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Entry-Exit System, la UE avvia un enorme esperimento di sorveglianza biometrica

Il 30 luglio la Commissione Europea ha annunciato il prossimo avvio di una grande sperimentazione di sorveglianza biometrica per tutti i cittadini non UE. Dal 12 ottobre, chiunque vorrà attraversare le frontiere Schengen senza essere cittadino di un suo paese dovrà fornire la propria immagine facciale e le proprie impronte digitali.

Questo nuovo modello di gestione frontaliera si chiama Entry-Exit System (EES), e dopo quattro rinvii susseguitisi dal 2022, alla fine partirà con una prima prova di sei mesi, dopo i quali diventerà attivo in tutti i punti di passaggio dello spazio Schengen. In molte occasioni già sostituiti da visti elettronici, nel giro di poco non ci saranno più i timbri sui passaporti.

Tutti i viaggiatori non cittadini di un paese che appartiere all’area Schengen, che ne varcano i confini per soggiorni di breve durata (fino a 90 giorni ogni 180), dovranno fornire i propri dati biometrici. Com’è ovvio, un’operazione di tale portata ha sollevato molti dubbi e ancor più critiche, vista la sensibilità delle informazioni immagazzinate.

Infatti, a controllare il sistema EES sarà l’Agenzia eu-Lisa, l’agenzia europea che si occupa della gestione delle information technologies (IT) nell’area UE. Nata nel 2011 con sede a Tallin, la ue-LISA avrà il compito di creare un archivio centralizzato con tutte le informazioni personali di milioni di viaggiatori non europei.

A ogni passaggio di frontiera, verrà prodotto automaticamente un documento digitale con il nome, il passaporto, data e luogo di ingresso o di uscita del viaggiatore, a cui verranno associate le impronte digitali e il pattern dei tratti facciali. Ogni profilo personale sarà valido per tre anni.

È facile capire perché molte organizzazioni si siano battute contro l’EES: si tratta di uno strumento di sorveglianza biometrica di massa, una pratica che viene considerata fortemente lesiva dei diritti della persona e della privacy. L’EDRI, una delle principale reti europee per i diritti digitali, insieme ad altre 52 organizzazioni, avevano già definito tali sistemi come “una delle più gravi minacce ai diritti fondamentali e alla democrazia mai registrate“.

Del resto, anche l’AI Act europeo avrebbe, teoricamente, vietato i sistemi di sorveglianza biometrica in tempo reale negli spazi pubblici. E qui viene il punto della questione. Questa limitazione prevede varie eccezioni per ciò che riguarda motivazioni di ordine pubblico: ricerca di persone, crimini, emergenze.

Al di là del fatto che l’obbligatorietà del riconoscimento tramite impronte e tratti del viso è in evidente contrasto con l’AI Act – così come col Regolamento generale sulla protezione dei dati, il GDPR – i dati ottenuti con l’EES saranno resi disponibili anche all’Europol, con cui la eu-LISA ha un accordo di collaborazione, così come con altre agenzie legate al settore della sicurezza.

Se si prende una precedente sperimentazione, anche questa in deroga degli stessi principi che la UE dice di difendere, anche il sistema EURODAC era stato proposto per raccogliere i dati biometrici di migranti, richiedenti asilo, apolidi, e persone soccorse in missioni di salvataggio.

Non ci vuole molto a capire come questo ecosistema digitale venga rafforzato in un clima crescente di guerra esterna e interna, proprio per implementare ulteriori sistemi di sorveglianza di ogni categoria di persone che possono essere considerate ‘pericolose’. Sappiamo bene quanto sia facile affibbiare l’etichetta di terrorista o simile a chi esprime dissenso, e l’EES rappresenta un ulteriore scivolamento verso una piena ‘democratura’, se non un limpido autoritarismo.

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1 Commento


  • Mario

    Ogni volta – e succede sempre più spesso – che la tecnologia non viene utilizzata per includere, ma, viceversa, per escludere, io non lo chiamo progresso, ma regresso.
    Comunque, benvenuti nel medioevo digitale.

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