A cinque giorni dai fatti, rileviamo il ritardo con cui i media nazionali stanno informando il pubblico circa le inquietanti notizie che provengono da Savona, notizie a cui si sarebbe dovuta dare precedenza e spazio per gravità e conseguenze possibili.
I fatti sono accaduti nella notte tra venerdì 14 e sabato 15, a poche centinaia di metri dal porto di Vado Ligure (Savona), dove era ed è tuttora ormeggiata la petroliera «Seajewel»: l’equipaggio è stato svegliato da due forti esplosioni, che hanno squarciato la fiancata sotto la linea di galleggiamento, con ingresso di acqua nelle paratie.
Le operazioni di scarico in corso sono state sospese, ma fortunatamente non si è verificato alcun sversamento di greggio in mare, né è stata compromessa la sicurezza della nave.
Come si sono mosse le autorità? Hanno cercato di silenziare il più possibile la natura e l’entità di quel che è con grande evidenza un attentato terroristico ai danni di una petroliera con una portata lorda di 109.000 tonnellate di greggio. La costatazione delle lamiere ripiegate verso l’interno della nave, e di una moria di pesci localizzata, hanno fugato ogni dubbio circa la matrice terroristica: sono state utilizzate certamente cariche esplosive collocate dall’esterno, provavilmente tramite gommoni o barche.
Invece, lunedì 17 la Capitaneria di porto di Savona ha emesso un comunicato «al fine di sgombrare il campo da alcune notizie prive di fondamento che si sono diffuse nella giornata di oggi», in cui riferisce di «alcune anomalie – da accertare – nelle procedure di discarica» a bordo della nave; per cui erano in corso «accertamenti tecnici a bordo dell’unità in questione volti a verificare l’origine di tali anomalie e ad eliminare le stesse per il prosieguo delle operazioni in sicurezza».
La stampa nazionale sinora non si è occupata del caso, con eccezione in data di ieri (18 febbraio) de La Stampa (a p. 16, con il titolo “Attacco alla petroliera”), del Secolo XIX (con articoli pp. 2 e 3 preceduti dall’occhiello “Paura a Savona”) e dell’inserto Genova de La Repubblica (“Savona, ordigno su una petroliera, indaga l’antiterrorismo”).
Il resto dei maggiori quotidiani ha ignorato la notizia, peraltro non più soffocabile dopo la pubblicazione sull’Ukrainska Pravda del 17 febbraio di un articolo di chiara rivendicazione, per quanto indiretta, intitolato “Ship violating sanctions by transporting Russian oil to Europe struck by explosion in Italy”.
Non abbiamo trovato la «Seajewel» nella lista delle navi sanzionate per aver trasportato il petrolio russo embargato. La nave è stata invece filmata nel porto di Constantsa (Romania) in un servizio postato un paio di mesi fa su youtube dalla stessa Ukrainska Pravda, e indicata come appartenente alla flotta fantasma che contrabbanda petrolio per conto dei russi (vedi minuto 9.29″ del video).
Mentre scriviamo (19 febbraio, ore 12) stiamo constatando che la notizia comincia a rimbalzare in internet. Immaginiamo l’imbarazzo governativo: il ‘nostro alleato’ ucraino ci ha spedito un pesante avvertimento, in un momento in cui gli Stati Uniti sembrano uscire bruscamente dalla guerra per procura contro la Russia, e l’Europa è divisa su ogni cosa, tranne apparentemente a gonfiare gli ordini dell’industria delle armi.
Il caso «Seajewel» assomiglia in modo impressionante, anche per il timing, a quello del ‘bombardamento’ del gasdotto Nord Stream 2, le cui conseguenze disastrose per la pace e la sicurezza economica stiamo ancora valutando per difetto. Se non si è tramutato in un eco-disastro proprio davanti al santuario marino di Bergeggi può essere stato un caso o un calcolo.
Grazie al lavoro dei giornalisti locali abbiamo saputo che già nella giornata di domenica si erano effettuati controlli in mare con sommozzatori «arrivati da La Spezia» (IGV.it, giornale online ligure, 17.2.2025), con tutta probabilità degli specialisti del gruppo operativo subacquei del Comsubin della Marina militare.
Del resto, sempre lunedì 17 la Procura di Savona ha formalmente incaricato il corpo dei subacquei della Marina delle indagini circa gli ordigni esplosi, e il giorno dopo (Ansa/Regione Liguria, 18.2.2025) dagli ambienti militari si faceva trapelare che l’esplosivo utilizzato potesse essere di tipo militare come Rdx o Hdx, impiegabili in acqua.
Sin dai primi passi, gli inquirenti hanno avanzato l’ipotesi di una finalità mafiosa, nel qual caso l’inchiesta passerebbe alla Direzione distrettuale antimafia di Genova.
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Maurizio
ma adesso tutti i lupi. ex combattenti ucraini che si riverseranno in Europa chi li ferma?