Si allunga l’elenco delle illegali punizioni collettive che Israele applica alla popolazione palestinese.
Questa mattina la Knesset israeliana ha approvato una legge che consentirebbe a Israele di deportare le famiglie di “terroristi palestinesi” (così viene definito chi resiste all’occupazione,ndr) compresi i cittadini palestinesi con cittadinanza israeliana, oltre a quelli della Striscia di Gaza.
I palestinesi che vivono in Israele costituiscono circa il 20% della popolazione del paese. Hanno cittadinanza e diritto di voto, ma subiscono una discriminazione diffusa, molti hanno anche stretti legami familiari con i palestinesi che vivono nei territori occupati.
La legge, sostenuta dai membri del partito Likud del primo ministro Benjamin Netanyahu e dai suoi alleati di estrema destra, è stata approvata con 61 voti a favore e 41 contrari, ma è probabile che venga contestata nei tribunali.
La nuova legge si applicherebbe ai cittadini palestinesi di Israele e ai residenti della Gerusalemme Est sottoposta ad annessione forzata. In pratica verrebbe attuata contro chi fosse a conoscenza in anticipo di attacchi o contro le famiglie che “esprimono sostegno o identificazione con l’atto terroristico”. Gli inquisiti verrebbero deportati, nella Striscia di Gaza o in un’altra località, per un periodo che va dai 7 ai 20 anni.
Non è ancora chiaro se la legge sulla deportazione delle famiglie dei combattenti palestinesi verrò applicata nella Cisgiordania occupata, dove Israele ha già una politica di lunga data di punizioni collettive tramite la demolizione delle case delle famiglie degli arrestati.
Israele utilizza demolizioni punitive di case palestinesi da quando ha formalmente occupato la Cisgiordania e Gaza nel 1967. Lo Stato si avvale di una legge dell’epoca del Mandato Britannico, la Regola 119 dei Regolamenti di Difesa (1945), che dà “il permesso generale di confiscare, sigillare e distruggere le proprietà di abitanti che il comandante militare sospetta di aver commesso violenza, indipendentemente dal fatto che siano o meno i proprietari”.
L’organizzazione per i diritti umani B’Tselem ha affermato che questa politica è “per definizione, destinata a danneggiare persone che non hanno fatto nulla di male e non sono sospettate di alcun illecito, ma che sono imparentate con palestinesi che hanno attaccato o tentato di attaccare civili israeliani o forze di sicurezza”.
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