Mentre qui ci abituiamo a una crescente ondata repressiva verso le persone trans e le soggettività non conformi – tra censura, medicalizzazione forzata, violenze, criminalizzazione, assenza di servizi, precarietà e discriminazioni nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle strade – a Cuba viene approvata una riforma che riconosce legalmente l’identità di genere senza richiedere interventi chirurgici, diagnosi psichiatriche o autorizzazioni mediche.
Una legge che appare surreale per chi, come noi, vive in paesi che si definiscono progressisti e civili, ma che nei fatti attaccano ogni giorno le condizioni di vita, l’accesso ai diritti e ai servizi per le persone trans. Non si tratta di un cambiamento simbolico né di una mossa di rainbow washing o di marketing (come quelle per giustificare guerre o genocidi in nome dei diritti), come purtroppo siamo abituate e abituati a vedere, ma di una trasformazione reale e sostanziale.
È un passo avanti frutto della spinta del movimento LGBTQ+ cubano e del lavoro del CENESEX – Centro Nazionale per l’Educazione Sessuale, guidato da Mariela Castro –, così come della capacità di un governo socialista di accogliere le istanze che provengono da una società cubana in trasformazione. Un esempio che ancora una volta mostra la differenza abissale tra un sistema che mette al centro il profitto e gli interessi di poche e pochi, e uno che pone al centro il benessere collettivo e la dignità umana.
Da oggi, chiunque abbia compiuto 18 anni potrà accedere al cambio di nome e genere legale in modo libero e autodeterminato, senza doversi sottoporre ad alcun percorso di “normalizzazione” medica. Cuba rompe così con la logica patologizzante, umiliante e violenta che ancora domina i sistemi giuridici e sanitari di molti paesi occidentali.
Questa riforma non arriva dal nulla: è parte di un processo più ampio che ha visto momenti fondamentali, come l’approvazione del nuovo Codice delle Famiglie nel 2022, attraverso un percorso partecipativo e un referendum popolare. Il nuovo Codice ha legalizzato il matrimonio egualitario, riconosciuto la genitorialità condivisa, la gestazione solidale, i diritti delle famiglie queer e delle persone anziane, l’autonomia progressiva di bambine, bambini e adolescenti, il riconoscimento della violenza di genere, e ha ridefinito la famiglia come spazio di solidarietà e diritti.
In un mondo in cui avanzano governi reazionari che colpiscono sempre più duramente i diritti delle persone trans e queer – lo vediamo negli Stati Uniti, nell’Unione Europea, in Gran Bretagna o in Italia con il governo guidato da Giorgia Meloni – la scelta di Cuba rappresenta una lezione importante, ancora una volta rivoluzionaria.
Non è un caso che tutto ciò avvenga proprio lì, nonostante oltre 60 anni di bloqueo ed embargo da parte degli Stati Uniti che rendono sempre più difficile la vita delle cubane e dei cubani: perché Cuba rappresenta una società che costruisce diritti collettivi attraverso lo Stato, la partecipazione popolare e l’orizzonte dell’uguaglianza reale e sostanziale.
Mentre qui i diritti si comprano, si mercificano o si negano in nome dell’ordine sociale, Cuba dimostra che un’altra strada è possibile: un altro modello sociale, economico e politico, non solo auspicabile, ma necessario, perché diritti e tutele siano garantiti a chiunque e non siano un privilegio riservato solo a chi può permetterselo.
Questa è una vittoria non solo per il popolo cubano, ma una speranza per tutte le soggettività oppresse che, ovunque nel mondo, resistono! Viva Cuba!
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Oreste Pratichetti
Come sempre… Cuba è un esempio di libertà e inclusione, Hasta la Victoria Siempre!✊