Siete liberi di votar come vuole Bruxelles e soprattutto la Nato. E se non siete d’accodo allora siete putiniani o pro-Hamas.
Sta diventando questo il commento fisso ad ogni elezione europea – o di “interesse europeo”, come quelle in Georgia – che non va come sperato (preparato, organizzato, previsto, ecc).
Ultimo caso, la Romania. Qui al primo turno ha inaspettatamente vinto Călin Georgescu-Roegen, sconosciuto ingegnere che aveva ricoperto diversi incarichi diplomatici e come tecnico al ministero dell’ambiente.
Si era presentato come indipendente, senza un partito politico alle spalle, ma con 3,8 milioni di followers su Tik Tok. Ha preso quasi il 23% e quindi andrà al ballottaggio, domenica 8 dicembre, contro Elena Lasconi (19,2%), definita “riformista liberale”, solidamente pro-UE, filo-Nato e per l’appoggio totale all’Ucraina, con cui il paese confina.
Solo terzo il cosiddetto “socialdemocratico” Marcel Ciolacu, primo ministro uscente, che ha ottenuto il 19,15%.
Georgescu ha seminato parecchie dichiarazioni di estrema destra, rivalutando addirittura il nazista Codreanu (fondatore della “Guardia di Ferro” negli anni ‘30). Ma è anche apertamente contrario alla guerra contro la Russia e all’invio (attraverso la Romania) di altri aiuti economici e militari all’Ucraina.
Per il ballottaggio ha ricevuto l’appoggio di un altro “destro” dicharato come George Simion. Sommando i voti potrebbe così giungere al 36-37%, più o meno la percentuale del duo Lasconi-Ciolacu.
Grande incertezza, dunque, e immediata mobilitazione totale dell’Unione Europea, preoccupata di ritrovarsi un’altra “colonna” della Nato recalcitrante e dubbiosa (oltre a Ungheria, Slovacchia e Bulgaria, c’è incertezza anche sull’esito delle prossime elezioni politiche nella Repubblica Ceca).
Addirittura un gruppo di parlamentari europei chiede di convocare Strasburgo l’amministratore delegato di Tik Tok per rispondere a domande sul ruolo della piattaforma nelle elezioni presidenziali rumene di domenica scorsa. Georgescu sembra infatti averne sfruttato al meglio le potenzialità: parla in modo semplice, evita l’ortodossia occidentale, è osteggiato dai media tradizionali ed è scettico su UE e NATO. Un po’ Meloni, un po’ Le Pen, ma internazionalmente su fronte opposto.
E quindi fioccano le allusioni sul ruolo “oscuro” (e non definito) di una possibile influenza russa. “Il risultato di questo candidato silenzioso ma estremista e filo-russo fa parte della guerra ibrida della Russia contro la democrazia europea,” ha detto Siegfried Mureșan, eurodeputato conservatore rumeno, parecchio deluso dai risultati elettorali.
Il PPE, il gruppo politico più grande dell’UE, quello di von der Leyen, ha ricordato di avere la responsabilità di “agire non solo contro gli estremismi, ma anche a sostegno di una grande e solida coalizione centrista.” Un caso da manuale di interferenza negli affari interni di un paese membro, a “a fin di bene”…
Non tutti, tuttavia, sono convinti che Georgescu diventerà il prossimo leader della Romania. Traian Băsescu, presidente della Romania dal 2004 al 2014, ha detto di non credere che Georgescu prevarrà al secondo turno e che, in generale, i rumeni rimangono “molto positivi” verso l’UE e la NATO.
Ma ha avvertito che gli elettori rumeni sono “molto arrabbiati” per il ritorno della corruzione nel paese e per il fatto che il sistema giudiziario sia di nuovo “sotto il controllo politico” (ma se pro-Nato non fa troppo scandalo, dalle nostre parti…).
“Quello che i due partiti [nella coalizione di governo] hanno fatto negli ultimi due anni è un disastro,” ha dichiarato, riferendosi al Partito Socialdemocratico e al Partito Nazionale Liberale. “Sospetto che perderanno potere.“
Un commento che illumina la situazione tragica di molti paesi europei, dove le popolazioni vengono strangolate nella morsa dell’”austerità” (e quelle dell’est con più forza, vista l’estrema debolezza delle loro economie e il livello infimo dei salari). Hanno subito per anni il peggioramento delle condizioni di vita sotto governi “europeisti” che si presentavano solo per questo come “progressisti”, e dunque si rivolgono – per assenza di alternative – a formazioni improbabili di estrema destra.
Dalla padella alla brace, con la speranza di non entrare in guerra, almeno…
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