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Le mire di Trump sul Canale di Panama

Seppur non ancora insediatosi alla Casa Bianca, già fanno discutere in America Latina le dichiarazioni di Trump rilasciate in pieno periodo natalizio.

Con una sequenza di post, infatti, pubblicati sul proprio social media, Truth, il nuovo successore di Biden alla presidenza Usa, ha attaccato le autorità panamensi, ree di imporre “tariffe ridicole e ingiustificate” agli Stati Uniti e ha avvertito che la Cina sta assumendo un ruolo sempre più influente nell’area, dichiarando che una volta tornato alla Casa Bianca farà di tutto per riprendere il controllo dello strategico passaggio.

Toni minacciosi e consoni allo stile a cui abituato il mondo in tutti questi anni, hanno anche accompagnato la sua designazione di quello che sarà l’ambasciatore statunitense a Panama: “Sono lieto di annunciare – ha scritto su Truth – che Kevin Marino Cabrera servirà come ambasciatore degli Stati Uniti presso la Repubblica di Panama, un Paese che ci sta fregando sul Canale di Panama, ben oltre i loro sogni più sfrenati”.

Quello lanciato da Trump è un chiaro e gratuito attacco alla sovranità di Panama e di fatti non è tardata ad arrivare la replica delle autorità ufficiali panamensi: “Ogni metro quadrato del Canale appartiene a Panama e continuerà ad esserlo” ha risposto il presidente panamense, José Raúl Mulino.

Ci uniamo nell’affermare che la sovranità del nostro Paese e del Canale non sono negoziabili“, hanno poi ribadito tre ex presidenti di Panama in una dichiarazione congiunta dopo i commenti di Trump che appunto in sostanza chiedeva la restituzione del Canale.

In un incontro tenutosi proprio con il presidente della Repubblica, José Raúl Mulino, nel Palacio de las Garzas, gli ex governatori Ernesto Pérez Balladares (1994-1999), Mireya Moscoso (1999-2004) e Martín Torrijos (2004-2009) con una dichiarazione firmata hanno sottolineato che “la sovranità e l’indipendenza del Paese fanno parte della storia della lotta e della conquista irreversibile di Panama”.

“Il nostro Canale ha la missione di servire l’umanità e il suo commercio. Questo è uno dei grandi valori che noi panamensi offriamo al mondo, garantendo alla comunità internazionale di non prendere parte o essere parte attiva in nessun conflitto”, si legge nella lettera.

ll Canale è ovviamente fondamentale per l’economia statale (n.d.a vi transitano migliaia tra portacontainer, petroliere e navi militari ogni anno), generando circa un quinto delle entrate annuali di Panama.

Lo strategico punto di attraversamento, che collega gli oceani Pacifico e Atlantico, è stato realizzato dagli Usa durante l’amministrazione Roosevelt e terminato poi nel 1914: dopo una lunga e travagliata storia nel 1977 l’allora presidente americano Jimmy Carter negoziò i trattati Torrijos-Carter, per il passaggio di controllo alle autorità di Panama, e quello di neutralità della striscia d’acqua.

Nel 31 dicembre 1999 gli Stati Uniti d’America hanno restituito definitivamente ai panamensi la gestione del canale.

Per comprenderne la rilevanza basti pensare che attualmente circa il 5% del traffico marittimo mondiale vi passa attraverso, permettendo alle navi che viaggiano soprattutto tra l’Asia e la costa est degli Stati Uniti di evitare di dover enormemente allungare la traversata e circumnavigare l’America meridionale: proprio gli Stati Uniti sono il principale utente del Canale in termini di tonnellate di merci movimentate , con oltre 160,12 milioni di tonnellate nell’anno fiscale 2024, che rappresentano il 74,7% delle merci totali transitate su questa rotta.

In risposta a Trump, la Cina, peraltro tirata in ballo e seconda utilizzatrice del Canale, tramite la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha dichiarato in una conferenza stampa a Pechino che il suo Paese ha sempre rispettato la giusta lotta del popolo panamense per la sovranità sulle vie di trasporto e ha ricordato che “negli anni ’60 ebbero luogo manifestazioni su larga scala per mostrare un forte sostegno al popolo di Panama” e … che “rispetterà sempre la sovranità del Paese centroamericano su di esso

Ma cosa si cela dietro le reali intenzioni di Trump si chiedono media e analisti?

Secondo il giornalista e scrittore argentino Andrés Oppenheimer, editorialista del Nuevo Herald, una possibile spiegazione è che Trump utilizzi le minacce come tattica di negoziazione costante con altri paesi.

Non è la prima volta che il neoeletto presidente repubblicano ha uscite e lanci dichiarazioni controverse: nelle ultime settimane ha parlato della possibile annessione del Canada come 51esimo Stato degli Stati Uniti e dell’acquisto della Groenlandia.

Il giornalista rimarca come non sembri esserci molto da negoziare con Panama. Secondo lui, il più grande punto di attrito tra i due paesi attualmente è il flusso di migranti attraverso la giungla del Darién. Quest’anno, secondo i dati ufficiali panamensi, circa 300.000 migranti hanno attraversato quella regione diretti negli Stati Uniti.

I demagoghi populisti spesso tirano fuori costantemente conflitti con nemici reali o immaginari per avvolgersi nella bandiera e presentarsi come salvatori del Paese”. “Secondo questa scuola di pensiero Trump non fa eccezione alla regola”, conclude il giornalista.

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