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Libano. Israele rinvia ancora il ritiro delle truppe. Domenica i funerali ufficiali di Nasrallah

Il nuovo leader di Hezbollah, Sheikh Naim Qassem, ha lanciato un appello per una vasta partecipazione al funerale di Nasrallah Naïm Kassem e di Hachem Safieddine previsti per domenica 23 febbraio. “I funerali saranno eccezionali, degni di queste due figure eccezionali. Chiediamo di non sparare in aria e di non comportarsi in modo da compromettere l’evento. Saranno presenti personalità di alto rango provenienti dai paesi arabi e musulmani e di tutte le fedi”, ha aggiunto Qassem.

Il segretario generale di Hezbollah, lo sceicco Naim Qassem, ha tenuto ieri un discorso televisivo affermando che la resistenza islamica persisterà, incrollabile nel suo percorso e nelle sue convinzioni, sottolineando che “l’intervento straniero porta alla sottomissione, all’umiliazione e alla solidificazione dell’occupazione israeliana”. Ha anche annunciato che il corteo funebre di Sayyed Hasan Nasrallah, si svolgerà domenica 23 febbraio, sottolineando che servirà come un rinnovato impegno a sostenere il percorso della resistenza”.

Il leader di Hezbollah ha dichiarato che le forze israeliane devono ritirarsi completamente dal territorio libanese entro il 18 febbraio, insistendo sul fatto che Israele non ha “alcun pretesto” per mantenere una presenza militare nel sud del Libano.

Si segnala intanto che un raid israeliano su un veicolo a Saida, nel sud del Libano, ha preso di mira un leader di Hamas. Una fonte della sicurezza libanese ha detto ad Al Jazeera che l’obiettivo del raid israeliano sulla città di Sidone era Mohammed Shaheen, un quadro di Hamas.

In Libano Israele continua a frapporre ostacoli al proprio ritiro militare dal paese previsto e già rinviato entro il 18 febbraio. Il governo libanese ha respinto la proposta israeliana di mantenere una presenza militare in cinque postazioni strategiche lungo il confine, una richiesta sostenuta anche dalla nuova amministrazione statunitense. Il presidente del Parlamento libanese, Nabih Berri, ha comunicato l’“assoluto rifiuto” del governo libanese dopo un incontro con l’ambasciatrice americana Lisa Johnson e il generale Jasper Jeffers, ribadendo che la sovranità del Libano non è negoziabile.

Il cessate il fuoco raggiunto siglato lo scorso 27 novembre, ha posto fine a oltre un anno di scontri e combattimenti sul confine tra Israele e Libano.  L’accordo prevedeva il dispiegamento dell’esercito libanese e dei peacekeeper dell’ONU nel Sud del Paese, in parallelo al ritiro delle forze israeliane, inizialmente previsto per il 26 gennaio e già prorogato fino al 18 febbraio. Israele, tuttavia, insiste sulla necessità di mantenere il controllo su cinque colline strategiche – Jabal Blat, Labouneh, Aziziyah, Awida e Hamames – per monitorare eventuali tentativi di Hezbollah di riorganizzarsi nell’area.

L’esercito israeliano ha continuato le operazioni lungo il confine, installando barriere di cemento e impedendo ai residenti libanesi di rientrare nelle aree evacuate. Ci sono stati scontri e un cittadino libanese è stato ucciso dai soldati israeliani alla fine di gennaio. Anche ieri una donna risulta essere stata uccisa e altre due persone ferite dai soldati israeliani nel villaggio di Houla dove i residenti sono riusciti e rientrare dopo aver aggirato i posti di blocco israeliani.

Gli attacchi israeliani contro città e villaggi nel sud del Libano stanno impedendo a decine di migliaia di sfollati di tornare a casa, riferisce Human Rights Watch (HRW). “La deliberata demolizione da parte di Israele di case e infrastrutture civili e l’uso di armi esplosive nelle aree popolate stanno rendendo impossibile per molti residenti tornare ai loro villaggi e alle loro case”, ha detto Ramzi Kaiss, ricercatore di HRW in Libano.

Kaiss ha aggiunto che anche se alcune case rimangono in piedi, la mancanza di servizi essenziali – acqua, elettricità, telecomunicazioni e assistenza sanitaria – rende il loro ritorno impraticabile. I ricercatori di HRW hanno documentato distruzioni diffuse, tra cui un attacco israeliano a una stazione di filtraggio e pompaggio dell’acqua a Tiro il 18 novembre, che ha interrotto l’accesso all’acqua per circa 72.000 persone.

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