L’insolito scenario composto da suore in catene, che hanno effettuato persino un blocco stradale controllate a vista dai celerini con caschi e manganelli, si è materializzato, nella centrale Piazza Municipio, grazie agli effetti antisociali dei tagli intervenuti verso le strutture religiose e quelle laiche che nell’area metropolitana si occupano di assistenza ai minori attraverso l’istituto dei semiconvitti.
Per reclamare lo sblocco dei tagli ai fondi operato dall’amministrazione De Magistris si sono radunate sotto gli uffici del Comune un centinaio tra suore, operatori sociali e mamme dei bambini che usufruivano di questo servizio sociale ed urlando slogans arrabbiati hanno costretto i poliziotti ed i vigili urbani a far chiudere il portone del municipio per impedire che la protesta dilagasse fin dentro il palazzaccio.
Questo dei semiconvitti è un servizio collocato, prioritariamente, nei quartieri della città ad alto tasso di criminalità organizzata dove – tra mille problemi ed evidenti contraddizioni – questi presidi sociali svolgono un argine al già rilevante stadio di degrado umano e materiale che affligge i settori più deboli e marginali dei ceti popolari partenopei.
La protesta delle suore incatenate – al di là dei pur rilevanti aspetti simbolici e mediatici innegabili – pone il tema della palpabile accelerazione del già avanzato processo di destrutturazione del welfare cittadino in materia di scuola, servizi sociali ed assistenza alle persone.
Una peculiarità costitutiva di questa fase dell’azione del governo Monti il quale, in sintonia con i desiderata dei poteri forti del capitalismo multinazionale europeo, sta demolendo l’intera impalcatura formale e sostanziale su cui si regge la cosiddetta spesa pubblica e/o sociale.
In questo contesto – riscontrabile a Napoli come altrove – colpisce l’inanità e la vacuità con la quale amministrazioni e personale politico che si sono affermati elettoralmente sulla scorta di una possibilità di cambiamento e di riscatto collettivo oggi sono impantanati in una sorta di stucchevole guerriglia a suon di dichiarazioni di critica, tanto roboanti qunto inconcludenti, verso Monti e i provvedimenti del suo esecutivo.
A cosa servono le guasconate di Giggino De Magistris sui media locali e nazionali se poi a queste sparate ueste qqqnon segue nessuna conseguenzialità politica ed organizzativa tra quanto si dichiara, all’indomani dei periodici tagli di trasferimenti di fondi dal governo agli enti locali, e l’indispensabile invito alla necessità di una diffusa mobilitazione contro i programmi di macelleria sociale?
Ed a cosa serve il dichiararsi a favore dei lavoratori Fiat, della campagna referendaria a difesa dell’articolo 18 o la solidarietà con i palestinesi se poi, quotidianamente, sul terreno della governance municipale si registra un mix tra conati bonapartisti ed una stanca demagogia incapace (passata la sbornia elettorale..) anche di alludere ad uno straccio di immaginario collettivo?
Se la vicenda, per taluni aspetti anche paradossali, della protesta delle suore segna – comunque – un punto topico dell’impossibilità di una qualsivoglia azione riformatrice ed avanzata da parte dell’amministrazione De Magistris sarebbe auspicabile che riprendesse in città e, prioritariamente, negli ambiti di movimento e della società non omologati e/o sussunti nei gangli della governance affaristico e speculativa una discussione circa la necessità e l’urgenza della ricostruzione di una autorevole ed articolata opposizione sociale a scala metropolitana.
L’incrudimento dei fattori di crisi generale, il restringimento degli spazi di mediazione politica, la fine di ogni retaggio assistenziale/welfaristico e – contemporaneamente – l’esaurirsi della spinta propulsiva del movimento arancione consegnano alla soggettività antagonista e alle variegate espressioni del conflitto il cimento utile per la costruzione di una nuova intrapresa.
Ricostruire e riqualificare, anche con modalità sperimentali, forme e strumenti di rappresentanza politica degli interessi di classe è uno dei compiti prioritari di questa congiuntura.
Si apra, quindi, anche a Napoli un confronto collettivo in grado di strutturare e determinare, senza spocchia ma anche senza complessi di inferiorità, un percorso di confronto e di unità tra vertenze e lotte finalizzato alla determinazione di una nuova rappresentanza autonoma ed indipendente.
* Rete dei Comunisti, Napoli
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