Il testo del comunicato pubblicato dalla storica rivista “Ancora in marcia!”:
SE 10 ORE VI SEMBRAN POCHE – L’aumento dell’orario settimanale a trentotto ore, quello giornaliero a dieci, quello notturno a otto, l’allungamento delle ore di condotta, la riduzione delle ore di riposo, i turni individuali e l’accattonaggio aziendale che ci riduce anche i pasti e la prospettiva di lavorare in queste condizioni fino a 66 anni; sono queste le ragioni principali che ci fanno scioperare. Lamentarsi tra di noi per quanto sta accadendo purtroppo non basta, occorre farsi sentire e – pur nell’ambito di uno scenario economico e sociale di crisi di cui siamo per primi consapevoli – abbiamo il diritto ed il dovere di difenderci da quelle modifiche più insidiose che intaccano la nostra salute e la possibilità di avere una normale vita familiare e sociale.
NON SONO SOLO 38 ORE – Macchinisti e capitreno hanno diritto a maggiori tutele sull’orario di lavoro rispetto alla generalità degli altri lavoratori: non solo perché il lavoro ‘mobile’ sui treni comporta alcuni disagi ineliminabili ma soprattutto perché oltre alle 38 ore di lavoro settimanale noi siamo a disposizione dell’azienda – con i turni su due giornate e riposo fuori residenza – per almeno altre 10-12 ore medie settimanali.
LE RAGIONI DELLO SCIOPERO – Dopo l’entrata in vigore dei turni che rispecchiano la nuova normativa sull’orario di lavoro e utilizzano sistema IVU, non crediamo ci sia bisogno di spiegare tra di noi le ragioni per scioperare: vi è ormai anche la consapevolezza che i peggioramenti subiti dai ferrovieri – passati attraverso il cavallo di troia del contratto NTV – non sono serviti a migliorare il trasporto ferroviario, ma ne accompagnano il declino. Soppressioni di linee e di treni, trasporto merci che chiude mentre si inganna il paese con proclami sul suo rilancio, i pendolari e il Sud sempre più abbandonati, mentre vengono dirottate sull’av tutte le risorse disponibili e l’attenzione alla qualità del servizio offerto.
INGANNATI E OFFESI – Questo sciopero è un appuntamento importante per tutti i ferrovieri ma in particolare per macchinisti e capitreno, una sorta di verifica sulla ‘tenuta’ di una categoria, ingannata, offesa e ferita dall’entrata in vigore di un CCNL estremamente penalizzante con peggioramenti significativi su tutti gli aspetti lavorativi, con particolare riguardo all’aumento dell”orario di lavoro, alla riduzione dei riposi e all’estremizzazione delle flessibilità di utilizzazione.
L’IPOCRISIA E LE PATETICHE LETTERINE SINDACALI – Lo spettro degli esuberi si sta materializzando iniziando dal sud e le interpretazioni unilaterali sul CCNL si sprecano; è insopportabile assistere all’ipocrisia delle sigle sindacali compiacenti, che prima di firmare non hanno mai affrontato i problemi occupazionali ed hanno siglato norme non chiare che si prestano alle prepotenze aziendali. Oggi pietiscono incontri con patetiche letterine di supplica ai vertici aziendali ma i ferrovieri hanno visto troppe volte questi giochi per non sapere che si tratta, se va bene, di incapacità, altrimenti del preludio di altri scambi inconfessabili che in gergo vengono chiamati ‘marchette’.
RISPUNTA LA FISAFS – In questo quadro abbastanza desolante si è aggiunto un ulteriore problema, tutto interno al fronte dei lavoratori ma forse con lo ‘zampino’ dei vertici aziendali: rispuntano in una parte dell’Orsa Ferrovie, organizzazione composta da sindacati dei vari settori federati tra loro, alcuni elementi di una cultura concertativa e subalterna caratteristica della vecchia Fisafs, sindacato autonomo che fino a qualche anno fa era addirttura considerato ‘giallo’ dai suoi detrattori. E’ infatti in atto un confronto interno durissimo tra le varie posizioni, rispetto all’adesione o meno al CCNL già firmato da Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Fast, ed in particolare tra il settore macchinisti dell’Orsa fermamente contrario alla firma del contratto e i vertici degli altri settori. Il patto federativo col quale si è costituita l’Orsa prevede – a garanzia di tutte le specificità professionali – che per firmare un CCNL occorra l’assenso di tutti i settori. L’intero settore macchinisti, assieme a moltissimi iscritti degli altri settori, è contrario pertanto l’Orsa non potrà firmare a meno di forzature e illegittimità statutare che aprirebbero nuovi scenari nel nostro panorama sindacale.
RISCHIO FRAMMENTAZIONE – Mentre tra i macchinisti il dissenso (il referendum tra iscritti e non iscritti ha visto oltre il 90 % di no nella categoria) trova la sua giusta rappresentazione grazie al sistema di verifica democratica dei rappresentanti nazionali con le periodiche elezioni ‘di base’ previste dallo statuto, negli altri settori pur interni all’Orsa, il sistema di rappresentanza è molto meno efficace anche a causa della cristallizzazione di posizioni da troppo tempo lontane dalla produzione e quindi dal sentire dei lavoratori. Tra i semplici ferrovieri degli altri settori il dissenso alla firma del contratto non trova quindi la giusta rappresentazione col rischio di una frammentazione a macchia di leopardo dell’unica Organizzazione sindacale che, pur interna alle relazioni industriali, fino ad oggi aveva rappresentato un punto di vista alternativo e un punto di riferimento per moltissimi lavoratori.
APPELLO ALL’UNITA’, ALLO SCIOPERO E ALLA PARTECIPAZIONE – Non basterà certo scioperare i giorni dall’11 al 14 ottobre prossimo per risolvere i nostro problemi ma l’adesione deve essere massiccia e generalizzata, occorre ritrovare l’unità, oltre le artificiose distinzioni di tessera sindacale per lanciare un fermo messaggio a chi vuole continuare a calpestare la nostra vita e per tentare, tutti insieme, di recuperare vivibilità e salute eliminando almeno gli elementi più critici di questo orribile contratto.
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