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La corsa di Musk può sfiancare l’America

Quando i reazionari prendono le leve del potere, sostituendo i conservatori che giochicchiavano parlando di sé come “progressisti”, abbiamo quelle classiche situazioni da “dieci giorni che sorpresero i cretini” (piuttosto diversi da quelli che “sconvolsero il mondo” oltre 100 anni fa).

Abituati ad un mondo “basato sulle regole”, tutti – anche gli analisti più di sinistra o “antagonisti” – fanno fatica a cogliere quel che sta avvenendo al vertice degli States, e quindi nella “sala operativa” da cui nel bene o nel male dipende il corso del mondo.

Avvertenza: mondo “basato sulle regole” non significa affatto – come continuano a pensare i conservatori – che quelle regole fossero “buone”, “etiche”, “efficaci” o condivisibili. Significa solo che c’era un quadro di regole abbastanza fisso entro cui tutti, anche i rivoluzionari e gli antagonisti, si muovevano con relativa certezza, fissando obiettivi di medio o lungo periodo, iniziative di lotta o di semplice gestione, ecc.

Quelle regole stanno saltando e con esse l’impianto generale delle “attese razionali”, sia nelle dinamiche interne agli Usa che, a maggior ragione, nelle relazioni internazionali. E’ infatti in corso un blitz a carro armato da parte dei “trumpiani tecnologicicontro il cuore stesso dell’amministrazione Usa.

Un blitz che impone un’altra “cultura di governo” e che ha come caratteristiche fondamentali: la determinazione di una linea di “riforma” al di fuori di qualsiasi dibattito politico-istituzionale e l’esecuzione degli ordini affidata a “tecnici” dipendenti da privati, che però modificano il funzionamento della “cosa pubblica”.

Avevamo colto il punto di attacco di questo blitz pochi giorni fa, quando per la prima volta nella storia di uno Stato occidentale “liberale” l’intero sistema dei pagamenti pubblici – dalle pensioni ai finanziamenti per le “majdan” nel mondo –  è stato messo nelle mani di un imprenditore privato che assume anche un ruolo pubblico. Elon Musk – che non può evidentemente fare tutto da solo – ha così subito mandato le sue squadre di “nerd” (giovanissimi ingegneri informatici di primo livello, certo, ma a sua totale disposizione) a prendere possesso della macchina e cominciare a modificarla. Radicalmente.

Abbiamo visto anche come ne sia risultata sconvolta una delle iniziative di più lungo periodo dell’imperialismo Usa – la famigerata e criminale USAID, che distribuisce da decenni gli “aiuti” statunitensi a Ong e gruppi controrivoluzionari o “progressisti” in tutto il mondo. Ovviamente non in vista di un ripensamento del suo ruolo killer, ma per preparare qualcosa di più “moderno”.

Come ogni cambiamento radicale, però, ogni mossa crea problemi, richiede soluzioni, colpisce interessi consolidati, provoca malfunzionamenti (almeno temporanei), brucia carriere e distrugge istituzioni. Destabilizza ogni automatismo, che è poi ciò su cui si regge il potere di uno Stato.

E quindi. Musk e i suoi alleati hanno ottenuto l’accesso ai sistemi di pagamento del Dipartimento del Tesoro e hanno assunto un controllo dell’Ufficio di Gestione del Personale (OPM) tale da poter inviare un’email di massa ai dipendenti federali offrendo incentivi per il pensionamento anticipato. Qualcosa del genere sta avvenendo anche ai dati sui prestiti studenteschi (come si vede, non c’è ambito pubblico che possa stare “sereno”).

L’effetto complessivo è stato trasformare quelli che una volta sembravano semplici sistemi informatici federali in un bulldozer anche ideologico, usato per eliminare programmi ritenuti – a quanto pare da Musk – inutili o eccessivamente “woke”. Il problema evidente è che la “linea di condotta” su un terreno come questo, eminentemente politico ma con risvolti anche etici, che riguarda tutti i 340 milioni di statunitensi, viene in questo modo decisa da un singolo individuo (o da una cerchia ristrettissima) che impone la propria ideologia (come i propri interessi finanziari, quando affronta altri comparti) senza alcun confronto. Ipse dixit… et fecit.

L’approccio di Musk – rivelano funzionari interni che ormai stanno saturando di informazioni e indiscrezioni tutti i media possibili – sta rivelando quanto il funzionamento quotidiano del governo dipenda da sistemi tecnologici che, in teoria, possono essere attivati o disattivati con un semplice clic. Sta anche testando i limiti del potere che un singolo funzionario può esercitare se ha l’approvazione della Casa Bianca per prendere il controllo di questi sistemi.

Ann Lewis, ex direttrice dei Servizi di Trasformazione Tecnologica (TTS) presso l’Amministrazione dei Servizi Generali (GSA), ha spiegato a POLITICO che la scelta di Musk di “Andare dove si concentra la maggior parte dei dati delle transazioni governative, sembra una mossa molto strategica“. Se non sai non puoi fare nulla, se hai i dati puoi fare tutto senza sentire nessuno. Una rapina colossale basata sui datacenter pubblici, la più gigantesca delle truffe informatiche…

A prima vista, nella narrazione ufficiale, gli obiettivi di Musk sembrano allinearsi con quelli di generazioni di “riformatori del buon governo”, che  da tempo immaginano di rinnovare i complessi processi di assunzione e appalti federali accumulatisi nel corso di decenni: tagliare la spesa inutile, ridurre il debito pubblico, eliminare un bel po’ di privilegi e sinecure, ecc. Basta pensare i aprimi “grillini” per farsene un’idea…

Questo rientra anche, almeno sulla carta, nella missione del DOGE, il nuovo dipartimento creato da e affidato a Musk: “attuare l’Agenda DOGE del Presidente, modernizzando la tecnologia e il software federali per massimizzare l’efficienza e la produttività del governo“.

