Menu

Stati Uniti. L’età del presidente conta solo quando serve

Guardando alle scene, ormai iconiche, di Joe Biden che cade, si addormenta, s’incanta, si confonde con la sua vice Kamala Harris o ancora quando stringeva la mano a un fantasma, ci si potrebbe chiedere come mai l’età non sia più un fattore determinante per un presidente o per un candidato alla Casa Bianca. Eppure c’è stato un momento in cui sembrava fosse un fattore determinante, soprattutto per i dem americani, nella scelta del loro leader.

Lo era, o così si diceva, nel 2016, quando in casa dem ci sono state le primarie post-Obama. Tra le motivazioni che avevano spinto in favore di Hillary c’era l’età del suo avversario, l’altro candidato: Bernie Sanders. Nonostante ci fossero solo 6 anni di differenza (B.Sanders è nato nel 1941, H.Clinton nel 1947).
L’età di Bernie Sanders e soprattutto le sue condizioni dovute all’età, sono state riprese anche dopo le primarie del 2020, quando divenne un meme: il giorno dell’inaugurazione di Joe Biden come 46° presidente degli Stati Uniti, Sanders fu ritratto seduto su una sedia pieghevole, con la mascherina in volto (il COVID era ancora in prima pagina) e con i guanti.
La vicenda venne ripresa e raccontata quasi con sollievo dai sostenitori di Biden come a dire: “Vedete che non può fare il presidente? Non si regge in piedi e quasi si addormenta”.
Vicenda che suona ancora oggi, più come una scusa che come reale motivazione. A partire dalle condizioni che il presidente uscente dimostra ogni volta che sono presenti, stampa e telecamere.

Ma le vere motivazioni che hanno spinto qualsiasi altro candidato contro Sanders, non sono da ricercare nell’età. Sanders è in primis esterno al Partito Democratico. In America usano il termine “indipendente”, che sottolinea come sia lontano dalle logiche interne del partito, nonostante con Sanders, in Senato, si potesse discutere e costruire insieme, leggi e riforme.
Un’altra motivazione va ricercata nel programma con cui si candidava nel 2016:
-Istituzione di un sistema sanitario pubblico e universalistico; -Divisione tra banche di risparmio e banche d’investimento; -Tassazione delle operazioni nel mercato finanziario per la costituzione di un sistema universitario pubblico; -Un salario minimo orario di 15 dollari; -Divieto a lobby e grandi investitori finanziari di intrattenere rapporti con chi ricopre incarichi pubblici.

Tutto il contrario non solo delle politiche democratiche e degli Stati Uniti in generale, ma lontane anche da quelle europee e italiane. Non a caso ogni candidato minore che si ritirava dalle primarie ha poi sostenuto Clinton nel 2016 e Biden nel 2020. Allora non è mai stata una questione d’età, ma sempre politica.

Quest’anno le primarie praticamente non ci sono state. Tutti i possibili candidati, Sanders compreso, hanno appoggiato Biden, perché figura che garantirebbe l’argine non tanto alle politiche conservatrici dei repubblicani, quanto al dilagare dell’estremismo di destra che Trump incarna, per mettere in salvo la democrazia [fonte CNN, intervista a Sanders].
Ci si chiede se basterà. Quello che però sicuramente accadrà nella politica americana, e che da anni sta accadendo anche da noi, è la rinuncia delle battaglie identitarie della sinistra in funzione di un moderatismo in grado di mantenere lo status quo, politico e sociale.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *