Lo scorso 30 maggio, durante la votazione della riforma della legislazione penale promossa in Repubblica Ceca, la Camera dei Deputati ha dato via libera a un emendamento che rende illegali qualsiasi sostegno e promozione del movimento comunista. Una stretta autoritaria e repressiva che mostra la farsa della democrazia e dei valori propagandati dalla UE.
La riforma prevede fino a 10 anni di carcere, una pena gravissima che è resa ancora più grave dal fatto che il suo dettato rimane piuttosto vago, permettendo di usarla come una clava contro qualsiasi espressione di dissenso caratterizzata dal rimando ai riferimenti comunisti e indirizzata anche verso l’emancipazione delle fasce popolari. Ora dovrà passare al Senato ed essere firmata dal presidente ceco, prima di entrare in vigore.
Sembra però un’ipotesi abbastanza plausibile, considerato che il governo mantiene la maggioranza anche nell’altra camera del Parlamento, e che il presidente è Petr Pavel, un ex militare di tendenze conservatrici. L’obiettivo non dichiarato, ma molto evidente, della riforma penale ceca è il Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM).
Si tratta di una formazione politica che ha vissuto alti e bassi, ma che sul finire del 2023 è riuscita a raccogliere intorno a sé altri partiti e personalità indipendenti nella coalizione “Stačilo!“, che significa “Basta!“. La coalizione si è poi presentata alle europee, ottenendo quasi il 10% dei voti, seppur su un’affluenza di appena il 35%. Ciò ha comunque portato all’elezione di due parlamentari, uno direttamente del KSCM.
“Basta!” si è ripresentata anche alle successive elezioni regionali, totalizzando oltre il 6% e raccogliendo una quarantina di seggi sui quasi 700 disponibili. Non un risultato straordinario, ma di certo una tenuta che sarebbe stata usata per rilanciare la coalizione verso le elezioni parlamentari del 3-4 ottobre prossimi. I vertici politici hanno preferito dunque risolvere la questione in punta di diritto.
Alla formazione della coalizione, la leader del KSCM aveva affermato che l’obiettivo era quello di “unire partiti e movimenti di sinistra e patriottici che non sono indifferenti alla posizione della Repubblica Ceca nell’Unione Europea, alla pratica della censura, allo spreco di denaro in armi o alle politiche sociali inefficaci che portano a differenze spaventose nel salario minimo all’interno dell’UE“.
La particolarità degli interessi che si sono incontrati in questa alleanza l’hanno portata a prendere posizione contro il divieto di vendita di auto a combustione in UE. Ma sul lato dei temi sociali si è mostrata molto avanzata, e su quello della politica estera si è impegnata a bloccare qualsiasi aiuto militare all’Ucraina, nonché la revoca di tutte le sanzioni alla Russia e alla Bielorussia, e la riapertura dei rubinetti al gas russo.
Indirizzi che l’establishment unioneuropeista non può accettare, soprattutto se si pensa anche alla denuncia dello spreco di risorse nel riarmo, al posto dell’impegno in maggiori e più efficienti spese sociali. Per questo chi governa a Praga ha deciso di estirpare alla radice il problema, relegandolo l’opposizione alla guerra e allo sfruttamento in un atto criminale.
Una scelta del genere arriva nel pieno di una crisi di sistema che sta venendo dirottata dall’Occidente sempre più verso la spirale bellica. Con miliardi e miliardi investiti dalla UE per diventare una potenza geostrategica armata, e per far transitare il proprio sistema industriale verso un’economia di guerra, la stretta contro ogni fronte interno non farà che intensificarsi, insieme alla battaglia ideologica di un modello la cui egemonia è ormai scaduta.
Un tale provvedimento si pone sulla scia delle risoluzioni che il Parlamento Europeo ha approvato nel 2019 e nel 2025, con le quali ha deciso di equiparare nazismo e comunismo, e ha usato la guerra che muove alla Russia per interposta Ucraina e l’accusa di iniziative di disonformazione da parte di Mosca, per riscrivere la storia e affibiare all’Unione Sovietica la corresponsabilità della carneficina della Seconda guerra mondiale.
Come allora francesi e soprattutto britannici guardavano di buon occhio al fascismo e al nazismo, come armi da dirigere verso est contro i bolscevichi, oggi la UE è erede di quel progetto e promuove una guerra ideologica contro il ruolo centrale svolto dai movimenti comunisti nell’emancipazione dei popoli e nella sconfitta dei regimi nazifascisti. Cosa ancora più inaccettabile dato che quest’anno ricorrono anche gli 80 anni da quella vittoria.
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angelo
i fascisti NON vanno votati (leggi italia) altrimenti non mi sorprendo di queste uscite.