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Cile, il dado è tratto

Ormai il Cile avrà ufficialmente alla presidenza un discendente dei nazisti tedeschi: Juan Antonio Kast.

Nel suo programma elettorale e nel suo percorso politico ha mostrato chiaramente di essere degno erede dei suoi antenati. Limitazioni al diritto di sciopero, togliere le tasse ai super ricchi, porre deroghe al matrimonio ugualitario e all’aborto, aumentare l’età pensionabile delle donne, frenare l’aumento delle pensioni – che già sono da fame-, indulto ai criminali che durante la dittatura hanno compiuto atti di tortura assassinio e scomparsa di persone, ridurre le regole ambientaliste, ridurre le spese statali eliminando welfare, eliminare le imposte sui profitti del capitale, e tanto altro sono già cose dichiarate e previste.

La candidata concorrente, Jannette Jara, ha dovuto accettare il verdetto delle urne (58,3% per “il tedesco” e 41,7% per lei) che promuove Kast come il presidente più votato dai cileni. A questo proposito però è da tenere presente il fatto che, per la prima volta, il voto in Cile è diventato obbligatorio.

A seguito dei risultati, Jara dichiara che sarà necessario fare “una profonda riflessione per capire le cause che hanno portato a questo risultato”. In realtà, pur senza voler tagliare i problemi con l’accetta, non ci sarebbe bisogno di grandi riflessioni sull’argomento, bensì di decidere profondi cambiamenti nelle politiche delle cosiddette “sinistre” concertazioniste e progressiste che sono state al potere nel dopo Pinochet.

La responsabilità maggiore dell’esito di questa ultima elezione è facilmente ascrivibile a Gabriel Boric, che era stato designato presidente nel novembre del 2021 con l’esplicito mandato delle folle cilene – esplose nell’ottobre del 2019 – di mettere fine al sistema neoliberista.

Lui ha invece profondamente deluso tutte le aspettative di coloro che lo avevano votato sperando in una nuova rinascita del Cile popolare di Allende. Ma quella fiducia era molto mal riposta, perché, malgrado la scintillante traiettoria politica dello “studente Boric”, che prometteva fuoco e fiamme nel 2011, già il 15 novembre del 2019, il “Boric rappresentante del Fronte Amplio”, creò scompiglio nelle sue stesse file firmando l’”Accordo per la Pace Sociale e la Nuova Costituzione”.

Questo accordo ha avuto infatti il potere di sgonfiare in gran parte la giusta rabbia spontanea della popolazione, che, sbagliando, immaginava che una nuova Costituzione potesse essere elemento sufficiente a risolvere tutti i problemi socio-economici del Paese.

Purtroppo il percorso previsto dall’infame Accordo era stato strutturato dai politici in maniera tale da non lasciare alla popolazione lo spazio che aveva creduto di poter avere: cioè esercitare una vera sovranità riscrivendo totalmente la Magna Carta, dando così alle istanze popolari possibilità vere e concrete per gestire le risorse del paese, dare spazio alle organizzazioni territoriali, ecc. Insomma cambiare totalmente il modello socio-economico neoliberista.

Tutto questo, unito al fatto che quella manovra ha avuto anche lo scopo di salvare la testa dell’allora odiatissimo  presidente Piñera, che era ormai sul punto di cadere, ha fatto sì che la mobilitazione popolare rientrasse. Cosa favorita anche dalla catastrofe sanitaria che è stata il Covid nel 2020/2021.

Nel novembre del 2021 arriva il momento delle elezioni presidenziali. Si risvegliano le speranze di gran parte delle masse popolari, che ricominciano a credere di poter uscire dalla difficile situazione socio economica col semplice voto per un candidato come Boric, un “progressista” che faceva grandi promesse di cambiamento radicale in tutti i campi più sentiti dalla popolazione.

