I media internazionali stanno veicolando notizie sulle condizioni favorevoli per la conclusione di un accordo anche a Gaza per uno scambio di prigionieri che porterebbe a un accordo di cessate il fuoco.
Il Wall Street Journal, Israel Channel 12, Israel Hayom, Al-Araby Al-Jadeed, hanno fatto circolare i dettagli di un accordo di “tregua temporanea” a Gaza tra il movimento Hamas e la parte israeliana con l’obbiettivo di fermare le operazioni militari e ad aprire la strada ai negoziati politici. Anche in questo caso la tempistica sembra indicare di voler “fermare il conflitto” fino a gennaio, quando alla Casa Bianca si insedierà Trump.
In Israele la politica ha applaudito alla promessa di Donald Trump, secondo cui ci sarà un “inferno da pagare” in Medio Oriente se gli ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza non verranno rilasciati prima della sua entrata in carica il 20 gennaio. In un post sul social Truth, Trump ha detto che gli ostaggi devono essere liberati entro la data del suo insediamento come presidente. Ha affermato che se la sua richiesta non sarà soddisfatta, “i responsabili saranno colpiti più duramente di quanto sia mai stato fatto nella lunga e gloriosa storia degli Stati Uniti d’America”.
Qui di seguito sono riportate quelle che vengono indicate come le disposizioni più importanti dell’accordo di tregua su Gaza:
1. Durata della tregua:
•È stata concordata una tregua temporanea della durata di 42 giorni. (12 giorni poi 30 giorni)
2. Obiettivi della tregua:
•Scambio di ostaggi e prigionieri tra le due parti.
•Aprire i negoziati per porre fine alla guerra in modo globale.
•Accordo sul ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza.
3. Amministrazione della Striscia di Gaza durante la tregua:
•La responsabilità della gestione della Striscia di Gaza sarà affidata al Comitato di sostegno comunitario, che sarà composto da 15 a 25 individui indipendenti.
•Il comitato sarà sotto la supervisione dell’Autorità Nazionale Palestinese a Ramallah e riferirà amministrativamente al governo di Ramallah.
4. Riapertura del valico di Rafah:
•Il valico di Rafah sarà aperto eccezionalmente durante il periodo di tregua.
•La gestione del valico sarà sotto la supervisione dell’Autorità Nazionale Palestinese fino al raggiungimento degli accordi definitivi.
5. Passaggi successivi alla tregua:
* Consegna dell’intera amministrazione della Striscia di Gaza all’Autorità Nazionale Palestinese.
•Avvio delle operazioni di ricostruzione.
•Organizzare la situazione interna per garantire la stabilità politica e di sicurezza nella Striscia di Gaza.
6. Il ruolo dell’Autorità Nazionale Palestinese:
•L’Autorità Palestinese assumerà la supervisione ufficiale di tutte le operazioni amministrative, di sicurezza ed economiche durante il periodo di tregua e oltre.
Note aggiuntive:
•L’accordo apre la strada alla discussione di accordi politici a lungo termine volti a porre fine al conflitto tra le due parti.
•I negoziati sono ancora in corso per garantire che gli obiettivi della tregua siano raggiunti e pienamente attuati.
Fonti di stampa al Cairo affermano che Hamas avrebbe accettato l’offerta americano-israeliana, con la mediazione egiziana, di un cessate il fuoco di 12 giorni in cambio del rilascio di 4 ostaggi, seguito da una tregua di 30 giorni per il rilascio di altri 12 ostaggi, con negoziazione di un cessate il fuoco globale e di uno scambio di prigionieri con le garanzie americane.
Intanto le organizzazioni palestinesi Al Fatah e Hamas hanno concordato l’istituzione di un comitato congiunto per la futura gestione della Striscia di Gaza, dopo una proposta arrivata sul tavolo con la mediazione dell’Egitto.
Secondo Haaretz l’accordo è arrivato nei colloqui al Cairo che si sono conclusi lunedi e prevede che questo comitato si occupi degli aiuti umanitari, della loro distribuzione, dell’amministrazione civile di Gaza e della supervisione della ricostruzione della Striscia e del valico di Rafah, al confine tra l’enclave palestinese e l’Egitto.
