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Perché è esatta la definizione “Israele stato terrorista”

Il giurista Ugo Giannangeli, avvocato penalista dal 1974, che all’impegno nella professione ha sempre affiancato un impegno sociale e politico nella sinistra militante, prevalentemente sui temi del carcere, della pena, della repressione delle lotte sociali e della solidarietà internazionale, in particolare a sostegno del popolo palestinese, ci ha fatto pervenire attraverso Laura Tussi, questo contributo che fa chiarezza sulle parole utilizzate dal prof. Luciano Vasapollo nell’assemblea pubblica (e non in una lezione) promossa da Cambiare Rotta alla Facoltà di Fisica dell’Università La Sapienza.

Parole che attribuiscono l’etichetta di “terrorista” allo Stato di Israele e che appaiono del tutto appropriate alla luce dei fatti.

Il giornalista Paolo Del Debbio è tornato con inspiegabile violenza verbale e cattiveria, come fanno notare i legali del professor Vasapollo che stanno lavorando su varie denunce penali e civili per falsità, diffamazione, calunnie, gravi offese e incitazione all’odio on line, e ciò per il secondo giorno di seguito, ad attaccarlo nelle trasmissioni 4 di sera e Diritto e rovescio, attivando volutamente contro il prof . Vasapollo, con le stesse modalità, addirittura un ministro della Repubblica, Matteo Salvini.

Il quale, ridicolamente quanto minacciosamente, si è unito a Del Debbio nel chiedere il licenziamento del docente dalla Sapienza, con il falso argomento che il suo intervento fosse stato pronunciato nel corso di una lezione universitaria e non in un’ assemblea pubblica con la presenza di docenti, giornalisti, collettivi di facoltà, tanti anziani militanti della solidarietà internazionale etc.

Ma tutto questo florilegio di ingiurie viene motivato dai leoni da tastiera filo-sionisti, così come dai giornalisti mainstream della destra, con l’affermazione di Vasapollo sul fatto che Israele è uno “stato terrorista”.

Purtroppo, come abbiamo scritto sopra,  si tratta di una verità, e non di oggi, come dimostrano gli attentati che hanno accompagnato la nascita stessa di Israele. (S.I.)

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Perché Israele può essere legittimamente definito “Stato terrorista”: dai “danni collaterali accettati” alle “vittime civili designate”. Uno degli slogan adottati nelle manifestazioni per la Palestina è: “From the river to the sea Palestine will be free”. Da subito i sionisti hanno gridato all’antisemitismo perché, secondo loro, questo slogan invocherebbe la distruzione di Israele.

Come al solito confondono o, meglio, giocano a confondere Israele con “tutti gli ebrei”. Del resto, è Israele che pretende di rappresentare, anche per legge dal 2018, gli ebrei di tutto il mondo, anche quelli che non sono affatto d’accordo col disegno sionista.

Lo slogan, invece, vuole quel territorio “free” dal sionismo, cioè da un progetto colonialista, suprematista e razzista che rivendica quel territorio come esclusivo per gli ebrei. Un rapido inciso: c’è da ricordare che in Israele il razzismo si estende sino a comprendere non solo ovviamente i palestinesi tutti, quindi anche quelli con cittadinanza israeliana, ma anche gli ebrei arabi.

Lo storico ebreo israeliano Zev Sternhell disse qualche anno fa che “in Israele cresce non solo un fascismo locale, ma anche un razzismo vicino al nazismo ai suoi esordi”.

E non c’era ancora l’attuale governo. Lo slogan, in realtà, invita al ritorno alle origini quando quel territorio era serenamente abitato da una popolazione di varie religioni senza alcuna pretesa di superiorità o esclusività di chicchessia. Persino il consiglio di vigilanza di Meta (Facebook, ecc), il 4 settembre 2024, ha sentenziato che lo slogan non è incitamento all’odio.

Un altro slogan può ormai, quanto meno dal 17 settembre, essere considerato assolutamente veritiero e legittimo. Mi riferisco al frequente “Israele fascista, Stato terrorista”.

Sul “fascista” c’è poco da obiettare, perlomeno da quando al governo c’è la destra o, come ora, l’estrema destra, anche se, rispetto ai palestinesi, ben poca o nessuna differenza c’è mai stata tra destra e sinistra israeliana: le colonie sono avanzate sia sotto il Likud sia con i laburisti e i palestinesi sono stati repressi senza soluzione di continuità.

