Alla riunione interministeriale del G7, in corso vicino Avellino, il padrone di casa Piantedosi ha spinto per l’approvazione di un piano sulla gestione dei migranti. Questo è il cavallo di battaglia del governo italiano, a cui si è associato il “contrasto al pericolo terrorismo”, considerato legato alle tensioni internazionali.
Invitati alla sessione dedicata alla questione migrazioni pure i rappresentanti di Libia, Algeria e Tunisia, i quali, ha sottolineato Piantedosi, hanno compiuto importanti passi avanti nel contrasto ai trafficanti di uomini. Con essi, i membri del G7 si sono confrontati anche sui cinque pilastri del programma approvato.
Al primo punto è stata prevista la reazione di una rete di unità specializzate per le indagini riguardanti la tratta di esseri umani. In secondo luogo, il rafforzamento della cooperazione internazionale, giudiziaria e di polizia, e poi l’intensificazione della cooperazione con i paesi di origine e transito dei migranti flussi migratori regolari, in collaborazione con le organizzazioni internazionali.
Il quarto pilastro del piano del G7 prevede campagne di informazione e sensibilizzazione, ancora in rapporto con le istituzioni internazionali. Infine, l’idea è quella di implementare a livello collettivo la conoscenza e il monitoraggio dei flussi, così da anticipare le tendenze dei flussi migratori stessi.
In questa cornice, il ministro Piantedosi ha inserito anche il sistema dei centri per migranti in Albania, che “è destinato a non restare un caso isolato“. Infatti, il responsabile del Viminale ha ricordato che altri 15 paesi “hanno sottoscritto una richiesta formale alla Commissione Europea di guardare con attenzione a questo modello“.
C’è però una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che dice altro rispetto alla retorica del ministro. I migranti accettati nell’accordo con Tirana, che saranno sottoposti a procedure con tempi ridotti e minori garanzie, sono solo quelli che provengono da paesi designati come “sicuri”, in questo caso sulla base di un decreto interministeriale aggiornato lo scorso 7 maggio.
Ma lo stesso ministero degli Esteri ha fatto notare che quei paesi, considerate alcune categorie di persone, tanto sicuri non sono. La Corte UE ha dunque chiarito come debba essere interpretato l’articolo 37 della direttiva europea 2013/32 che regola la materia, impedendo di trattenere chi proviene da paesi parzialmente sicuri.
Inoltre, la Corte ha sancito l’obbligo di rilevare d’ufficio le violazioni del diritto UE relativo alla designazione dei paesi di origine sicuri. Insomma, i magistrati del Tribunale di Roma, competenti nel caso dei centri in Albania, dovranno seguire necessariamente quello che ha stabilito la Corte europea.
“In riferimento agli scenari di alimentazione di circuiti terroristici“, ha detto Piantedosi, “confermo che sono sempre in nostra massima considerazione ma non ci sono rilievi di intelligence o di forze di polizia che ci facciano segnare che ci sia qualcosa di particolare che possa destare il nostro allarme“.
L’esplosione del conflitto in Medio Oriente, dal punto di vista di Piantedosi, “ha determinato una radicalizzazione delle posizioni di discussione nel dibattito interno, legittime in quanto tali ma che in alcuni casi hanno visto compiere alcune azioni, una pratica di fare manifestazioni che poi non sempre fossero immuni da preoccupazioni su disordini“.
Di nuovo viene evocato lo spettro dell’antisemitismo, di cui viene accusata ogni legittima protesta contro il genocidio dei palestinesi e il sostegno euroatlantico alla politica di occupazione israeliana. Di nuovo, viene promossa una politica securitaria, collegando migranti, terrorismo e la difesa delle mire imperialistiche occidentali.
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