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Bologna. Arsenico e vecchie ricette

Con questa dichiarazione per bocca del Vice-Sindaco Silvia Giannini esordisce la sua filippica relazione davanti alle associazioni socio- economiche riunite nel consiglio comunale straordinario, continuando a ripetere che : ” le leve fiscali esistenti al massimo servirebbero a compensare i tagli sui finanziamenti statali, che il prossimo anno saranno di circa 12 milioni di euro.

Nel caso però spuntassero altre possibilità, come la rivalutazione delle rendite catastali e l’introduzione dell’ Imu “auspicabilmente esteso alla prima casa”, anche “tutte queste opzioni andrebbero vagliate prima di fare delle scelte – precisa la vicesindaco – gli obiettivi prioritari dovrebbero essere quelli di aumentare il meno possibile il prelievo, perché aumentare le imposte ha un effetto recessivo e già abbiamo una pressione fiscale molto alta, e farlo nel modo più equo possibile”, occorre quindi “cercare la combinazione migliore dal punto di vista distributivo, rivedere i criteri di accesso e di contribuzioni ai servizi, ripensando l’Isee e potenziando le verifiche fiscali, pagherà di più insomma chi ha di più”.

pochi in realtà gli strumenti lasciati dal governo nelle mani del Comune come , l’aumento dell’addizionale Irpef dallo 0,7% allo 0,8%, “anche in modo differenziato per scaglioni di reddito” e l’imposta di soggiorno, “con aliquote da 0,5 a cinque euro per pernottamento”. Un’altra possibilità è “potenziare l’attività di accertamento sui tributi erariali.

Naturalmente da affiancare ai tagli al personale e il blocco del turn-over che già sono a circa 200 l’anno, vecchia ricetta liberista sempre di moda sia a destra che nel centro-sinistra ed ai tagli delle spese, alla vendita del patrimonio immobiliare, a partire dalle Asp, e alla riduzioni degli organi amministrativi delle partecipate.

Insomma in ogni caso l’idea del Comune di Bologna di alzare le tasse viene bocciata dalle associazioni imprenditoriali della città. A dirlo chiaro e tondo è il segretario di Cna Bologna, Massimo Ferrante, ha preso la parola anche a nome di Legacoop, Confcooperative, Unindustria e Confartigianato. “Non è una mera formalità- sottolinea Ferrante- è una cosa inedita per Bologna” e altrettanto importante, perché’ “portare istanze comuni è segno di responsabilità, che sottolinea la consapevolezza del fatto che il momento è grave” ed invitano dunque alla coesione e alla responsabilità” di tutti per uscire dalla crisi, come al solito quando c’è crisi tutti uniti e quando si fanno guadagni naturalmente la visione corporativa dei “borghesi bolognesi” viene incentrata sulle proprie tasche.

Non manca l’invito all’amministrazione ad aprire i servizi sociali alla “compartecipazione dei privati, per rendere più capillare e qualitativo il sistema”, in parole povere a privatizzare i servizi.

E mentre la Cgil si limita ad un richiamo sull’accelerazione per “formare la citta metropolitana superando la provincia ed eliminando i comuni piccoli” e a non vendere azioni, la Cisl ad una “riforma del welfare” e la camera di commercio a “rilanciare il tema del turismo che creerebbe posti di lavoro” il tavolo sul “ragù bolognese” risulta magro e senza ciccia, cioè una schifezza.

Di altro, invece, lignaggio politico le dichiarazioni della rappresentante USB al tavolo Monica Sabbatini, che esordisce con la dichiarazione dell’azione svolta assieme ad altri lavoratori precari la scorsa settimana:

 

Mi chiamo Monica Sabattini, rappresento USB; sono una lavoratrice della scuola che pochi giorni fa, a causa dei tagli attuati dal governo ha perso il posto di lavoro ed oggi, a 49 anni, sono disoccupata e non posso pensare con tranquillità al mio futuro.