Sul “terrorista”, prima del 17 settembre 2024, si poteva forse discutere; ora non più e Israele è uno stato terrorista sotto ogni aspetto, anche quello tecnico giuridico. Ne spiego le ragioni. Sappiamo che non esiste una definizione univocamente accettata del termine “terrorismo”.

La più accreditata risale al 1999 ed è contenuta nella “Convenzione internazionale per la soppressione delle attività di finanziamento al terrorismo”. Così recita: è terroristico “ogni
atto finalizzata a causare la morte o lesioni personali gravi ad un civile, o ad ogni altra persona che non prende attivamente parte alle ostilità in una situazione di conflitto armato, quando lo scopo di questo atto, per propria natura ovvero per il contesto nel quale viene commesso, è quello di intimidire una popolazione oppure di costringere un governo o un’organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere un determinato atto”.

Questa definizione non è stata particolarmente pubblicizzata per la consapevolezza che essa bene descrive l’attività di organizzazioni armate o di singoli individui, i cosiddetti “lupi solitari”, ma anche l’attività di Stati. La condotta distintiva dell’azione terroristica consiste nell’attacco indiscriminato diretto contro la popolazione: bombe nei mercati, nelle stazioni, nei bar, sui mezzi di trasporto.

L’Italia ne sa qualcosa: Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus. Prima del 17 settembre molti civili sono sempre stati uccisi da Israele, ma venivano considerati “danni collaterali” cioè non espressamente voluti. Messi in conto come inevitabili.

Se si butta una bomba di una tonnellata sul condominio dove si ritiene che abiti un esponente di Hamas è ovvio che si mette in conto di uccidere decine di persone colpevoli solo di essere suoi familiari o vicini di casa. Se altri metodi meno cruenti vengono scartati evidentemente è perché scarso peso viene attribuito alla vita umana, a maggior ragione se palestinese. Del resto sappiamo che è stato espressamente affermato da Gallant [attuale ministro della difesa, ndr] che i palestinesi sono “animali umani”.

Non sono mancati casi di uccisioni di civili mirate: si pensi alla Grande marcia del ritorno del 2018/2019 quando centinaia di persone non armate sono state uccise e migliaia ferite dai cecchini israeliani solo perché manifestavano per il diritto al ritorno vicino a quella rete che poi, il 7 ottobre 2023, è stata abbattuta dalle ruspe della Resistenza palestinese.
Nonostante questi precedenti c’è sempre stata una certa resistenza a definire Israele “Stato terrorista”.

L’atteggiamento della comunità internazionale ha iniziato a cambiare con il genocidio in corso a Gaza. Una recente inchiesta di +972 Magazine e Local Call ha narrato il ruolo di
Lavender nel genocidio in corso.

Lavender è lo strumento di intelligenza artificiale che dirige i bombardamenti su Gaza e sceglie gli obiettivi. Ha selezionato 37.000 sospetti militanti di gruppi armati. Non è previsto alcun controllo umano per la verifica della selezione anche se è stato statisticamente accertato che è presente una percentuale di errore del 10% (quindi quanto meno 3700 persone destinate ad essere uccise non hanno nulla a che vedere con Hamas o altre organizzazioni).

Le persone selezionate vengono bombardate di notte nella propria abitazione, quindi con la propria famiglia, da bombe definite “stupide” in contrapposizione a quelle “intelligenti”, molto più costose e quindi utilizzate in altre circostanze.

Le “vittime collaterali accettate” sono nell’ordine di 15/20 civili per un semplice militante; si sale sino a 100 e anche 300 civili per un militante di alto rango.

L’inchiesta mette in evidenza che i criteri adottati per qualificare un soggetto come “militante di Hamas” o altre organizzazioni sono quantomeno labili: la presenza su chat in cui è presente un sicuro militante, la frequente sostituzione del cellulare, il frequente cambio di casa eccetera. L’inchiesta riporta testimonianze di membri dell’esercito israeliano che riferiscono tra i militari un clima di assoluta isteria nella ricerca continua di obiettivi e parlano  esplicitamente non di “operazioni militari” ma di pura vendetta per l’azione del 7 ottobre.

