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Francia-Marocco, sulla pelle dei migranti e del popolo sahrawi

Durante la visita di Stato di Emmanuel Macron a Rabat, iniziata lunedì 28 ottobre e durata tre giorni, Francia e Marocco hanno firmato una quarantina di contratti e accordi di investimento per un valore complessivo di oltre 10 miliardi di euro. Questi accordi sono destinati ad rilanciare ed approfondire le relazioni bilaterali in una vasta gamma di settori, tra cui il settore ferroviario, le energie rinnovabili, la transizione energetica, fino alle questioni sul controllo dei flussi migratori e le procedure per il rimpatrio.

Il Presidente francese, accompagnato da una folta delegazione composta da ben nove ministri e una quarantina di imprenditori, ha salutato con favore il “partenariato eccezionale e rafforzato” concordato con il Re Mohammed VI. Macron si conferma così essere la “punta di lancia” della rappresentazione politica degli interessi economici e strategici della classe padronale francese e delle sue multinazionali in Europa e nel mondo.

In particolare, il gruppo Egis si impegnerà nella costruzione della seconda sezione della linea ferroviaria ad alta velocità Tangeri-Marrakech, con la partecipazione di Alstom che a sua volta fornirà 12-18 treni ad alta velocità. Safran aprirà a Casablanca un nuovo sito di manutenzione e riparazione di motori aerei, mentre il colosso logistico francese CMA-CGM prenderà parte allo sviluppo del porto di Nador West Med.

Inoltre, TotalEnergies ha firmato un accordo per “sviluppare il settore dell’idrogeno verde”; Engie collaborerà con il Gruppo OCP (Office Chérifien des Phosphates) per le energie rinnovabili nel quadro di un “accordo di partenariato nella transizione energetica”; infine, EDF ha firmato un memorandum d’intesa per l’estensione del parco eolico di Taza.

Nella logica “do ut des” tra contraenti, nel suo discorso al Parlamento marocchino, Emmanuel Macron ha chiesto “ancora più risultati nella lotta all’immigrazione clandestina”, alludendo alla volontà della Francia di rendere più facile per il Marocco riprendere i propri cittadini che le autorità francesi decidono di espellere.

Questo è stato uno dei principali punti di negoziazione tra i due Paesi: “Sulla questione della riammissione dei cittadini marocchini in situazione irregolare, abbiamo un quadro e delle procedure con delle scadenze. (…) Abbiamo concordato di migliorarle per abbreviare le scadenze e fare meglio in termini di numero di persone riammesse”, ha dichiarato il ministro degli Interni francese Bruno Retailleau.

In una recente intervista a France 2, il ministro ha confermato il progetto di una nuova “Loi Immigration” che potrebbe arrivare all’Assemblée Nationale ad inizio 2025. Retailleau vorrebbe introdurre le disposizioni già proposte quando era senatore e censurate dal Consiglio costituzionale nel gennaio 2024 nel quadro della “Loi Darmanin” – dal nome dell’ex ministro degli interni di Macron – approvata con il sostegno del Rassemblent National di Marine Le Pen.

Più concretamente, il progetto di legge comporterà una trasformazione de l’Aide médicale d’État (contributo pubblico alle cure dei cittadini “in situazione irregolare” in Francia) che il ministro considera “un incentivo alla clandestinità”. Inoltre, vorrebbe ripristinare il reato di soggiorno illegale, porre fine allo “ius soli” ed estendere da 90 a 210 giorni il periodo di detenzione per gli immigrati illegali ritenuti pericolosi.

Oltre agli sforzi sull’immigrazione clandestina, Macron ha inoltre esortato il Parlamento marocchino a “porre le basi per la naturale circolazione delle persone, in modo da poter fare molto di più insieme in termini di ricerca di progetti e di creazione di imprese, nonché di offrire opportunità a questi talenti”, confermando il saccheggio di risorse intellettuali del Nord nei paesi del Sud globale.

Parigi e Rabat sembrano incamminarsi sulla via della riconciliazione, dopo i dissapori e la crisi diplomatica degli ultimi anni. Il riavvicinamento tra i due Paesi si è accelerato da quest’estate, quando in una lettera indirizzata al Re Mohammed VI il Presidente Macron aveva affermato che “il presente e il futuro del Sahara occidentale si collocano nel quadro della sovranità marocchina” (frase ripetuta nuovamente in occasione del suo discorso al Parlamento di Rabat martedì scorso).

La piena sovranità del Marocco sul Sahara occidentale è stata riconosciuta solo da Stati Uniti e Israele, mentre l’ONU lo considera un “territorio non autonomo” che gode di un posto di osservatore. La dichiarazione di Macron era stata accolta quest’estate con grande disappunto dall’Algeria, che aveva richiamato il suo ambasciatore in Francia.

Da quasi cinquant’anni, Marocco e Algeria sono ai ferri corti sul Sahara occidentale, la cui sovranità è rivendicata sia dal Marocco sia dal Fronte Polisario, che lotta per il diritto all’autodeterminazione del popolo sahrawi. Nel 1976, il Fronte Polisario proclamò la Repubblica Democratica Araba Saharawi (RASD); in risposta, il Marocco decise allora di annettere gran parte del territorio, facendo costruire un “muro di sabbia” lungo 2.720 km, completato nel 1987 e sorvegliato militarmente.

Dopo il discorso di Macron a Rabat, il Ministero degli Affari Esteri non ha perso tempo e ha aggiornato la carta del Marocco sul suo sito, facendo scomparire quella linea tratteggiata che delimitava simbolicamente la sovranità del Regno marocchino sul Sahara occidentale.

In gran parte desertico, il Sahara occidentale conta poco più di 650 mila abitanti. Il suo territorio si estende lungo un’ampia fascia della costa atlantica, ideale per la pesca e il commercio marittimo. Infatti, è proprio qui che il Marocco vorrebbe sviluppare ulteriormente il nuovo porto di Dakhla, attraverso un mega-progetto volto a farne un hub strategico di portata continentale e internazionale.

Tuttavia, la principale risorsa del Sahara occidentale è la sua terra ricca di fosfato, minerale usato come fertilizzante agricolo. Il Regno del Marocco ne ha estratti più di 30 milioni di tonnellate in media negli ultimi anni, appropriandosi degli incassi derivanti dall’esportazione – circa il 10% delle esportazioni totali del Marocco – tanto da farne un attore fondamentale del settore sul mercato mondiale.

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