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Israele non ha rispettato l'”ultimatum” USA, ma Washington continuerà a fornirgli armi

Scaduto l’ultimatum inviato da Biden a Israele, secondo il quale le forniture belliche si sarebbe fermate se Tel Aviv non avesse permesso l’arrivo degli aiuti umanitari a Gaza, Washington ha fatto sapere che l’invio di armi continuerà.

E questo nonostante che le Nazioni Unite e ben otto organizzazioni internazionali abbiano affermato che la situazione è tutt’altro che migliorata. Anzi, secondo molti operatori sul luogo ci troviamo nella fase più critica da quando è cominciato l’attacco sionista nell’ottobre 2023.

Che non ci si potesse aspettare granché dallo Zio Sam è cosa nota, e nessuno con un minimo di coscienza su quel che sta accadendo in Medio Oriente poteva davvero credere che il sostegno a Israele si sarebbe fermato.

Non è successo nell’ultimo anno, non succederà di certo ora, soprattutto con l’amministrazione Biden che sta passando il testimone a Trump, il quale non ha mai nascosto il completo appoggio alle scelte di Netanyahu.

Ma la questione va ribaltata, altrimenti si può finire a pensare che sia solo Trump il ‘cattivo’ che timbra il lasciapassare per continuare il genocidio in atto. I democratici sono stati fin qui assolutamente sodali con Tel Aviv, e pur perfettamente consapevoli delle operazioni di pulizia etnica hanno sempre chiuso un occhio.

L’ultimatum è stato semmai una mossa propagandistica, utilizzata come strumento elettorale in un paese che ha visto una solidarietà con la Palestina radicale e diffusa.

Nulla di molto diverso dal “molo temporaneo” costruito la scorsa primavera per far arrivare un po’ di aiuti umanitari, sostanzialmente mai entrato in funzione e usato soprattutto dagli israeliani stessi per azioni di guerra.

E infatti, il portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, Vedant Patel, ha reso chiaro che le armi continueranno ad arrivare perché “Israele sta rispettando gli accordi“.

Martedì scorso ha dichiarato che “al momento non si è valutato che gli israeliani stiano violando la legge statunitense” riguardo all’assistenza militare.

Ma quella legge lega gli aiuti al rispetto del diritto umanitario internazionale. E ormai non è difficile dimostrare che i sionisti se ne facciano beffa in maniera consapevole e persino scientifica.

Semmai, è sfacciato sostenere il contrario: Israele sta facendo a pezzi la legalità internazionale, e con essa la maschera di un arbitrario “ordine fondato su regole” millantato dall’Occidente.

Le ragioni statunitensi si fondano sul fatto che Israele avrebbe in qualche misura permesso l’accesso di aiuti nel nord della Striscia, tagliata fuori dall’arrivo di cibo per oltre un mese e dunque in piena carestia. Ma allo stesso tempo le Nazioni Unite hanno fatto sapere che la maggior parte di questi aiuti non può essere distribuita proprio a causa delle restrizioni israeliane.

Anche al sud ci sono centinaia di camion carichi di cibo di cui le imposizioni sioniste impediscono la distribuzione. Tel Aviv ha aperto un nuovo valico nella zona centrale di Gaza, ma non ne è chiara l’utilità, dato che il problema non è la mancanza di vie d’accesso, ma i blocchi che l’esercito dispone.

Insomma, atti senza valore nel gioco delle parti tra Washington e Tel Aviv, mentre il massacro continua. Senza dimenticare il fatto che, ad ogni modo, non si può ridurre tutto a una crisi umanitaria, accettando così il politicidio delle rivendicazioni palestinesi insieme al genocidio.

Infine, il conflitto ormai si è allargato a tutto il Medio Oriente, in una fase generale di precipitazione bellica. La questione palestinese è diventata il fulcro su cui si vanno ridefinendo gli equilibri di tutta la regione, e dunque gli USA e Israele sono ancora più vitali l’uno all’altro.

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