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Bangladesh: l’incerto futuro dopo la fuga della Prima Ministra

La Prima Ministra del Bangladesh Sheikh Hasina si è dimessa e ha lasciato il Paese dopo settimane di manifestazioni che hanno visto la morte di circa trecento persone nelle manifestazioni contro il suo governo. Ha lasciato la capitale Dhaka in elicottero e sarebbe giunta in India.

La destituzione di Hasina, avvenuta lunedì, ha fatto seguito a settimane di proteste represse nel sangue e sembra aver scongiurato la minaccia di ulteriori spargimenti di sangue.

L’attenzione si sposta ora su chi controllerà il Paese dell’Asia meridionale dopo che il Generale Waker-Uz-Zaman, che ha invitato alla calma, ha anche dichiarato che un governo ad interim sarà formato per guidare il Paese.

I manifestanti sembrano determinati a restare in strada e a monitorare i prossimi passaggi che verranno presi, tra cui come e da chi sarà formato il nuovo governo e quali provvedimenti verranno presi contro i responsabili di questo vero e proprio bagno di sangue denunciato da tutte le forze progressiste del Paese.

Hasina, che ha governato il Paese per quasi due decenni, è salita a bordo di un elicottero militare lunedì, ha riferito un collaboratore ad Al Jazeera, mentre una folla enorme ha ignorato il coprifuoco nazionale per prendere d’assalto il suo palazzo nella capitale.

Si tratta di una vera e propria fuga, quindi, con i militari che prendono le redini del Paese in una situazione tutt’altro che pacificata ed in cui l’ex Prima Ministra aveva puntato il dito contro le supposte infiltrazioni dei gruppi di opposizione all’interno delle proteste studentesche, accusando il Bangladesh National Party (BNP) di collaborare con i gruppi estremisti come Jamat-e-Islami.

In un messaggio alla nazione aveva equiparato il movimento di protesta al terrorismo. Le sue dimissioni sono arrivate dopo centinaia di morti in settimane di proteste, senza che fossero presi i minimi provvedimenti contro i responsabili, ed altre centinaia sono ricoverate in ospedale per le ferite riportate nella repressione vana delle autorità.

Nella sola notte di domenica vi sono stati quasi cento morti, ed era stato così imposto il coprifuoco. Lunedì, una folla enorme ha preso d’assalto il palazzo del primo ministro, impedendo ad Hasina di tenere un discorso.

Nonostante le violenze, nel primo pomeriggio l’atmosfera nelle strade era diventata di festa dopo la diffusione della notizia della partenza della premier.

La folla esultante ha sventolato bandiere, alcuni hanno ballato in cima a un carro armato nelle strade, prima che migliaia di persone sfondassero i cancelli della residenza ufficiale di Hasina.

Il canale 24 del Bangladesh ha trasmesso le immagini della folla che correva all’interno del complesso, salutando la telecamera mentre festeggiava, saccheggiando mobili e libri mentre altri si rilassavano sui letti.

Al Jazeera, in collegamento da piazza Shahbagh – epicentro delle proteste studentesche iniziate il mese scorso – ha dichiarato di non aver “mai assistito a qualcosa di simile” nel Paese.

Tutti stanno festeggiando, non solo gli studenti, ma persone di ogni estrazione sociale. Hanno detto che questo doveva accadere, che non c’era nulla da dire, che la democrazia era compressa e che ora siamo liberi”, ha detto Chowdhury.

Il messaggio dei manifestanti è che chiunque salga al potere “saprà che non sarà tollerata alcun tipo di dittatura o cattiva gestione e che saranno gli studenti a decidere”.

Il Bangladesh ha sofferto molti anni per un governo militare negli anni ’70 e ’80, dopo la guerra che ne ha assicurato l’indipendenza dal Pakistan nel 1971, e molti temono il pericolo che ciò si riproponga.

Il capo dell’esercito Waker-Uz-Zaman ha cercato di rassicurare i cittadini. Ha esortato i cittadini a mantenere la fiducia nell’esercito che, ha detto, avrebbe riportato la pace nel Paese.

Faremo anche in modo che sia fatta giustizia per ogni morte e crimine avvenuto durante le proteste”, ha detto, invitando la popolazione ad avere pazienza e a cessare ogni atto di violenza e di vandalismo.

Abbiamo invitato i rappresentanti di tutti i principali partiti politici, che hanno accettato il nostro invito e si sono impegnati a collaborare con noi”, ha dichiarato il generale.

L’esercito ha davanti a sé un “lavoro molto difficile”, ha affermato Irene Khan, relatrice speciale delle Nazioni Unite.