Molti esperti di governance e funzionari di alto livello hanno però accolto il lancio di DOGE con allarme, se non con orrore.

L’ufficio, come detto, sta utilizzando il suo accesso ai dati federali per identificare e smantellare una marea di programmi federali, tra cui anche quelli relativi alla diversità, equità e inclusione (DEI), portando avanti un’agenda ideologica che non c’entra nulla con gli obiettivi dichiarati di produttività ed efficienza.

Ma ci sono anche serie preoccupazioni in materia di sicurezza informatica riguardo alle modalità operative dei suoi team. Una delle prime cause legali mosse contro il DOGE sostiene che un “omino” di Musk abbia installato un server di posta elettronica privato presso l’OPM per inviare email di massa direttamente ai dipendenti pubblici.

La portavoce di Musk, Katie Miller, ha reagito secondo lo stile che ormai accomuna tutta l’ultradestra occidentale (fino a Milei e Meloni): “Non c’è nulla di illegale e nessun server, solo altre fandonie inventate da burocrati di carriera disinformati che probabilmente lavorano da remoto”. Segno che il “defenestramento dei burocrati” è in pieno svolgimento…

L’impressione di chi conosce meglio la macchina amministrativa è che Musk stia creando le condizioni per espandere ulteriormente il suo potere digitale prendendo direttamente possesso della “burocrazia”, con le “squadrette di ingeneri operativi”, piuttosto che provare ad ottenere nomine di alto profilo, ancora soggette a controllo pubblico. La “pratica dell’obiettivo”, si sarebbe detto nel movimento 50 anni fa…

Il pericolo, da punto di vista di uno “Stato liberale”, è che in questo modo il team del supermiliardario sudafricano potrebbe presto avere il potere di accedere direttamente al codice dei sistemi federali. “Non c’è alcun buon motivo per cui dovrebbero essere in grado di modificare direttamente il codice, interrompere o alterare i pagamenti e ignorare i controlli di base“, ha dichiarato Robert Gordon, ex assistente del presidente Joe Biden proveniente da quegli uffici. Ma sono quasi in grado di farlo…

La fusione tra il processo decisionale politico di Musk e il potere amministrativo effettivo è, del resto, la massima espressione della “mentalità Silicon Valley” che definisce il Trump 2.0. O come ripete adesso Musk, “Abbiamo sempre detto che potremmo gestire il governo in modo più efficiente del governo stesso, e ora lo faremo, fregandocene delle normative esistenti o dell’autorità costituzionale“.

L’idea strategica è in fondo semplice: ristrutturare completamente lo Stato federale Usa per renderlo più “snello”, verticale, efficiente, dal costo immensamente minore. E anche molto più aderente agli interessi di una élite molto ristretta di tecno-miliardari e finanzieri.

Per far questo “la democrazia” è un impiccio. Ogni passaggio istituzionale una perdita di tempo. Ogni bilanciamento di interessi sociali diversi un “complotto di chi rema contro”. Chiunque sia.

Ma anche se nessuno si opponesse, il problema dei tempi e dell’efficacia è enorme. Musk e Trump vogliono evidentemente andare di corsa, “creare una nuova situazione” prima che il complesso dell’America se ne renda completamente conto e possa reagire anche male.

Così facendo, però, rischiano di inceppare un milione di meccanismi che fin qui hanno garantito – ad un costo elefantiaco, certo… – la macchina da guerra (militare, ideologica, propagandistica, diplomatica, ecc) statunitense.

E corrono questo rischio doppiamente, perché – allo stesso tempo – stanno cercando di imporre al mondo una sterzata molto brusca nella gestione degli affari internazionali, senza neanche provare a cercare consenso tra alleati sconvolti.

Dazi per tutti, Panama, Groenlandia, “la riviera di Gaza” – massima espressione di cosa può arrivare a pensare un suprematismo razzista che ha superato il nazismo storico “reintegrando gli ebrei” nel novero dell’”uomo bianco” – le minacce alla Cina e all’Iran, ecc, se dovessero diventare impegni operativi anziché sparate per “fare pressione”, richiederebbero una macchina funzionante al decimillimetro e già pronta.

Mentre, per quanto possano correre i “nerd” pilotati da Musk, i cantieri aperti all’interno di quella macchina non possono che rallentarne momentaneamente il funzionamento. Ci vuole comunque del tempo per verificare nuovi meccanismi, testarne l’efficacia, esplorare gli imprevisti (anche i missili di Musk esplodono sulla pista, no?), fare i conti con gli esseri umani (che non reagiscono come i bit)…

Ed è difficile fare il Gran Premio, se la macchina non parte…

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1 Commento


  • Maurizio

    blast the Musk

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