Diceva di voler eliminare le politiche neoliberiste, causa di tutti i problemi nei vari campi, di volere giustizia per le vittime e i prigionieri della rivolta sociale, di non volere ulteriore repressione nel Wallmapu e di volere trattative eque con la popolazione mapuche, ecc ecc. Promesse, promesse, promesse… che man mano ha diluito addirittura nel corso stesso della campagna elettorale – non tutti hanno voluti vedere da subito questo scivolamento -, e, infine, tutte totalmente disattese negli atti di governo una volta eletto.

In realtà il neoliberismo, nato con Pinochet e implementato alla grande dai governi di quella che doveva essere la “transizione” – e che non è mai finita…- dalla dittatura alla democrazia, ha avuto nel governo Boric un interprete appassionato e convinto che ha confermato tutte le istanze neoliberiste che erano rimaste in sospeso nei governi precedenti (dalla firma del TPP11, alle concessioni ai signori delle AFP, alla cessione del litio al genero di Pinochet ecc… Tutti elementi strutturali che confermano e rafforzano il potere delle oligarchie nazionali e delle multinazionali).

Con queste premesse, il passaggio dalla democrazia “ristretta, tutelata e a bassa intensità” instaurata nel 1990 all’attuale nazifascismo dichiarato non è affatto un fulmine a ciel sereno. Così come non lo è il fatto che qua in Italia abbiamo al governo i nipoti di Mussolini…

Sembra ormai statisticamente consolidato il fatto che quando le “sinistre” fanno le medesime politiche socio economiche delle destre – anche se con qualche maquillage colorato in più – le destre, soprattutto quelle estreme, se ne avvantaggiano e addirittura prendono i posti del comando politico.

Un altro elemento importante che ha determinato gli esiti della votazione cilena è sicuramente molto ben espresso in un articolo che abbiamo proposto alcuni giorni fa e che dedica una interessante analisi psico-sociale delle motivazioni per cui i poveri votano personaggi che sono assolutamente agli antipodi dei loro interessi.

Il dado è tratto. Ormai Kast a marzo assumerà la carica di presidente. Grande e comprensibile è lo sconforto dei compagni che da tempo vedevano arrivare questo evento che avevano paventato e previsto, dati gli elementi sopra accennati.

Meno comprensibile, e ancor meno accettabile, lo sconcerto e la sorpresa con cui le “sinistre progressiste” accolgono il fatto. Purtroppo dalla dichiarazioni fatte, sembra che Jara, come gli altri del governo, pensi ancora che con una “aggiustatina” qua e là a qualche proposta di legge, con ulteriori concessioni sulla “sicurezza”, mettendo insieme un’accozzaglia ancora più ampia di partiti che vada dalla Democrazia Cristiana al Frente Amplio o addossando esclusivamente alla persona di Boric tutte le responsabilità dell’attuale esito elettorale, nelle prossime elezioni presidenziali la destra sarà sconfitta.

Una visione totalmente miope ed elettoralistica che non coglie la profonda necessità ed esigenza di cambio totale del modello neoliberista nato e sperimentato in dittatura e poi esportato ahimè con grandi successi/danni – a seconda dei punti di vista, o meglio degli interessi materiali… – nel resto del mondo.

Ma Kast sa che non può permettersi proprio tutto tutto quello che ha in mente e, nel discorso di circostanza tenuto dopo l’uscita dei risultati elettorali, ha un po’ moderato il suo programma estremista ed escludente dichiarando che comunque lui sarà “il presidente di tutti i cileni”.

Infatti, malgrado i tempi difficili che intende somministrare alle masse popolari e a chi rientra nei progetti di repressione tout court, sa bene che comunque dovrà fare i conti con un movimento operaio e studentesco che, pur nelle difficoltà organizzative, non è morto e sepolto, e che gli renderà la vita meno facile di quanto possa sperare, se si riuscirà a creare i giusti collegamenti con i tanti movimenti sociali, che pure ancora vivono nei territori, e richiamandosi anche alle pratiche dello sciopero generale portate avanti qua in Italia e in Portogallo, da cui pare che intendano trarre esempio con entusiasmo per creare le condizioni per un vero cambiamento strutturale di governo e sistema.

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