Le ragioni e le dinamiche della rivolta sociale

Le proteste nel Paese sono iniziate un mese fa per una controversa quota di posti di lavoro pubblici che è stata la scintilla che ha incendiato la prateria.

Dal primo luglio, gli studenti universitari hanno protestato in tutto il Paese per chiedere la rimozione delle quote nei posti di lavoro governativi, dopo che l’Alta Corte ha ripristinato una norma che riserva quasi un terzo dei posti ai discendenti di coloro che hanno partecipato al movimento di liberazione del 1971.

In seguito alla sentenza dell’Alta Corte di giugno, il 56% dei posti di lavoro governativi è ora riservato a gruppi specifici, tra cui figli e nipoti di combattenti per la libertà, donne e persone provenienti da ‘distretti arretrati’.

Gli studenti manifestanti si sono scontrati con la polizia e con i membri della Bangladesh Chhatra League, ala studentesca del partito di governo Awami League del Primo Ministro Sheikh Hasina.

Le manifestazioni sono state notevoli non solo per le dimensioni, l’intensità e la durata, ma anche per la loro composizione demografica. “Guardate chi sta protestando”, aveva detto ad Al Jazeera Michael Kugelman, direttore del South Asia Institute del Wilson Center.

Non si tratta solo di manifestazioni di base guidate dai poveri. Si tratta di studenti universitari, la maggior parte dei quali è al di sopra della classe lavoratrice… Il fatto che ci siano così tanti studenti così arrabbiati dimostra la disperazione di trovare lavoro. Forse non sono disperatamente poveri, ma hanno comunque bisogno di trovare un lavoro buono e stabile”.

Il governo ha risposto chiudendo le università e usando la polizia e l’esercito per reprimere le proteste. Hasina ha imposto il coprifuoco in tutta la nazione e ha tagliato l’accesso ai telefoni e alla rete internet.

Le proteste sono continuate e la Corte Suprema del Paese ha stabilito che le quote, molto contestate, dovevano essere ridotte dal 30% al 5%, con un 3% per i parenti dei veterani. Ma queste misure non hanno quietato gli animi.

Non si è arrivati a nulla. Il movimento dimostrativo si è trasformato in una rivolta senza precedenti e su scala nazionale, chiedendo le dimissioni di Hasina e l’assunzione di responsabilità riguardo a coloro che sono stati uccisi.

Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, circa il 67% dei 170 milioni di abitanti del Bangladesh ha un’età compresa tra i 15 e i 64 anni e più di un quarto ha un’età compresa tra i 15 e i 29 anni. Si tratta quindi di una situazione in cui c’è una significativa popolazione in età lavorativa che non trova sbocchi.

Vina Nadjibulla, vicepresidente della ricerca e della strategia presso la Fondazione Asia-Pacifico del Canada, ha affermato che il Paese dell’Asia meridionale si trova ad affrontare una “grave crisi occupazionale per i laureati”.

La quota del 30% colpirà questo gruppo”, aveva dichiarato Nadjibulla ad Al Jazeera, riferendosi ai posti di lavoro riservati ai discendenti dei combattenti per la libertà.

Le proteste sono ancora più evidenti a causa dei significativi guadagni economici che il Bangladesh ha ottenuto negli ultimi anni. Negli ultimi due decenni l’economia è cresciuta in media del 6,25% all’anno. La povertà è diminuita dall’11,8% nel 2010 al 5% nel 2022, sulla base della soglia di povertà internazionale di 2,15 dollari al giorno.

Nel frattempo, il Paese ha anche superato la vicina India, molto più grande, in termini di prodotto interno lordo (PIL) pro capite. Il Bangladesh ha anche registrato un netto miglioramento dei risultati in termini di sviluppo umano e, di conseguenza, è sulla buona strada per uscire nel 2026 dalla lista delle Nazioni Unite dei Paesi meno sviluppati.

Nonostante questi successi, “ci sono ancora molte disuguaglianze e povertà”, con almeno 37,7 milioni di persone che lo scorso anno hanno sofferto di carenza di cibo, ha detto Nadjibulla. “La crescita non arriva agli studenti universitari istruiti che scendono in piazza”, ha detto Nadjibulla.

L’ascesa economica del Bangladesh deriva in gran parte dalle esportazioni di indumenti pronti (RMG), soprattutto verso l’Occidente, e dalle rimesse dei lavoratori all’estero.

Un modello di sviluppo, quindi, centrato su un settore manifatturiero dal basso valore aggiunto e dall’intensissimo sfruttamento della forza lavoro, e dai proventi dei migranti, con scarsi sbocchi professionali per una forza lavoro istruita che aspirerebbe al rango di classe media.