Occorre un notevole bagaglio di cinismo e spregiudicatezza per selezioni di questo tipo, ma se è un algoritmo a prendere le decisioni ci si sente deresponsabilizzati. La ricerca di un’equa proporzione tra vittima designata e danni collaterali non è una novità successiva all’azione del 7 ottobre; da tempo giuristi erano al lavoro per individuare criteri di tollerabilità e quindi di pretesa conformità al diritto internazionale nella rapporto obiettivo/danni collaterali.

Qualcosa di analogo avviene in Israele con la tortura consentita, secondo la commissione Landau, “in una certa misura” (con la misurazione affidata al torturatore!).

Sia pure in modo estremamente spregiudicato siamo però ancora nell’ambito di vittime sacrificate per raggiungere un obiettivo ben preciso e selezionato. Il 17 settembre 2024 avviene la svolta ed Israele salta il fossato a piedi pari.

Attraverso sofisticate tecnologie fa esplodere in Libano cercapersone, walkietalkie, elettrodomestici, pannelli solari, motorini elettrici eccetera. Centinaia di vittime e feriti (molti divenuti ciechi o evirati).

Se, prima, si poteva fingere di credere che il bombardamento sulle tende di sfollati a Khan Younis, Nuseirat o nell’ospedale di Al Shifa era rivolto a uno o più militanti di Hamas, come da rituale definizione dell’IDF, ora non si può credere che i destinatari delle esplosioni fossero tutti miliziani di Hezbollah. Quindi Israele, nel suo sempre più evidente tentativo di allargare il conflitto mediorientale, ha fatto ricorso al più classico strumento terroristico: l’uccisione in massa indiscriminata.

Un ex capo dello Shin Bet ha parlato esplicitamente di “terrorismo ebraico facendo tornare alla memoria quello praticato da Irgun e Banda Stern.

Tutto questo avviene, non a caso, proprio mentre sul fronte giudiziario e istituzionale internazionale si susseguono le condanne di Israele, ovviamente senza che seguano conseguenze concrete o sanzioni: l’ordinanza della Corte internazionale di giustizia del 26 gennaio 2024, il parere consultivo della stessa Corte del luglio 2024, la richiesta di ordini di arresto di Netanyahu e Gallant da parte della Procura presso la Corte penale internazionale, la risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu dell’aprile 2024 che attribuisce alla Palestina diritti aggiuntivi all’interno dell’ONU ed esprime parere favorevole alla sua piena  ammissione, la recente risoluzione dell’Assemblea generale che, in accoglimento del parere della Corte internazionale di giustizia, ribadisce l’obbligo di ritiro dai Territori occupati assegnando un termine di 12 mesi, la cessazione di nuovi insediamenti, la restituzione delle
terre e delle proprietà sequestrate e la possibilità di ritorno dei palestinesi cacciati.

Israele reagisce con la brutalità a una offensiva di legalità internazionale. Smotrich afferma che sarebbe stata costruita una nuova colonia per ogni Paese che avrebbe riconosciuto lo Stato di Palestina.

La contrapposizione è frontale. Lo Stato che doveva essere messaggero di civiltà nel barbaro oriente è diventato messaggero di barbarie del complice Occidente.

 * da Il Faro di Roma

Nella foto di copertina: L’attentato all’ambasciata del Regno Unito in Italia avvenne nei pressi di Porta Pia a Roma il 31 ottobre 1946 e fu rivendicato dall’organizzazione paramilitare sionista Irgun Zvai Leumi, alla quale si deve anche l’esplosione che causò una strage all’hotel King David di Gerusalemme, quando 91 persone di varia nazionalità rimasero uccise nell’esplosione ed altre 46 ferite. Tra i terroristi che compirono l’attentato anche il futuro premier israeliano Menachem Begin.

Secondo lo storico del fascismo Giuseppe Parlato, nel dopoguerra l’Irgun aveva acquistato dai Fasci di Azione Rivoluzionaria (FAR) gli esplosivi utilizzati per l’attentato tramite gli uffici del suo co-fondatore Pino Romualdi, un fascista – in seguito segretario nazionale della Cisnal, sindacato del Msi (il partito da cui deriva l’attuale Fratelli d’Italia) – che aveva allestito un deposito segreto di munizioni dell’esercito ed esplosivi dopo la fine della guerra.

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