto sui suoi account X e Instagram con l’etichetta “Apologeta dei crimini di guerra di Hamas” . Da quel momento è stata oggetto di minacce e insulti.
Se fosse accaduto il contrario – verso magari una studentessa ebrea o israeliana – il tutto sarebbe stato condannato come “antisemitismo”. Ma tant’è che menzogne e ipocrisie hanno camminato per troppo tempo insieme e adesso non reggono più.
Rispondendo a un’inchiesta presentata tramite il suo sito web, Canary Mission ha detto che sta “lavorando 24 ore su 24” per combattere una “ondata di antisemitismo” nei campus universitari dal 7 ottobre, anche “smascherando” le persone che sostengono Hamas.
Canary Mission non ha risposto alle domande sul profilo di Sayed o sugli abusi online diretti contro i suoi obiettivi, secondo i commenti del sito forniti da un portavoce di una società di pubbliche relazioni con sede a Tel Aviv, Gova10.
Mentre Canary Mission si basa sui suggerimenti, ha affermato che verifica ciò che pubblica, attingendo da fonti pubblicamente disponibili. I profili di Canary Mission includono link ai post sui social media dei suoi obiettivi, ai discorsi pubblici e alle interviste con i giornalisti.
Canary Mission è uno dei più antichi e importanti gruppi di difesa digitale che hanno intensificato le campagne per schedare i critici di Israele da quando è scoppiata la guerra, spesso portando a molestie come quelle subite da Sayed. Le persone dietro il sito hanno tenuto nascoste le loro identità, la loro posizione e le loro fonti di finanziamento.
Reuters ha esaminato gli attacchi online e i messaggi offensivi diretti a decine di persone prese di mira da Canary Mission dal 7 ottobre.
Il sito ha accusato oltre 250 studenti e accademici statunitensi di sostenere il terrorismo o di diffondere l’antisemitismo e l’odio verso Israele dall’inizio dell’ultimo conflitto di Gaza, secondo la revisione Reuters dei suoi post.
Reuters ha parlato con 17 studenti e un ricercatore, di sei università statunitensi. presenti su Canary Mission dal 7 ottobre. Tra loro ci sono altri studenti che hanno scandito slogan durante le proteste, leader di gruppi che hanno sostenuto dichiarazioni secondo cui Israele è l’unico responsabile delle violenze e persone che hanno sostenuto nei post sui social media che la resistenza armata dei palestinesi è giustificata.
Tutti, tranne uno, hanno detto di aver ricevuto messaggi di odio o di aver visto commenti al vetriolo pubblicati su di loro online.
I messaggi esaminati da Reuters chiedevano la loro espulsione o l’espulsione dalla scuola o suggerivano che dovessero essere stuprate o uccise.
Sul suo sito, Canary Mission fornisce dettagli accademici e di datori di lavoro per le persone che profila, invitando le sue decine di migliaia di follower a garantire che “i radicali di oggi non siano i dipendenti di domani“.
I sionisti ci schedano, schediamo i sionisti.
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Giovanni Bernardini
Niente di nuovo dopo il massacro di Sabra e Shatila.