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Attacco hacker a Internet Archive. Bersagli mirati o scelti a casaccio?

Nei giorni scorsi, il sito internet del progetto Internet Archive – archive.org – è stato colpito da una serie di grossi attacchi informatici. Per chi non lo conoscesse, Internet Archive e il suo progetto gemello, ovvero la Wayback Machine, sono due dei più grandi progetti attualmente esistenti di preservazione della conoscenza su internet.

Infatti, il primo raccoglie e diffonde libri, film, software e audio che altrimenti andrebbero persi o comunque non potrebbero essere fruiti perché non più in commercio o non più facilmente reperibili, mentre il secondo è un archivio che “fotografa” e preserva milioni di siti internet, permettendo agli utenti di vedere come è cambiato il web nel corso degli anni.

I progetti sono gestiti da un’organizzazione no profit con sede negli Stati Uniti, che cerca di pagare i costi di gestione grazie alle donazioni degli utenti, e che deve sempre difendersi in tribunale dalle continue cause che vengono intentate contro di essa.

Tra le più eclatanti ricordiamo una causa portata in tribunale da alcune grandi case editrici americane contro l’Internet Archive per il suo sistema di messa a disposizione gratuita di libri. Questi libri potevano essere presi in prestito per un periodo di tempo dagli utenti, come una normale biblioteca, e potevano essere prestati a tanti utenti quante copie fisiche erano a disposizione dell’I.A.

La causa si è conclusa con il pagamento di una segreta, ma senza dubbio ingente, somma di denaro e la rimozione di 500 mila libri dalla piattaforma. Inoltre, l’anno scorso alcune grandi case discografiche hanno portato in giudizio l’Internet Archive imputandogli oltre 600 milioni di dollari di danni per una sua campagna di digitalizzazione e diffusione di musica registrata su vecchi dischi a 78 giri precedenti al 1972.

Tornando alla notizia, Internet Archive è stato colpito da una serie di attacchi informatici a partire dal 9 ottobre. In particolare, sono state rubate oltre 31 milioni di password degli utenti registrati al sito, di cui in realtà la maggior parte erano già state rubate in attacchi precedenti, e la piattaforma è stata poi oggetto di un attacco ddos – ovvero un attacco in cui si “bombarda” un sito internet con una quantità talmente grande di richieste (milioni e milioni al secondo) tale da impedirgli di funzionare – durato alcuni giorni e che l’ha resa tuttora (20 ottobre) inaccessibile, tranne alcuni servizi che sono di nuovo online.

La cosa più strana però è stata che l’attacco sia stato rivendicato da un gruppo hacker chiamato SN_Blackmeta e che nel messaggio diffuso dal gruppo si legga che Internet Archive è stato colpito in quanto esso appartiene agli Stati Uniti ,“il cui governo orrendo e ipocrita sostiene il genocidio che viene perpetrato dallo stato terrorista di Israele”, e anche che “tutti chiamano questa organizzazione no profit, ma le sue radici sono concretamente negli Usa, dunque ogni servizio gratuito che offre dissangua milioni di vite”.

Questo gruppo è apparso l’anno scorso ed ha già colpito Internet Archive quest’estate con un altro attacco ddos. SN_blackmeta ha attaccato dei bersagli in vari paesi ostili alla causa palestinese, come il ministero della difesa saudita, la borsa di Tel Aviv, vari istituti di ricerca e compagnie israeliane, francesi e americane, tra cui Yahoo e Microsoft, ed alcune infrastrutture negli Emirati Arabi Uniti.

Secondo la compagnia di cybersicurezza americana Radware, il gruppo sarebbe legato, a giudicare dalle modalità degli attacchi (prevalentemente ddos, dicevamo), dai bersagli scelti e dallo stile dei comunicati ad un altro gruppo della scena hacker chiamato Anonymous Sudan che sostiene che il proprio scopo sia colpire bersagli in paesi che supportano il sionismo e l’islamofobia e che avrebbe legami con la Russia.

Anonymous Sudan, che non è associato con il famoso gruppo Anonymous, in passato ha attaccato varie compagnie occidentali, come Netflix, Cloudfare e Paypal, alcuni bersagli in Kenya, Uganda, Ciad, Gibuti ed Emirati Arabi Uniti per il loro supporto alle RSF nella guerra civile in corso in Sudan, il sito Archive Of Our Own, che raccoglie storie scritte dagli utenti (fanfiction) con protagonisti i personaggi di varie opere famose, il Jerusalem Post, ma anche l’agenzia Wafa e Al Jazeera in inglese.

Inoltre, è stato reso noto nei giorni scorsi che le autorità statunitensi hanno arrestato a marzo in California due fratelli sudanesi con l’accusa di essere i vertici di Anonymous Sudan.

Negli ultimi anni anche gli attacchi hacker stanno diventando una forma importante delle guerre ibride che si combattono tra i diversi schieramenti internazionali. Risulta però difficile da capire come mai un progetto fondamentale per la preservazione di molte opere culturali come archive.org sia stato colpito dal “fuoco incrociato” della guerra cibernetica.

Se l’intento di SM_Blackmeta fosse stato quello di portare ulteriore rilievo mediatico alla causa palestinese tramite un’azione tutto sommato semplice – Internet Archive non ha certo delle difese eccellenti vista la sua precaria situazione economica – è senz’altro riuscito, visto che da 10 giorni la stampa specializzata continua a coprire questa vicenda. Forse però sarebbe meglio non scegliere a casaccio ma individuare bersagli che creino maggiori danni economici reali alla catena della complicità con il genocidio che subisce il popolo palestinese.

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