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Nuova ondata di sanzioni USA all’Iran, toccano anche Russia e Cina

Il 30 luglio l’amministrazione statunitense ha deciso di imporre un nuovo pacchetto di sanzioni. Si tratta dell’iniziativa sanzionatoria più larga promossa da Trump sin dall’abbandono dell’accordo sul nucleare con Teheran durante il suo primo mandato. È lo stesso Dipartimento del Tesoro ad averla definita “la più ampia azione in relazione all’Iran dell’era Trump“.

L’obiettivo delle sanzioni è un sistema di 150 tra società, individui e imbarcazioni che sono considerate collegate a Mohammad Hossein Shamkhani, ovvero il figlio di Ali Shamkhani. Quest’ultimo è un ex comandante della Marina, e oggi è diventato uno dei consiglieri più vicini all’ayatollah Khamenei.

Il petrolio è al centro di questo pacchetto di sanzioni. La flotta di Shamkhani sarebbe formata da 40 petroliere, 22 portacontainer e diverse unità per il trasporto di prodotti raffinati e gas liquefatti. Attraverso di essa, la famiglia iraniana gestirebbe clandestinamente esportazioni per un valore di miliardi e miliardi di dollari.

Il Tesoro USA ha affermato che si tratta di un sistema che muove capitali tra Marshall Islands, Panama, Cipro ed Emirati Arabi Uniti, con società di comodo e passaporti falsi. In questo modo, gli Shamkhani sarebbero riusciti a nascondere la vera provenienza del petrolio, e a superare le limitazioni messe precedentemente.

Sotto la gestione di Shamkhani ci sarebbe anche ‘oro nero’ di provenienza russa. Il nuovo provvedimento sarebbe dunque volto a ridurre le potenzialità sia di Mosca sia di Teheran, mettendo sotto pressione anche i paradisi fiscali che danno copertura ai nemici di Washington (ovviamente, non ai suoi miliardari).

Va sottolineato che, 18 delle 22 portacontainer colpite dalle sanzioni appartengono a SeaLead, 13esima compagnia del settore di trasporto container, con il suo quartier generale a Singapore. Le misure della Casa Bianca affondano dunque nel cuore delle rotte marittime, e ciò si vede anche nelle ripercussioni sui porti cinesi.

Infatti, anche il terminal petrolifero di Zhoushan Jinrun è finito sotto le misure. Si tratta della quarta volta che un hub di ‘oro nero’ del Dragone viene colpito da sanzioni statunitensi, in quanto accusato di ricevere greggio iraniano attraverso un particolare sistema che è qui trattato più approfonditamente.

Mentre i vertici stelle-e-strisce hanno messo in guardia Pechino dal continuare ad acquistare petrolio russo, ricevendo la porta in faccia dai cinesi, appare perciò chiaro che questo nuovo pacchetto sanzionatorio assume una portata che va ben oltre l’Iran e lo stesso Medio Oriente. Si tratta di un pezzetto del puzzle di guerra che ha come bersaglio l’emergere di alleanze alternative all’egemonia statunitense.

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