“Siamo pronti a tutto, anche a fare i matti”. I minatori della Carbosulcis che da ieri occupano la miniera di Nuraxi Figus a Gonnesa (Sulcis Iglesiente) sono decisi a non mollare la loro lotta. Con loro hanno, a loro detta, 690 chili di esplosivo e mille detonatori, circostanza che però le forze dell’ordine smentiscono. Fatto sta che la tensione è altissima.
I minatori chiedono al Governo di sbloccare il progetto di rilancio della miniera con la produzione di energia pulita dal carbone attraverso la cattura e lo stoccaggio di Co2 nel sottosuolo. In buona sostanza, una centrale elettrica sarà collegata direttamente alla miniera, cosa che permetterebbe di utilizzare il carbone estratto che non sarebbe più venduto all’Enel. L’energia elettrica prodotta, sarebbe poi venduta alle aziende di Portovesme come l’Alcoa, a prezzi sicuramete inferiori a quelli attuali. In ballo ci sono creazione di 1500 nuovi posti di lavoro a fronte di un investimento di circa 200 milioni di euro l’anno per otto anni. Il ‘niet’ da parte dell’esecutivo nazionale segnerebbe probabilmente l’atto di morte delle miniere del Sulcis Iglesiente.
Lo stipendio, per i minatori della Carbosulcis, arriverà fine a dicembre. E il dopo è quantomai incerto. In passato la miniera, che è ancora attiva e occupa attualmente 463 lavoratori, è stata occupata altre tre volte: nel 1984, nel 1993 e nel 1995, quando i lavoratori rimasero asserragliati in galleria per 100 giorni.
Intanto i minatori hanno trascorso la seconda notte nelle gallerie senza peraltro interrompere la produzione di carbone.
fonte: Tm News
Ci sono anche quattro donne tra i circa centoventi minatori che, a turno, occupano la miniera della Carbosulcis a Nuraxi Figus. Stamane, assieme ai colleghi, sono entrate nella gabbia che le ha portate nelle viscere della terra alla profondita di quasi 400 metri. Un viaggio di quattro o cinque minuti verso un altro mondo fatto di duro lavoro con turni di sette ore al giorno per sei giornate di fila. Dopo quattro giorni di riposo si riprende il turno. Sono in tutto sette le donne che lavorano assieme a circa trecento minatori che lottano per la sopravvivenza dell’ultima miniera attiva del Sulcis.
“Fanno soprattutto lavori di controllo, più adatti a loro”, spiega Sandro Mereu della Rsu, “ma sono a tutti gli effetti minatori come gli altri. Oggi”, spiega, “la miniera non è più quella di una volta: si lavora con macchinari all’avanguardia e in totale sicurezza ma rimane un lavoro difficile e faticoso”.
Mereu, raggiunto al telefono mentre si occupa di tenere i contatti tra l’interno e l’esterno della miniera, ribadisce la determinazione dei lavoratori che lottano per il futuro della Carbosulcis. “Stamane c’è stata una nuova riunione”, racconta, “nel corso della quale abbiamo confermato la protesta a oltranza fino a che non otterremo le risposte dal governo sul destino dei circa 470 lavoratori della miniera”.
Nel frattempo l’occupazione continua con un presidio all’esterno e uno all’interno. Nei pozzi diversi minatori controllano le tubature dell’acqua per verificare eventuali perdite mentre una ventina di colleghi sono impegnati nella messa in sicurezza delle galleria. “Ci sono pericoli di autocombustione del carbone quando viene a contatto con l’ossigeno per cui bisogna intervenire con l’azoto”, spiega Mereu ricordando che gli occupanti custodiscono circa 400 chili di esplosivo.
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