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Allarmismi e tensioni crescenti in Medio Oriente. Chi attaccherà chi?

Si rincorrono voci allarmanti mentre saltano tutte le ipotesi di cessate il fuoco sui fronti di guerra in Medio Oriente. Sulla base delle informazioni disponibili è difficile capire se Israele stia creando le condizioni per un “attacco preventivo” contro l’Iran – alimentando le voci sulla preparazione di un attacco iraniano – oppure se l’asse della Resistenza (Iran, Hezbollah, milizie irachene e yemenite) abbia rotto gli indugi su uno scontro frontale ritenuto inevitabile con il nemico israeliano. Infine, potrebbe anche essere che l’innalzamento complessivo dei toni punti a condizionare il clima politico per trovare infine una strada per un cessate il fuoco a livello regionale che stenta a imporsi sul terreno.

Gli Stati Uniti intanto hanno già annunciato il dispiegamento di nuove forze militari in Medio Oriente per affrontare la presunta minaccia dell’Iran a Israele. Lo ha comunicato il portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder. Tra questi ci sono i nuovi cacciatorpedinieri per la difesa contro i missili balistici, squadroni di caccia e aerei cisterna e diversi bombardieri d’attacco a lungo raggio B-52 dell’aeronautica americana nella regione. Queste forze inizieranno ad arrivare nei prossimi mesi, ha precisato il Dipartimento della Difesa USA.  Se ci fosse una rappresaglia dell’Iran per l’attacco subito da Israele, gli Stati Uniti la sosterranno ha riferito ieri la Casa Bianca, chiedendo a Teheran di non rispondere alla rappresaglia israeliana.

A complicare la situazione c’è anche l’inconsistenza di ogni negoziato per un cessate il fuoco sia in Libano, sia a Gaza. Il mediatore Usa Amos Hochstein “è sparito nel nulla”, ha denunciato il presidente del Parlamento libanese Nabih Berri, sottolineando come l’iniziativa statunitense sul cessate il fuoco in Libano è fallita perché Israele ha rifiutato ogni road map proposta chiedendo comunque mano libera per i suoi attacchi militari sia in Libano che a Gaza.

L’intelligence israeliana da giorni sta diffondendo la notizia che l’Iran si stia preparando ad attaccare Israele dal territorio iracheno nei prossimi giorni, possibilmente prima delle elezioni presidenziali statunitensi in programma il 5 novembre. La pervicacia con cui i mass media filo-israeliani negli Usa come in Italia stanno ripetendo questa notizia, fa nascere il sospetto che possa trattarsi della preparazione del terreno per legittimare un eventuale “attacco preventivo” israeliano contro l’Iran.

A rafforzare questa tesi c’è anche la inusuale precisione e il bilancio di danni e feriti con cui vengono descritti gli obiettivi raggiunti dai razzi lanciati da Hezbollah in queste ore. Una precisione che non c’era mai stata nei mesi precedenti in cui sembrava che questi razzi venissero tutti intercettati o cadessero nel nulla. In questo modo invece si amplifica l’immagine di una Israele sotto attacco.

L’informazione che l’Iran si appresterebbe ad attaccare Israele sarebbe stata riferita da due fonti israeliane al sito di informazione statunitense Axios, secondo le quali per l’intelligence israeliana l’attacco potrebbe essere condotto utilizzando un gran numero di droni e missili balistici lanciati però dal territorio iracheno e non dall’Iran.

Quando Israele ha attaccato l’Iran ha violato lo spazio aereo iracheno e le norme internazionali, e gli Stati Uniti hanno collaborato con esso, nonostante i suoi accordi di sicurezza con l’Iraq”, ha detto Haider al-Lami, membro dell’ufficio politico della milizia irachena Hezbollah al-Nujaba, all’agenzia di stampa libanese Al-Akhbar. “L’Iran ha il diritto di attaccare Israele da qualsiasi punto dell’Iraq”, ha aggiunto il leader iracheno.

Se l’Iran dovesse affrontare una minaccia alla sua esistenza la dottrina nucleare di Teheran potrebbe cambiare, ha dichiarato all’emittente libanese “Al Mayadeen” Kamal Kharrazi, consigliere della guida suprema iraniana Ali Khamenei, aggiungendo che Teheran probabilmente aumenterà la gittata dei suoi missili balistici. Inoltre, Kharrazi ha spiegato che l’Iran risponderà all’attacco israeliano del 26 ottobre “al momento giusto, nel modo giusto”, il che vuole dire tutto e niente.

La notte del 26 ottobre scorso, Israele ha lanciato attacchi contro siti militari in Iran in risposta all’attacco missilistico di Teheran del primo ottobre, a sua volta una rappresaglia per l’uccisione dei leader di Hamas e Hezbollah, rispettivamente Ismail Haniyeh e Hassan Nasrallah, e del generale iraniano Abbas Nilforoushan.

Secondo indiscrezioni diffuse dal New York Times, la Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, nei giorni scorsi aveva ordinato al Supremo consiglio per la sicurezza nazionale del Paese di prepararsi ad attaccare Israele. “I nemici, che si tratti del regime sionista o degli Stati Uniti d’America, riceveranno sicuramente una risposta schiacciante a ciò che stanno facendo all’Iran, alla nazione iraniana e al fronte della resistenza”, ha dichiarato Khamenei in un video pubblicato dai media statali iraniani.

Khamenei, scrive il giornale statunitense, ha preso la decisione dopo aver esaminato un rapporto dettagliato di comandanti militari sull’entità dei danni provocati dal raid israeliano della scorsa settimana alla capacità di produzione missilistica del Paese, ai sistemi di difesa aerea intorno a Teheran, alle infrastrutture energetiche critiche e a un porto situato nel sud.

Il conto alla rovescia sulle elezioni statunitensi – previste per martedi prossimo – riduce la forbice temporale per azioni che mettano la nuova amministrazione presidenziale Usa di fronte al fatto compiuto. Difficile che in questo strettissimo arco di tempo si giochino partite decisive. In tal senso gli allarmismi diffusi a piene mani in queste ore appaiono piuttosto strumentali. Ma la strategia del “cane pazzo” adottata da Israele ci ha bruscamente insegnato che non ci sono più limiti che questo stato-canaglia non possa superare. Glielo hanno consentito per troppi anni e senza mai pagarne le conseguenze.

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