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L’agricoltura in crisi. Una testimonianza

Intervista a Pardo di Paolo *

 1) Qual è la situazione della produzione agricola attualmente in Molise?

      Le aziende sono ormai tutte in crisi. Non solo quelle piccole e medie, ma anche le grandi. Il meccanismo che progressivamente le ha portate nella condizione in cui versano è dato dal mercato, così come è venuto a configurarsi in Molise, che oggi le ha portate a non riuscire più a far fronte agli obblighi finanziari. Il meccanismo ora è progressivo. Le piccole aziende sono entrate per prime in crisi, poi è toccato alle medie, ora è il turno delle grandi, in relazione tanto alla struttura dei pagamenti quanto alla possibilità di diversificazione della produzione, senza dimenticare come sul piano economico incida la dimensione dell’azienda su qualsiasi produzione relativamente alla possibilità di operare economie di scala e di produzione (es. l’acquisto dei macchinari al posto del conto terzi). In contemporanea allo spopolamento delle campagne si è avviata la tendenza all’accorpamento delle aziende. Posso parlare sulla base di conoscenze ed esperienza personale soprattutto per il basso Molise, in cui i settori più produttivi restano la cerealicoltura  e l’olivicoltura. Tutti gli altri settori sono in contrazione (orticoltura, viticoltura, frutticoltura…), anche se la produzione rimane di qualità.

   2) Quali sono le cause della crisi?

     La crisi si rivela una tappa obbligata del capitalismo. Si produce troppo rispetto a quanto si consuma. La sovraproduzione porta necessariamente ad una caduta dei prezzi alla produzione, tanto che il lavoro del produttore non è compensato nemmeno nella misura del suo investimento. D’altronde è nella natura del capitalismo, che impone la logica della domanda e dell’offerta e comporta fatalmente che ogni volta che l’offerta supera la domanda ci sia una crisi che comporta la chiusura delle aziende produttive più deboli; del resto il produttore non può fare a meno di contare sulla crescita continua della domanda. Insomma, un cane che si morde la coda. Occorrerebbero nuovi modelli produttivi.

   3) Il sistema creditizio aiuta i produttori in Molise?

      Le aziende prendono i soldi dalla banche con i contribuiti dell’Ente pubblico, a tassi agevolati. Ciò in ordine alle politiche comunitarie, volte alla tutela di questa risorsa primaria. Nel momento in cui alla vendita della produzione, l’agricoltore non riesce a coprire i costi, andando in crisi, le banche, le quali spesso influenzano il prezzo dei prodotti, cominciano a chiedere tassi più elevati sui prestiti effettuati.Si crea una crisi di fiducia nell’imprenditore, proprio nel momento in cui il mantenimento del creditosarebbe vitale per gli investimenti finalizzati ad affrontare la crisi. Il protrarsi della produzione in perdita e il cristallizzarsi della sfiducia nella solvibilità del debitore porta infine all’abbandono dei produttori in crisi e persino dell’intero settore con conseguente drenaggio di capitali che va a riversarsi su altre attività.

   4) Quali sono, se esistono, le realtà che sono in grado di resistere alla crisi?

    Il Molise è una regione esportatrice. C’è poca trasformazione dei prodotti agricoli. Le realtà che resistono alla crisi sono quelle i cui imprenditori hanno il “gruzzolo” in banca. Poi c’è la questione dello Zuccherificio, un’azienda dalle potenzialità enormi in mano a persone che non hanno interesse a portare avanti la produzione. Sarebbe invece interesse degli agricoltori, e non solo molisani. Arrivano barbabietole dalla Puglia e dalla Lucania. Anche i responsabili politici di queste regioni dovrebbero assumersi responsabilità sia nel sostegno economico, nella gestione di una struttura unica in tutto il centrosud. L’interruzione della produzione di zucchero nel basso-Molise creerebbe problemi a tutta l’agricoltura dell’Italia meridionale  perché il seminativo che prima era impiegato nella coltivazione della barbabietola adesso sarebbe utilizzato per un’altra delle possibili colture disponibili determinando così un aumento della produzione complessiva in quel settore e conseguentemente il crollo del prezzo. Bisogna assolutamente considerare che il mercato dello zucchero oggi è in ripresa. Lo zuccherificio dovrebbe dunque continuare a funzionare. Ma questo esige l’assoluta trasparenza e correttezza dei bilanci e il controllo da parte del partner politico e, per suo tramite,  di tutto il Consiglio e dei cittadini, in particolare le fasce sociali e produttive direttamente interessate.                                                                                      

   5) Cosa pensi del cosiddetto “Movimento dei Forconi”? Cosa chiede oggi l’agricoltore siciliano?

