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La guerra ai migranti unisce la Von der Leyen e la Meloni

Ursula von der Leyen è stata confermata alla guida della Commissione Europea, senza i voti di Giorgia Meloni e con quelli decisivi dei Verdi, ormai tra i più fermi sostenitori di una UE armata e suprematista, ma green (almeno di facciata).

Come abbiamo sentito nel corso della campagna elettorale, la realtà è che le due donne citate si muovono all’interno degli stessi paletti, che sono quelli dell’austerità, del riarmo e del sostegno all’Ucraina.

Tutte le diatribe a cui assistiamo riguardano sostanzialmente la spartizione di poltre e gli equilibri interni di una classe dirigente che condivide gli stessi indirizzi generali.

Quello che Meloni andava contrattando era la nomina di un Commissario di peso, come lo è stato nel precedente mandato Gentiloni all’Economia. Ma la frattura potrebbe sanarsi con il nuovo ruolo che von der Leyen vuole istituire nella Commissione.

Nelle linee guida presentate per il prossimo quinquennio, la politica tedesca ha messo nero su bianco l’intenzione di nominare un Commissario per il Mediterraneo. Le sue competenze saranno innanzitutto i flussi migratori e i rapporti strategici con l’altra sponda del mare.

I nuovi partenariati saranno inseriti nel “nuovo Patto per il Mediterraneo, [che] rimodellerà questa relazione essenziale e fornirà un chiaro segnale politico di partnership in un mondo più contestato e instabile”.

Parliamo di accordi economici, infrastrutturali, energetici e d’istruzione. Ma anche della volontà espressa dalla von der Leyen di aumentare i controlli alle frontiere del continente, con strumenti digitali ma anche con più agenti del programma Frontex (che potrebbero arrivare a 30 mila).

Questi elementi programmatici arrivano dopo l’approvazione, qualche mese fa, del Patto UE su migrazioni e asilo. Da più parti condannato perché il suo fulcro è in accordi bilaterali con governi autoritari, nella militarizzazione ed esternalizzazione dei confini, nella mitigazione del concetto di stato sicuro.

Una visione che è perfettamente sovrapponibile a quella di Giorgia Meloni. Non avrà permesso di ottenerne i voti, ma sicuramente mostra l’assoluta compatibilità e continuità tra i governi di Bruxelles e Roma.

La prima ministra italiana si è da poco recata a Tripoli dove ha ribadito l’impegno a contrastare l’immigrazione irregolare al Trans-Mediterranean Migration Forum, e dove ha poi anche sottolineato che il Piano Mattei vuole essere parte della soluzione ai flussi.

Giorgia Meloni propaganda questo ennesimo piano funzionale a migliorare l’autonomia strategica della UE, attraverso energia e produzioni in Africa, come una cooperazione alla pari. Insomma, un’idea pienamente europeista nel senso di dentro la logica dell’imperialismo europeo.

Anche se di nuova formazione e certamente non di prestigio come possono essere altre posizioni, il Commissario per il Mediterraneo sembra la sedia giusta su cui far sedere qualcuno vicino al governo Meloni. Non a caso, il Patto per il Mediterraneo è un’idea di Antonio Tajani.

Se vogliamo parlare di nomi, è stato lo stesso ministro italiano degli Esteri a dire come “Fitto sia il migliore commissario possibile perché conosce le cose europee”. Fitto è ormai uno dei fedelissimi di Meloni, con un passato di primo piano anche tra i conservatori europei.

Lui stesso ha dichiarato che in alcuni spunti della von der Leyen ha colto “anche il senso del lavoro e dell’efficacia del lavoro che il presidente del Consiglio ha svolto”, in particolare “sul tema dell’immigrazione”. Difficile pensare che siano parole casuali.

La vicenda del rappresentante speciale della NATO per la sponda sud del Mediterraneo, per cui è stato scelto lo spagnolo Javier Colomina, ha sollevato la rabbia di Palazzo Chigi. Recuperare un ruolo in questo settore attraverso la UE potrebbe essere allettante per Roma, anche se vi sono anche altre posizioni da Commissario decisamente ambite.

Se la questione, dunque, si concretizzerà in questo modo sarà da vedere, perché nulla è detto. Quello che è chiaro è che non c’è nessun argine contro l’estrema destra, perché i liberali che oggi governano a Bruxelles ne copiano le politiche.

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