Migliaia di giovani kenioti hanno manifestato giovedì 20 giugno in tutto il Paese contro il progetto di bilancio del governo, attualmente in discussione in Parlamento, che prevede l’introduzione di nuove tasse.
Due giorni dopo una prima manifestazione di poche centinaia di persone nella capitale Nairobi, la mobilitazione della “generazione Z” del Kenya si è diffusa in tutto il Paese, come parte di un movimento senza precedenti.
Soprannominato “Occupy Parliament”, l’hashtag #RejectFinanceBill2024 è stato utilizzato per raccogliere l’opposizione al piano del governo di introdurre un’IVA del 16% sul pane e una tassa annuale del 2,5% sui veicoli privati per finanziare il bilancio 2024-2025.
Di fronte al crescente malcontento, il governo del presidente William Ruto ha annunciato martedì il ritiro della maggior parte delle misure fiscali incluse nel testo, che dovrà essere votato dal Parlamento entro il 30 giugno e che ha iniziato ad essere discusso questo martedì.
L’imposizione di questa tassazione che andrebbe a colpire i ceti popolari è la conseguenza della cura da cavallo imposta dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) che ha “concesso” al paese un prestito di 941 milioni di dollari a gennaio di quest’anno, portando le linee di credito ad un totale di 2,6 miliardi di dollari.
La politica keniota è stata quella di garantire il pagamento degli interessi sul debito – tra cui i 68.7 milioni di dollari sulle non rinnovate euro-obbligazioni scadute a giugno – per non rischiare di andare in default.
Il Kenya, una delle economie a più rapida crescita dell’Africa orientale, ha registrato a maggio un’inflazione del 5,1% su base annua, con un aumento dei prezzi dei generi alimentari e del carburante rispettivamente del 6,2% e del 7,8% – secondo i dati della Banca centrale – mettendo a rischio il potere d’acquisto delle classi meno abbienti.
Un manifestante ucciso a Nairobi
I manifestanti chiedono che il disegno di legge venga ritirato nella sua interezza. Giovedì i cortei hanno sfilato al suono di fischietti e vuvuzelas nelle roccaforti dell’opposizione di Mombasa (a est) e Kisumu (a ovest), a Eldoret (a ovest) nella Rift Valley, da dove proviene il Presidente, e nelle città di Nanyuki (al centro), Nakuru (al centro), Nyeri (al centro) e Kisii (a sud-ovest).
A Nairobi, la manifestazione, che secondo un giornalista dell’AFP ha riunito diverse migliaia di persone, è stata costellata da alcuni scontri, mentre sono stati bruciati pneumatici e arredi urbani.
Diverse organizzazioni, tra cui Amnesty International Kenya, hanno dichiarato in un comunicato che almeno 135 persone sono state arrestate in tutto il Paese e almeno 200 ferite nella capitale Nairobi. Sul social network X, la Croce Rossa keniota ha dichiarato che 8 persone sono in gravi condizioni.
Un manifestante è stato ucciso giovedì sera a Nairobi a margine della manifestazione.
Nella capitale, come l’altr’anno, i giovani manifestanti hanno sfidato la polizia che sparava gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per ore e ore, cantando e ballando, e documentando ciò che stava avvenendo per riportarlo sui social.
Queste alcune voci raccolte dal quotidiano francese in collaborazione con l’AFP:
“Come Generazione Z, siamo la voce del popolo. È qualcosa a cui loro [il governo] non sono abituati“, dice Margaret, 23 anni, laureata e disoccupata. “Queste tasse (…) non hanno alcun senso. Siamo stanchi di essere presi in giro“, dice. “Vogliamo che il governo ci ascolti“.
Bella, una studentessa di 22 anni, diffida del governo. “Stanno cercando di mentirci“, dice, “le tasse che hanno abolito sul pane le hanno aggiunte altrove“. “Stiamo morendo, non possiamo mangiare tre pasti al giorno. A cosa ci serve? Perché dovremmo rispettarlo? Ruto dovrebbe andarsene“, dice Jack Ouma, 28 anni, nella città di Kisumu.
Per compensare gli annunci di martedì, il governo sta pensando di aumentare le tasse sul carburante e sui prodotti di esportazione. Secondo gli oppositori, ciò rischia di aumentare il costo della vita, già colpito dagli aumenti del 2023 dell’imposta sul reddito e dei contributi sanitari e dal raddoppio dell’IVA sulla benzina.
In tutto il Paese, i manifestanti hanno paragonato il Capo di Stato – un fervente evangelista filo-statunitense eletto nell’agosto 2022 con la promessa di difendere i più modesti – a Zakayo (Zaccheo in swahili), la figura biblica dell’esattore delle tasse.
“Ascari” Kenioti ad Haiti
Il dispiegamento di agenti di polizia kenioti nell’ambito di una missione sostenuta dalle Nazioni Unite ad Haiti,, avverrà “probabilmente la prossima settimana o quella successiva“, aveva dichiarato domenica 9 giugno il presidente keniota William Ruto.
Ma non aveva fatto i conti con quel che sarebbe potuto succedere nel paese.
Il Kenya dovrebbe assumere la guida di questa missione, convalidata nell’ottobre 2023 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, inviando 1.000 agenti di polizia nello Stato caraibico. Anche altri Paesi dovrebbero contribuire alla forza (Benin, Bahamas, Bangladesh, Barbados, Ciad, ecc.).
La missione, in cui gli Stati Uniti sono fortemente coinvolti dal punto di vista logistico – anche se non forniscono uomini – ha lo scopo di “sostenere” la polizia haitiana nella lotta contro le bande che terrorizzano la popolazione, ma in realtà perpetua la militarizzazione neo-coloniale del territorio.
In Kenya, l’operazione ha suscitato aspre critiche ed è stata oggetto di contestazioni legali. A metà maggio, un partito di opposizione ha presentato un nuovo ricorso per impedire l’operazione, accusando il governo di “oltraggio alla corte“. Il 26 gennaio, la corte aveva dichiarato l’operazione “incostituzionale, illegale e non valida“, ma il governo ha ignorato la sentenza.
Le critiche alla missione riguardano inoltre dei “ diritti umani” e ai finanziamenti. La polizia keniota è spesso accusata dai difensori dei diritti di uso eccessivo della forza e di esecuzioni extragiudiziali.
Il “fondo fiduciario” dell’operazione ha ricevuto finora 21 milioni di dollari, ben al di sotto del costo totale stimato di 600 milioni di dollari per l’operazione.
L’asse Washington-Nairobi e lo scontro tra Cina e USA in Africa
La visita di William Ruto negli Stati Uniti a maggio – la prima visita di Stato di un leader africano nel Paese da sedici anni a questa parte – ha confermato il partenariato strategico instaurato tra Washington e Nairobi.
“Il Kenya è da tempo un partner strategico nella lotta al terrorismo, soprattutto in Somalia”, afferma Xavier Ichani, professore di relazioni internazionali alla Kenyatta University. L’esercito statunitense ha una base a Lamu, nel nord del Kenya, da dove lancia le operazioni contro i Chabab. “Con questo dispiegamento ad Haiti, la nostra cooperazione in materia di sicurezza si approfondisce”, aggiunge l’accademico. Nel settembre 2023, i due Paesi hanno firmato un accordo di difesa del valore di 100 milioni di dollari (92,3 milioni di euro).
Oltre al dispiegamento ad Haiti e alla guerra contro il terrorismo islamico, “gli Stati Uniti vedono il Kenya come un alleato politico, piuttosto filo-occidentale, stabile in una regione che non è stabile”, afferma a Le Monde un diplomatico occidentale di stanza nel Corno d’Africa. Nairobi è teatro di numerosi negoziati di pace nella regione – guerra civile in Etiopia, instabilità nella regione dei Grandi Laghi, crisi politica in Sud Sudan. E nella sua guerra d’influenza con Cina e Russia, Washington può contare sul sostegno del Kenya su questioni come Israele e Ucraina. Un rapporto prezioso in un momento in cui l’influenza militare americana in Africa è in declino, come dimostra il suo allontanamento forzato dal Niger.
William Ruto vuole sfruttare il suo allineamento politico e di sicurezza con Washington per ottenere il sostegno finanziario degli Stati Uniti.
Nairobi, che già ospita le sedi africane di giganti dell’informatica come Google e Microsoft, ha annunciato che le aziende americane potrebbero investire in più di trenta progetti, per un valore complessivo di 20 miliardi di dollari, diventando un hub delle multinazionali nord-americane nella regione.
Sebbene gli Stati Uniti siano il terzo partner del Kenya per le esportazioni, la situazione potrebbe cambiare rapidamente. Da quattro anni i due Paesi stanno negoziando i termini di un accordo di libero scambio, che sarebbe il primo per Washington con un Paese dell’Africa sub-sahariana e che potrebbe realizzarsi in autunno.
Inoltre, William Ruto “cercherà di estendere l’African Growth and Opportunity Act (AGOA), l’accordo commerciale che consente agli Stati africani di accedere al mercato statunitense in esenzione dai dazi doganali”, osserva l’analista Meron Elias, in un rapporto dell’International Crisis Group (ICG).
Una partnership multiforme con il Paese dell’Africa orientale consente agli Stati Uniti di competere sia con la crescente influenza politica di Mosca sia, soprattutto, con il peso economico di Pechino in Africa.
La Cina, che detiene il 63% del debito bilaterale del Kenya grazie ai suoi progetti infrastrutturali, come la linea ferroviaria che collega il porto di Mombasa a Nairobi, costata quasi 5 miliardi di dollari. Pechino continua a investire nel Paese. Proprio mentre William Ruto partiva per gli Stati Uniti lunedì, la Cina ha annunciato un finanziamento per l’estensione della ferrovia in Uganda.
A sei mesi dalle elezioni presidenziali statunitensi e dalla possibile rielezione di Donald Trump, William Ruto ha poco da temere in termini di cambiamenti alla Casa Bianca. Proprio sotto l’amministrazione Trump sono iniziati i negoziati per un accordo di libero scambio.
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