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Roma. Sull’Atac Alemanno come Berlusconi

L’approvazione della delibera n.30 inerente il conferimento di Atac Patrimonio ad Atac è passata con il numero legale garantito dalla presenza in aula dei consiglieri di opposizione.

Questo fatto ci preoccupa molto e ci fa pensare ad un eccesso di responsabilità dentro un evento che riguarda la sostanziale dismissione di larga parte del patrimonio Atac, che consideriamo un bene comune della città.

L’ipotesi di un possibile turnover sulla poltrona del sindaco sembra annacquare quel conflitto promesso da Marroni&co., restituendoci un’immagine già vista: si simula il conflitto con Alemanno e le sue politiche, mentre ci si prepara a gestire la città in perfetta continuità con quanto accade oggi.

Per quanto ci riguarda, dopo le mobilitazioni del 30 maggio e l’occupazione del deposito Atac di San Paolo nel municipio XI, riteniamo dirimente il ritiro della delibera 35 sull’alienazione di diversi stabili e depositi di proprietà pubblica.

Vogliamo ritenere che la musica in aula domani 23 giugno cambi. L’idea che la salvaguardia del futuro dei lavoratori e delle lavoratrici dell’azienda di trasporto pubblico cittadino passi attraverso la vendita dei gioielli di famiglia non deve spingere il centrosinistra a rincorrere ancora una volta il centrodestra, ma va colta la splendida occasione di parlare con chi abita Roma e vuole farlo senza nuove cementificazioni, nuovo consumo di suolo, compensazioni e aumenti di cubatura. Quella città che ritiene il patrimonio pubblico un bene comune e vorrebbe che il recupero e la trasformazione di questi spazi servisse non come bancomat, ma come soluzione delle emergenze cittadine.

Per questo abbiamo deciso di continuare l’occupazione del deposito Atac e non intendiamo fare passi indietro. Ci auguriamo che nell’aula consiliare si faccia altrettanto, perché chi lavora in Atac e chi abita Roma non ci crede più alle storielle e lo ha dimostrato con il sì referendario dei giorni scorsi.

Sull’utilizzo dei beni comuni non saranno tollerati cambi di passo. Il no alle privatizzazioni è forte e chiaro, non ha caratteristiche politiciste e concertative e per questo la delibera 35 va ritirata senza se e senza ma.

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