     Oggi la crisi è reale e generale: coinvolge le modalità stesse della produzione. Non mi pare che il movimento se ne renda conto e  per questo individua degli obiettivi settoriali e secondari quali ad esempio l’abbassamento del prezzo del carburante.  Gli agricoltori, come gli autotrasportatori,  chiedono l’abbassamento del gasolio, perché i costi troppo alti riducono i già modesti margini di profitto. Anche in Molise si era creato un movimento che oggi riaffiora con il nome di “Dignità sociale” formato grosso modo  dalle stesse persone. Ma anche gli agricoltori non vanno al di là del discorso del gas. Ragionano come piccoli capitalisti. I loro movimenti hanno la caratteristica del corporativismo. Non riescono a comprendere che il problema è la struttura del mercato e i procedimenti di formazione dei prezzi. E dunque la protesta è potenzialmente strumentalizzabile.

 6) È una protesta che dovrebbe preoccupare?

    Non credo, si spegnerà presto. Non ci sono le premesse. Le dichiarazioni bellicose c’erano   all’inizio, ma non si protesta su fatti seri e strutturali del settore, ma su problemi marginali. Può portare, però, ad un aumento dei presso dei generi di prima necessità che oggi scarseggiano nei market: aumento che può, anche finita l’emergenza, stabilizzarsi, con danno precipuo dei meno abbienti.

 7) Quale futuro attende il Molise? Quali, secondo te, le soluzioni?

   Dovrà rimettersi in moto un sistema produttivo capace di guardare al futuro. Ad esempio, occorrerebbe dar vita ad una nuova agricoltura plurifunzionale e plurisettoriale che, ad esempio, preveda la zootecnia per evitare di continuare a violentare il territorio. Questo implica che ci sia un sistema di assistenza tecnica per seguire i contadini nelle produzioni delle derrate alimentari. Ma in primo luogo serve un’opera di bonifica dei terreni gravemente inquinati da una pessima gestione del ciclo dei rifiuti e imbevuti di prodotti chimici dannosi: anche attraverso la raccolta differenziata e la conseguente produzione di compost si potrebbero rivitalizzare terreni attualmente esausti e quindi destinati a rimanere incolti. Solo così potrà essere restituita terra all’agricoltura. Un tema importantissimo è quello della difesa del territorio. Frane, alluvioni, hanno origine, oltre che da caratteristiche geologiche, da un’agricoltura non più contadina ma iperspecializzata, che prevede la divisione poderale a grandi maglie, la massima meccanizzazione e l’uso di sostanze chimiche. Tutto ciò ha causato il disboscamento, e tante altre forme di degradazione del territorio. C’è poi il discorso dei terremoti che hanno devastato parti importanti della nostra regione. Occorrerebbe introdurre il riconsolidamento dei centri storici, riconvertendoli con criteri antisismici che permetterebbero di recuperare patrimoni urbani già esistenti e di inserirli in circuiti turistici. C’è poi, ancora, il discorso sulla ricerca e sulla gestione delle nuove tecnologie….

 8) Ma per questo occorrono risorse finanziarie. Dove prenderle, secondo te?

     Si intravvede oggi una sola possibilità: un’imposta patrimoniale. L’unica soluzione che permetterebbe di avere soldi “gratis” senza pagare gli interessi, come avviene invece con il prestito delle banche.

 9) Quale soggetto politico potrebbe operare in questa direzione?

    Non esiste, oggi, un soggetto politico di fare ciò, purtroppo. Occorrerebbe crearlo. Di Sinistra, con  orientamento marxista. Ma è possibile? manca la coscienza di classe di ciò che stiamo vivendo. La gran parte della popolazione, oggi, non si rende conto della gravità della situazione storica attuale e non comprende la necessità sempre più impellente di dar vita ad un modello di sviluppo radicalmente diverso da quello odierno.


* Tecnico di associazioni di orticoltori, esperto in politiche agroalimentari

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