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Venezuela. Difendere la vittoria di Maduro significa opporsi al fascismo

“Che mostrino i verbali!” è diventata la parola d’ordine per riferirsi al Venezuela e al suo recente processo elettorale. Niente di meno ci si può aspettare da coloro che sono i sostenitori, a destra e a “sinistra”, di un sistema democratico borghese per il quale la Rivoluzione Bolivariana è diventata, da 35 anni, un nemico da distruggere.

“Sì, che mostrino i minuti!” gridano l’uno e l’altro, imperativamente, e ripetono l’OEA e tutte quelle organizzazioni collaterali dell’impero, complici di guerre e genocidi in diverse parti del mondo. Con questa semplice espressione, coniata in una gigantesca operazione di terrorismo mediatico, spezzata solo da pochi spazi di media alternativi, si intende esprimere che, come ha detto l’ultradestra venezuelana diversi mesi prima delle elezioni, “ci saranno frodi”.

Dalla vittoria indiscussa di Nicolás Maduro per più di 700mila voti, e il suo consolidamento da parte del Consiglio Nazionale Elettorale che al momento è l’unico organo autorizzato a dare l’ultima parola su quanto accaduto il 28 luglio, la campagna per disattendere la sovranità popolare venezuelana è diventata uno slogan.

Hanno cominciato a ripeterlo come pappagalli, dall’ultradestra, passando per i socialdemocratici sbiaditi o i “progressisti”, compresi alcuni presidenti che, anche se per gratitudine per tutto ciò che Chávez e Maduro hanno fatto per i loro paesi, non dovrebbero unirsi all’ondata inquisitoria. Ma non solo, il macellaio di un quartiere della Colombia, il vicino del quinto piano di Montevideo, il portiere di quel quartiere borghese di San Paolo, o l’adolescente del liceo di qualsiasi paese europeo, a cui il suo compagno di classe venezuelano ha commentato che Maduro “è un dittatore e un assassino”, ha parlato con un cliente dei famosi “actas”.

Né più né meno. La tirannia mediatica globale ha giocato un ruolo e la risposta è quella che vediamo oggi. Che chiunque, in qualsiasi luogo, si lasci immischiare nella politica interna del Venezuela, e che lo faccia, per accettazione o per totale ignoranza, dalla parte dell’Internazionale fascista. E inoltre, comprando una menzogna di tale profondità, che è quella di non voler riconoscere che in Venezuela come in qualsiasi paese che abbia dignità e la difenda, l’ultima parola spetta al suo popolo, e si è già espresso a favore della rielezione di Maduro, riaffermando la sua lealtà a un processo rivoluzionario avviato dal comandante Hugo Chávez, anche per via elettorale, nel dicembre 1998.

Naturalmente, non è una sorpresa quello che sta accadendo ora. Soprattutto quando si tratta di altre operazioni simili, come quelle di trasformare la Federazione Russa in “assassini” dei poveri nazisti ucraini, generando su scala globale una campagna di “russofobia” che è arrivata a costare divieti ridicoli e persino pestaggi e punizioni di ogni tipo a chi si opponeva a tale barbarie.

Qualcosa di simile a ciò che si sperimenta costantemente con il mondo arabo e islamico, che vengono diffamati, esclusi o condannati a morte, vale la pena chiedersi, cosa accadrebbe se coloro che ora sono così preoccupati per il Venezuela accettassero di condannare, con la stessa forza, Israele per i suoi crimini contro l’umanità contro il popolo palestinese? Certo, questo è un altro discorso, ma guarda caso chi orchestra operazioni di terrorismo mediatico mettendo piede a Kiev, Caracas o Tel Aviv, ha quasi sempre gli stessi cognomi, che si chiami Elion Musk, Zukerberg o qualche loro discepolo abile nel lanciare troll o distorcere la realtà.

Ora, cosa li infastidisce così tanto di questo Venezuela liberato in cui il chavismo è qui per restare? Precisamente, che c’è un processo all’interno dei canoni democratici che il sistema ha preparato a controllare e irreggimentare. Tuttavia, dal momento stesso in cui Hugo Chávez ha sepolto la “Costituzione moribonda” della Quarta Repubblica, si è messo in moto un processo rivoluzionario, di democrazia diretta, di partecipazione popolare e di costruzione graduale del socialismo caraibico, che ha causato tanto dispiacere all’impero e ai suoi alleati.

Non possono tollerare che un paese, immensamente potente in ricchezze naturali, si autodetermini, e da quel momento in poi si è fatto di tutto per rovesciare il chavismo e iniziare così una nuova fase di ricolonizzazione come stanno già facendo in Argentina e in altri paesi del continente.

Ma al di là del potere che mostrano nell’ignorare la vittoria di Maduro, compreso l’alimentare il fuoco di un possibile colpo di Stato, tutto indica che la mossa sta per andare male. In primo luogo, perché Maduro e la sua vittoria, il popolo è disposto a difenderlo nelle strade, fino alle ultime conseguenze. Se non ci credi, provaci e vedrai cosa stai affrontando.

E d’altra parte, il Venezuela bolivariano non è solo, si sente già sostenuto da Cina, Russia, Cuba, Nicaragua, Bolivia e quasi tutti i paesi del Terzo Mondo, Africa e Asia, poiché proprio questi ultimi si riflettono in Venezuela in tutti i mali che hanno anche sofferto, nel corso dei secoli. da parte dell’imperialismo.

Inoltre, allo stesso modo in cui è necessario rafforzare le azioni di solidarietà con il popolo palestinese, denunciando le azioni criminali del sionismo, con la stessa forza dobbiamo affrontare la difesa illimitata del processo rivoluzionario venezuelano, del trionfo di Maduro e del ripudio di tutte quelle espressioni che, in coincidenza con il fascismo dei Milei, i Bolsonaro, o i loro capi a Washington o a Tel Aviv, vogliono trasformare il paese caraibico in un ramo dell’impero.

Infine, quando molto presto, la giustizia venezuelana, alla quale è stato subordinato il presidente rieletto, dirà la sua ultima parola sui famosi atti, e questi dimostreranno ciò che il popolo ha celebrato la stessa notte del 28 davanti al Palazzo di Miraflores, cosa chiederanno di più gli inquisitori della Rivoluzione? Accetteranno che esiste una sola realtà e non quella che cercano di imporre con la forza, o continueranno ad alimentare la guerra contro un paese che, come Cuba, è un vero esempio di mondo diverso?

La risposta è nota, ed è per questo che, in questa occasione, come in tante altre, non esiste una via di mezzo o una “terza via”. O si sta con il Venezuela bolivariano o si sceglie di inginocchiarsi davanti agli assassini che stimolano la violenza interna ed esterna nel paese di Bolívar e Chávez.

*Direttore di Resumen Latinoamericano

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