Il documento siglato dall’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) e Hamas avrebbe stabilito sei impegni in gran parte progettati per unire la Cisgiordania e Gaza sotto un’unica entità politica. Insieme sarebbero responsabili della supervisione dei servizi sanitari ed economici nonché nel settore agricolo e nelle infrastrutture vitali.
Al momento non c’è stata alcuna reazione ufficiale da parte di Israele – sottolinea il quotidiano Times of Israel – che, però, potrebbe respingere la formulazione dell’accordo. In effetti, Israele rifiuta qualsiasi ruolo di Hamas a Gaza dopo la fine del conflitto e ha affermato di non fidarsi nemmeno dell’Autorità palestinese di Mahmoud Abbas per gestire l’enclave.
Il comitato congiunto palestinese sarà composto, secondo la stampa araba, da dieci, quindici persone, tra cui tecnici e personalità indipendenti.
Il giornale Al-Araby Al-Jadeed scrive di avere una copia del documento concordato al Cairo con l’accordo per la costituzione del comitato, composto da palestinesi, per il dopoguerra a Gaza.
Ma questa prospettiva deve fare i conti con la realtà sul campo e la presenza militare israeliana che non sembra indicare un cambiamento di strategia. Israele sta infatti ampliando sua presenza nella zona centrale di Gaza, fortificando basi militari e demolendo edifici palestinesi.
Con l’abbattimento degli edifici e la costruzione di nuove basi intorno al corridoio di Netzarim, che divide in due la Striscia di Gaza, quest’ultimo è stato allargato da 6 a 46 chilometri quadrati controllati dai militari israeliani.
In Israele hanno intanto scatenato reazioni e violente polemiche le dichiarazioni rilasciate sabato scorso a Democracy tv dell’ex ministro della difesa ed ex capo di stato maggiore Moshe Yaalon, secondo il quale Israele ha portato avanti una “pulizia etnica” nel nord della Striscia di Gaza, ed ha anche respinto la definizione dell’ Idf come “esercito più morale del mondo” a causa “dell’interferenza dei politici, che stanno corrompendo l’esercito”.
Yaalon, in una nuova intervista a Channel 12 due giorni fa, ha detto che non si scuserà per i suoi commenti e anzi ha rincarato la dose: “la mia valutazione di pulizia etnica è accurata, dato che i ministri del governo parlano di come la Striscia sarà ripulita dagli arabi”. Il Likud è insorto contro l’ex generale accusandolo di aver perso da tempo la bussola, e affermando che le sue parole sono “un regalo alla Corte penale internazionale dell’ Aja e agli anti-israeliani”.
In Libano salta il cessate il fuoco: Israele: “La guerra non è finita”
Ma la guerra in Medio Oriente sembra ancora aperta anche in Libano oltre che ad essere nuovamente deflagrata in Siria.
Il ministero della Sanità libanese ha infatti reso noto che i raid israeliani di questa notte su sei villaggi del sud hanno causato almeno nove morti, segnando la violazione della tregua tra Israele e Hezbollah.
Secondo il primo bilancio dei raid israeliani di stanotte in Libano, nel villaggio di Haris si registrano cinque morti e due feriti, mentre a Tallousa si contano altre quattro vittime e un ferito, come riportato in un comunicato.
Le forze militari israeliane affermano di aver lanciato l’ondata di raid aerei in Libano dopo che Hezbollah ha sparato nella zona del Monte Dov, per la prima volta da quando è entrata in vigore la tregua. Ma già nei giorni scorsi i militari israeliani avevano più volte rotto il cessate il fuoco.
“Attualmente siamo in un cessate il fuoco, sottolineo, un cessate il fuoco, non è la fine della guerra“, ha dichiarato il primo ministro israeliano Netanyahu. A chiarire ulteriormente lo stato delle cose è intervenuto anche il ministro israeliano della Difesa, Israel Katz secondo il quale “Se l’esercito libanese non farà rispettare la propria parte dell’accordo di cessate il fuoco si ritornerà in guerra e Israele si spingerà più a fondo in Libano. Non ci sarà più un’esenzione per lo Stato del Libano. Applicheremo l’accordo con la massima risposta e tolleranza zero. Se fino a ora abbiamo separato il Libano e Hezbollah, non sarà più così”, ha annunciato il ministro israeliano.
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