Una delle possibili aspirazioni del Paese è diventare l’approdo di investimenti esteri nella riconfigurazione delle catene di approvvigionamento delle imprese globali alternative alla Cina, nel processo di frammentazione del mercato mondiale a cui stiamo assistendo.

Accanto agli studenti, sui cui si è concentrato il cono di luce dei media, vi è una parte importante della gioventù che non lavora né studia, molto più svantaggiata dei primi. L’anno scorso, circa il 40% dei bangladesi tra i 15 e i 24 anni non lavorava, non studiava e non seguiva corsi di formazione.

Una mobilitazione progressista in una lunga storia di lotte

Gli studenti, per lo più appartenenti a gruppi di sinistra e liberali, sono in prima linea nell’agitazione da inizio luglio. Il movimento era stato sostenuto, tra gli altri, da Democratic Student Force (DSF), Bangladesh Student Federation, Jatiyatabadi Chhatra Dal e Bangladesh Chhatra Union.

Questa è una lotta per stabilire un sistema di reclutamento equo nei posti di lavoro statali. Tutti si sono uniti a noi dimenticando le loro opinioni politiche. Questa è una lotta per tutti, non per un partito in particolare”, aveva dichiarato a Daily Observer uno dei leader del movimento.

Anche il Partito dei lavoratori del Bangladesh (WPB) ha appoggiato la richiesta di riforma del sistema delle quote. Aveva invitato il governo a non lasciare la questione ai tribunali e a risolverla secondo la Costituzione del Paese.

Il deputato Rashed Khan Menon del WPB aveva dichiarato a luglio, in una riunione dell’ala giovanile del partito, che la maggior parte dei giovani del Paese stava affrontando una grave crisi occupazionale ed era necessario affrontare le loro preoccupazioni senza compromettere gli interessi delle donne, dei disabili e di altri gruppi emarginati.

Una storia di lotta contro le quote arbitrarie

Da diversi anni gli studenti e i giovani del Bangladesh si battono contro la previsione di un’alta quota di posti di lavoro governativi per i discendenti dei combattenti per la libertà del Paese.

L’accusa è che sia una misura arbitraria e contraria agli interessi della maggioranza dei giovani. In Bangladesh, fin dalla sua indipendenza nel 1971, sono stati previsti diversi tipi di quote o riserve per gli impieghi pubblici.

Dopo la separazione dal Pakistan, il nuovo governo ha identificato come “combattenti per la libertà” tutti coloro che avevano partecipato alla guerra di liberazione del Paese e ha concesso loro una quota del 30% nei posti di lavoro. In seguito, questa quota è stata mantenuta anche per i loro discendenti.

A causa della presenza di diversi altri tipi di quote come ‘azione affermativa’ (per le donne, per i disabili, per le persone provenienti da comunità indigene, ecc.) la quota aggiuntiva del 30% ha reso la maggior parte dei posti di lavoro governativi (circa il 56%) non disponibili per gli studenti che non rientrano in nessuna delle categorie.

Questo ha reso impopolare la quota per i discendenti dei combattenti per la libertà, portando ad un primo movimento di protesta nel 2018.

A seguito dell’agitazione di massa da parte degli studenti, il governo di Sheikh Hasina aveva eliminato il sistema di quote nei posti di lavoro di prima e seconda classe per i discendenti dei combattenti per la libertà attraverso una circolare.

Tuttavia, quest’anno l’Alta corte del Paese, su una petizione presentata da alcuni discendenti dei combattenti per la libertà, ha definito illegale la circolare e ha ripristinato le quote.

Sebbene il governo avesse dichiarato che il ripristino delle quote da parte del tribunale a giugno era già stato sospeso, gli studenti in protesta chiedevano una revisione adeguata e una legge relativa al sistema di quote per i posti di lavoro nel Paese.

Per questo motivo, gli studenti hanno continuato a scioperare e a bloccare le strade, con una rivolta sociale che si è di fatto trasformata in un’insurrezione popolare che ha dato una spallata all’attuale élite politica verso una direzione piuttosto incerta.

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2 Commenti


  • Lo Re

    Un altro Maidan, o rivoluzione arancione. Termini ormai associati da tutte le persone un minimo sviluppate cerebralmente, a veri e propri colpi di Stato manovrati dagl’ americani in combutta con le forze armate nazionali. Gladio in Italia, se avessero vinto le elezioni comunque truccate i comunisti, né era una delle capostipiti.


  • R.P. NW

    Gentile LoRe,
    tesi interessante. Auspico un articolo che esamini in dettaglio la tesi esposta. Saluti agostani. R.P. NW

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