La settimana scorsa per protestare contro il mio licenziamento e di tanti altri lavoratori, sono salita su un tetto di una scuola dove si stava inaugurando il nuovo anno scolastico con una diretta via web durante la quale non bisognava dedicare nemmeno un minuto alle centinaia di lavoratori precari della scuola licenziati. Sacrifici, sacrifici, sacrifici, questo è ciò che ci chiedono La BCE, il Governo nazionale e quelli locali, perché si deve pagare il debito pubblico, come se da molti anni non avessimo fatto altro, come se fossimo noi i responsabili di questa crisi. Ci chiedete di fare sacrifici per pagare il debito pubblico mentre è proprio la Grecia che ci insegna che i tagli hanno aumentato la crisi sociale e il debito stesso, che i sacrifici che ci vengono chiesti servono solo per pagare parte degli interessi del debito non per ripianarlo, non per garantire un futuro ai giovani o una pensione agli anziani. I sacrifici li stiamo facendo da molti anni se è vero che un recente rapporto diffuso dal Casper (di cui fanno parte le maggiori associazioni di consumatori) afferma che dall’introduzione dell’euro a oggi, i prezzi sono aumentati del 53,7% e che il potere d’acquisto di salari e pensioni ha perso il 39,7% . (…)

Caro sindaco, leggiamo sui giornali che lei s’appresta a proporre una specie di patto sociale in salsa bolognese; lo ascolteremo con attenzione ma fin da ora le diciamo che è sbagliato cercare di unire ciò che la crisi divide sempre più, la crescita di cui parla il padronato non è crescita sociale, è socializzazione dei debiti e privatizzazione dei profitti mentre noi siamo per la difesa del bene comune, non solo quando si tratta del Governo Berlusconi; ma sempre. E’ una politica che vuole ulteriormente aumentare lo squilibrio sociale che come ci dice Bankitalia vede Il 45% della ricchezza complessiva delle famiglie italiane in mano al 10% dei nuclei, mentre la metà più povera delle famiglie detiene il 10% della ricchezza totale. In questa condizione bisogna scegliere quali interessi difendere. Scegliere se stare con chi pensa che con il profitto di pochi si riavvii l’economia e vi sia qualche briciola per chi non sta nei piani alti della società e chi come noi crede che la soluzione non possa passare attraverso ripetute manovre “lacrime e sangue” dei vari governi, e che si deve contrapporre una soluzione diversa e alternativa fondata sul non pagamento del debito, la nazionalizzazione delle banche e la irrinunciabilità della democrazia. Per questo noi saremo in piazza nuovamente il 15 ottobre a Roma a manifestare sotto le finestre del Governo, per questi motivi anche voi dovreste esserci. (…)

In conclusione noi siamo disponibili ad un confronto che abbia come obbiettivo quello di recuperare risorse dal profitto e dalla rendita e che difenda le condizioni dei settori popolari; non ad altro. Per questo proseguiamo nel nostro impegno ad organizzare e dare voce alla indignazione popolare contro le politiche di macelleria sociale e recessive, siano esse nazionali o locali. Noi abbiamo il diritto di disobbedire in ogni modo e in ogni luogo, Voi avete il dovere di disobbedire a questa macelleria sociale”.

 

Intanto in piazza USB non cade nel solito tranello delle dichiarazioni d’intenti della giunta comunale e lo denuncia con un presidio in Piazza Maggiore.

I nidi comunali, riaperti da poco, mostrano già le conseguenze dei tagli della giunte Merola” denuncia un comunicato dell’USB, nella scuola dell’infanzia è stato tagliato il sostegno all’handicap, ridotte le ore al sostegno e appaltate in modo molto precario a lavoratori di cooperative, anch’essi precari. “Nel nostro territorio, i tagli alla scuola pubblica hanno determinato una riduzione degli incarichi a tempo determinato di circa 300 collaboratori scolastici che possono sperare solo in chiamate per supplenze brevi.”, a fianco degli educatori dei nidi e delle cooperative, in lotta ormai da mesi per la difesa della scuola pubblica e contro la precarietà, anche il movimento di lotta per la casa, contro la svendita del patrimonio immobiliare del comune al privato, dalle aree delle ex-caserme alla proposta di vendita dell’intero patrimonio dell’edilizia pubblica. “Quello è patrimonio nostro, pagato dalle nostre tasche e dal lavoro. Una città che dia possibilità ai lavoratori, deve prima di tutto mantenere il proprio patrimonio edilizio, e renderlo disponibile per gli interessi dei lavoratori e delle fasce popolari”.

In presidio oggi, per sottolineare che “non è possibile unire ciò che la crisi ha diviso”, che non si può lavorare “per la privatizzazione degli utili e la pubblicizzazione dei rischi e dei debiti” e che è arrivato il momento di affermare l’impossibilità e l’indisponibilità a pagare il debito, la nazionalizzazione delle banche e la irrinunciabilità della democrazia.

 

 

 

 

 

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