Si complica maledettamente la vicenda legale sull’imbarcazione al largo del Venezuela che è stata affondata da gli Stati Uniti il 2 settembre scorso.
Non si tratta dell’unica imbarcazione attaccata – attualmente ci sono già quasi 100 morti accertati – ma in quel caso c’è stato un “doppio colpo”, ossia una seconda scarica di missili per uccidere due uomini che erano sopravvissuti ed erano rimasti aggrappati ai rottami. Per tutti i trattati internazionali esistenti, voluti e firmati anche dagli Usa, questo è un crimine di guerra. Quegli uomini avrebbero dovuto insomma essere salvati e poi, semmai, processati.
La prima complicazione legale è creata dalla scelta trumpiana di attaccare il Venezuela con la falsa accusa di essere un “narcostato” e di ospitare uno sconosciuto “cartello de los soles” a capo del quale sarebbe addirittura il presidente Maduro. Prove esibite: zero. Colin Powell, per giustificare l’attacco all’Iraq, aveva se non altro agitato una boccetta con polvere bianca giurando fosse antrace, in una seduta dell’Onu. Trump neanche questo…
Le imbarcazioni affondate da allora sono insomma “esecuzioni extragiudiziali” fuori da ogni cornice legale, anche soltanto inventata. Ma l’uccisione di naufraghi – anche se fossero stati davvero narcos – è comunque un crimine d guerra.
La seconda complicazione è creata dal fatto che “l’indagine” è condotta da una commissione del Congresso Usa che sta cercando di capire se Pete Hegseth – lo squilibrato ex conduttore televisivo di Fox News, ora nominato “ministro della guerra” – abbia o no dato personalmente l’ordine di portare il “secondo colpo”. Nel qual caso andrebbe messo in stato di inpeachment…
Lui ha scaricato la responsabilità della decisione sull’ammiraglio Frank Bradley, che conduce la flotta al largo del Venezuela. Ciò che dice è riportato all’esterno dai deputati presenti, con versioni contrapposte tra “dem” e repubblicani (terza complicazione).
La versione finora più accreditata era che – sì – c’è stato un “secondo colpo” contro uomini in acqua e senza armi, ma “avrebbero potuto avere ancora una radio con cui chiamare ‘rinforzi’, essere quindi salvati e tornare in seguito a commerciare droga destinata all’America”. Una follia giuridica, ma ritenuta “accettabile” dai repubblicani…
Ora invece c’è l’ennesimo cambio di versione: la barca affondata – avrebbe detto Bradley – non era diretta verso gli Stati Uniti, ma verso una nave più grande diretta verso il Suriname, ex Guyana olandese, piccolo paese sudamericano ad est del Venezuela.
Questo renderebbe già il primo attacco ingiustificabile persino secondo la “dottrina Trump” sulla “guerra al narcotraffico” (se un carico, peraltro dubbio, non è diretto verso gli Usa, non dovrebbe rientrare nel suo campo di interesse); a maggior ragione il “secondo colpo” è un vero e proprio crimine di guerra (che neanche è stata dichiarata, cosa che avrebbe richiesto un voto del Congresso).
Bel pasticcio, vero?
Peggio ancora. Gli ufficiali antidroga statunitensi ascoltati dalla commissione hanno spiegato che le rotte del traffico via Suriname sono principalmente destinate ai mercati europei. Le rotte del traffico di droga dirette negli USA si sono invece concentrate sull’Oceano Pacifico negli ultimi anni. Ma il Venezuela non ha una costa sul Pacifico, dunque neanche una nave-fantasma potrebbe fare quel percorso provenendo da quel Paese…
Soprattutto viene a cadere completamente anche la giustificazione “nazionalistica”: quella barca, diretta verso una nave che andava in Suriname, da cui a volte partono carichi di droga verso l’Europa… non poteva essere una “minaccia imminente per l’America”.
