Vediamo un po’ quanta gente solo ora chiede conto alla Fiat di quel che sta facendo.
«Le 3 organizzazioni dei meccanici utilizzino questa occasione per fare una proposta unitaria e riaprire il confronto con la Fiat e il governo». E’ appena il caso di ricordare che al momento dello scontro sul referendum a Pomigliano, Camusso si fice rappresentare dal segretario regionale della Cgil, Gravano, per “consigliare” alla Fiom e agli operai di firmare l’accordo “in forma tecnica”, lasciando perdere ogni opposizione. Il secondo punto è che Camusso prova a sfruttare anche questa autentica tragedia del lavoro e del sistema industriale italiano per spingere nell’unica direzione che la interess davvero: far rientrare la Fiom in una “triplice” moderata con Cisl e Uil.
Persino il più acritico sostenitore di Marchionne all’interno del Pd, Enbrico Letta, sente il bisogno (elettorale) di fare la faccia preoccupata e come suo solito da “lezioncina” di buone maniere. «Marchionne si è erto a paladino di certe politiche e ha sfidato l’intero paese, non può permettersi di essere ambiguo sulle risposte perchè riguarda noi e tutto il Paese».
Quasi comico il piglio accigliato cone cui Cisl e Uil, firmatarie entusiate dell’accordo su Pomigliano, vogliono ora vederci chiaro su Fiat e il suo vertice e chiedono spiegazioni.
Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ribadisce che «hanno fatto bene i ministri Passera e Fornero a chiedere subito chiarimenti all’azienda affinchè si possa sapere esattamente come stanno le cose». A noi non risulta che il governo abbia “fatto” nulla; e forse è questo che per Fini “va bene”.
Addirittura Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro quando il Lingotto presentò il piano ‘Fabbrica Italia’, sottolinea che allora si fece «una scommessa necessaria con la grande maggioranza dei sindacati e dei lavoratori». Ma poi torna subito alla sua litania preferita: non aiuta ‘Fabbrica Italia’ quella «linea rossa» che per Sacconi unisce Pd, Cgil, Sel, Fiom. “Linea rossa”??? Unisce???
Il duro Raffaele Bonanni, patron della Cisl, non si pente dell’intesa: «tra chiudere un’esperienza e aprirne una nuova c’è una differenza enorme. Si stava discutendo di come rilanciare un impianto e io, ancora oggi, attendo chiarimenti in merito». Comunque «non possiamo accettare riduzioni della capacità produttiva. Noi crediamo ancora che la Fiat possa restare una casa automobilistica competitiva ma perchè ciò sia possibile bisogna crederci (un atto di fede? ndr) e fare gli investimenti necessari». Anche perchè «è evidente che siamo in una fase di crisi di mercato, ma in Italia, malgrado tutto, si produce un terzo delle auto che si comprano». E «in Europa la recessione ovviamente finirà».
Infine il sindaco di Torino, Pietro Fassino si augura che il governo non faccia solo «il notaio» e per quel riguarda l’azienda, «mi auguro che ripeta gli impegni formulati nell’incontro che ho avuto con Marchionne ed Elkann una decina di giorni fa». E ti pare che Elkann e Marchionne non rispettano quello che hanno detto in privato a tale Fassino Piero?
Ma è il ministro Fornero quella più in dificoltà. «La Fiat è ormai una multinazionale. Ma è anche una grande industria italiana. Per questo, Marchionne ha il dovere di spiegarci quali sono le sue strategie per l’Italia. Aspettiamo sue notizie nei prossimi giorni. Io ho molte cose da chiedergli. E l’attesa non può essere eterna».
In una intervista a Repubblica, rivelando di aver chiesto all’ad del Lingotto «un incontro urgente» dopo «l’annuncio di venerdì», dando «una serie di date. Mi ha risposto che era in partenza per gli Stati Uniti, e che mi avrebbe fatto sapere al suo rientro. Ma finora il mio telefono non ha ancora squillato». Ricapitolando, l'”azione” del governo si è espressa in una talefonata cui Marchionne ha risposto “ho altro da fare ora, quando ripasso mi faccio sentire”. Il ministro deve essere considerato davvero autorevole, all’interno del Lingotto. Deve essere per il fatto che il ministro, prima, era vicepresidente di IntesaSanPAolo, praticamente la banca di famiglia (almeno per la parte del San Paolo, poi fuso con Banca Intesa). Insomma: si conoscono bene.
«Il governo – spiega il ministro – non può imporre le sue scelte a un’impresa privata (a pensionati e lavoratori invece sì; per quale motivo esiste questa asimmetria nel potere di disporre da parte del governo? in quale articolo della Costituzione c’è scritto che le imprese private sono al di fuori dalla giurisdizione dei governi nazionali? ndr) . Non possiamo ‘convocare’ l’amministratore delegato al ministero (di nuovo: quale legge, scritta o noj scritta, lo impedisce? da quando esiste lo Stato – là dove esiste, naturalmente – il governo “convoca” chi crede per affrontare e possibilmente risolvere problemi di rilevanza politica e sociale, ndr) . Ma all’amministratore delegato abbiamo chiesto un impegno preciso: ci dica come intende cambiare i contenuti del piano Fabbrica Italia. Ci dica se e come sono state modificate le strategie di investimento del gruppo nel nostro Paese. Ci dica se e come sono mutati gli impegni occupazionali negli stabilimenti attivi sul territorio nazionale. Marchionne non può tirarsi indietro. Lo deve non tanto e non solo al governo e ai suoi azionisti, ma soprattutto ai lavoratori della Fiat, e a migliaia di famiglie che vivono grazie alla Fiat. E lo deve anche all’Italia». Come si vede, non c’è alcuna intenzione di “stringere” la Fiat, semplicemente un “chiedere”, cui magari sarebbe “cortesia” rispondere. Senza obblighi.
All’esecutivo, assicura Fornero, «sta a cuore che la Fiat difenda e rilanci la sua produzione e i suoi investimenti in Italia» e in questi mesi «non è stato con le mani in mano. Contatti ci sono stati e ci sono, con il Lingotto. Corrado Passera si sta facendo carico del confronto sulle strategie industriali, io delle ricadute occupazionali. Ci stiamo muovendo». Abbiamo visto quanto e come…
Il governo, ribadisce il ministro del Lavoro, «ha le idee molto chiare, e si sta impegnando in modo unitario e molto deciso», anche se «non può decidere dove una grande industria privata deve allocare le sue risorse». Resta però il fatto che «la Fiat, che ha fatto tanto per l’Italia, ha anche delle responsabilità verso questo Paese. Vorremmo che ne tenesse conto, e che desse un segnale al più presto…».
Una volta deciso preventivamente che il governo «non può decidere dove una grande industria privata deve allocare le sue risorse» non c’è più molto da discutere.
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Enrico Scattolin
Propongo la confisca della fiat da parte dei Cittadini Italiani, tramite una loro Istituzione Rappresentativa e l’ insediamento a capo dell’ azienda di un management Virtuoso, Competente ed Aggressivo che operi nell’ interesse del Paese e del Popolo. Tutto il resto sono chiacchere, da qualunque parte politica provengano. Di cose buone e proficue da fare nel settore della mobilità ce ne sono tante! Basta volerle fare. Non abbiamo più uno stato, abbiamo una banda di predoni , destra e sinistra, nessuno escluso che ci stà portanto via tutto!