Ha moltiplicato la confusione anche il Segretario di Stato Marco Rubio, esponente degli anti-castristi di Miami e capofila dell’attacco al Venezuela, che aveva dichiarato alla stampa, poco dopo l’attacco, che il presunto natante dei trafficanti preso di mira era “probabilmente diretto a Trinidad o in qualche altro paese dei Caraibi“. Checcefrega, intanto affondiamolo…
Ma, tuttavia, il Presidente Donald Trump aveva scritto in un post che appooggiava l’attacco, il 2 settembre: “L’attacco è avvenuto mentre i terroristi erano in mare in acque internazionali trasportando narcotici illegali, diretti verso gli Stati Uniti“. Al vertice Usa c’è il caos, pare. Oppure si sentono tanto forti da fregarsene di giustificare seriamene quel che fanno.
Secondo le fonti presenti in commissione, oltretutto, l’ammiraglio Bradley – a capo delle Operazioni Speciali Congiunte (JSOC) – ha anche ammesso che la barca aveva invertito la rotta prima di essere colpita, perché le persone a bordo sembravano aver avvistato l’aereo americano in cielo. Tornavano a casa, insomma, e quindi non andavano né in America, né in Suriname, né in Europa (ammesso e non concesso che avessero droga a bordo, che nessuno s’è curato di recuperare come “prova”).
Altro dettaglio. Gli attacchi sono stati addirittura quattro, non due. Uno spreco di fuoco giustificabile forse contro un assalto militare diretto, non certo contro una barca dall’identità incerta e sicuramente priva di armi pesanti.
Una versione dei fatti abborracciata, però, richiede sempre delle giustificazioni “ad minchiam” che la rendono sempre meno credibile. Ogni nuovo dettaglio diventa una martellata sulle proprie dita.
Bradley avrebbe detto anche che i sopravvissuti stavano anche agitando le braccia verso qualcosa in cielo, anche se non è chiaro se stessero cercando di arrendersi o di chiedere aiuto all’aereo americano che avevano avvistato. Alla faccia del “pericolo imminente”…
A questo punto Hegseth, che giurava di essere uscito di scena dopo aver visto in video il primo attacco, rientra sotto inchiesta.
Nella sua seduta davanti alla commissione aveva infatti detto ai deputati di aver dato ordine che gli attacchi dovevano essere “letali”, ma che non era stato informato dei sopravvissuti fino a dopo che erano stati uccisi.
Bradley avrebbe insomma capito che l’obiettivo della missione era uccidere tutti gli 11 individui a bordo e affondare la barca, anche se l’ordine non era esattamente quello di “uccidere tutti”, compreso chi si arrende, cosa che è ovviamente “illegale”.
Le udienze vanno avanti. Ma già così è chiaro che tutta l’”operazione Venezuela” è un’immane montagna di merda imperialista senza alcuna giustificazione che possa reggere anche ad una sola domanda.
P. S. Ciò nonostante, i media mainstream italiani sembrano felici di ospitare altre bufale immonde provenienti dagli States. Stamattina, per esempio, persino il solitamente austero Sole24Ore si abbassa a pubblicare un evidente “tweet” della Casa Bianca secondo cui, nella telefonata tra The Donald e il presidente Maduro quest’ultimo avrebbe chiesto 200 milioni di dollari per lasciare il potere e rifugiarsi a Cuba (che non è nota per essere un “paradiso per i ricchi”, peraltro).
Si vede che qualsiasi favola di corruzione è credibile per giornalisti abituati a vendersi per cifre molto minori…
Ma soprattutto: se davvero bastava così poco per “risolvere il problema Venezuela” perché muovere una flotta con due portaerei e 15.000 soldati, ammazzando gente a casaccio e spendendo cento volte di più?
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Paolo DP
il problema è che siamo prossimi al 10 dicembre, data in cui sarà consegnato il premio IGNOBEL a corina machado, fascista, golpista e tanto altro.
per quella data mi aspetto provocazioni e nuovi golpe con i nostri mainsream pronti a uniformarsi.