Scusate il ritardo… Questa storia dell’Expo come occasione per “far ripartire la crescita” è una di quelle cazzate così grosse che non si capisce come qualcuno possa crederci. Ma a criticarla così, senza avere tra le mani “le carte”, si rischia di passare per approssimativi, “ideologici”, prevenuti.
Bene, adesso siamo “post-venuti”, e vi forniamo anche “le carte”. Così chi ci casca dovra ammettere di essere un vero coglione. Oppure un complice, o una spia…
Andiamo con ordine. A Milano, nel 2015, ci sarà un Expo, ovvero una fiera propagandistica delle “eccellenze” del paese-Italia. Arriverà gente da varie parti del mondo (non turisti, ma operatori economici), e gli verrà mostrata la convenienza dell’investire in Italia: contratti inesistenti, lavoro – volendo – anche gratuito, garanzie e obblighi zero, agevolazioni fiscali mirate, precarietà a go-go… Una vera “ocasione”.
Questo accordo di merda l’hanno firmato ovviamente Cgil, Cisl e Uil. E subito il presidente del Consiglio, Enrico Letta il Giovane (per distinguerlo dallo zio, Gianni il Vecchio, colui che ha dirozzato Berlusconi rendendolo “facitore” della politica nazionale), ha dichiarato di “sperare” che le condizioni di lavoro lì previste diventino presto valide su tutto il territorio nazionale. Dovrà attendere solo qualche mese, la dichiarazione di un nuovo “stato di emergenza economica” (ci penserà Napolitano, presumibilmente) e il gioco sarà fatto.
Ma cosa prevede questo accordo?
Il riassunto lo lasciamo volentieri, per una volta, a Roberto Ciccarelli del “nuovo manifesto”. Giornale che, nella nuova configurazione, non capisce più molto di lavoro, economia, “struttura”, ma che – di fronte a una mostruosità di questo genere, proprio non poteva far finta di non vedere (siamo però sicuri che Norma Rangeri si starà già autocriticando per aver lasciato passare questo pezzo, peraltro non privo di ingenuità clamorose e ideologia retrò).
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In 18.500 lavoreranno gratis
Roberto Ciccarelli
Flessibilità e precariato nell’accordo tra le parti sociali. Ma per Letta è «un’ottima intesa da estendere all’Italia»
L’accordo sulla flessibilità del lavoro a termine e sugli stage per l’Expo 2015 – firmato ieri dai rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil, Filcams Cgil, Fisacat Cisl e UilTucs con l’amministrazione delegato di Expo 2015 Giuseppe Sala – prevede l’assunzione di 835 persone mediante contratto di apprendistato da 7 o 12 mesi. 340 giovani under 29 anni parteciperanno ad un percorso formativo rispettivamente di 70 e 120 ore per il conseguimento delle qualifiche di «operatore Grande Evento», «specialista grande Evento» o di «tecnico sistemi di gestione Grande Evento».
A partire dal 2014 verranno assunti altri 300 lavoratori per i ruoli di supporto e segreteria e 195 stagisti con un rimborso da 516 euro mensili. Una parte di queste assunzioni a termine, il 10%, verranno effettuate tra i lavoratori che si trovano in cassa integrazione straordinaria o in deroga, sono in mobilità o in disoccupazione. Con ogni probabilità, al termine dell’esposizione, torneranno ad essere tali.
Il protocollo siglato dalle parti sociali prevede inoltre 18.500 volontari che dovranno alternarsi in «attività ausiliare» al ritmo di 475 per cinque ore al giorno nei sei mesi di durata dell’Expo. Il loro impegno, si legge nel protocollo d’intesa, dev’essere svolto esclusivamente «con uno scopo di partecipazione, solidarietà e pluralismo».
L’accordo è stato salutato ieri dal presidente del Consiglio Enrico Letta come «un’ottima intesa la cui base può essere applicata a livello nazionale». Maurizio Sacconi auspica invece l’abolizione della causalità dei contratti a termine. Ribadisce la necessità di convertire rapidamente il decreto «Letta-Giovannini» che elimina la «causalità» sul primo contratto e preme per un secondo decreto nel mese di settembre «una volta esperito il tentativo di avviso comune tra le parti sociali».
In realtà, l’intesa tra le parti sociali ha raggiunto un compromesso stabilendo una causalità vincolata all’«avvio e presidio dei servizi». Gli apprendisti e i lavoratori a termine potrebbero così sperare di lavorare anche fino a 12 mesi, augurandosi di tornare a lavorare a termine in altri «grandi eventi» milanesi come il salone del mobile o la settimana della moda. I sindacati e il comune di Milano hanno dichiarato la propria soddisfazione.
Per i primi conta il fatto di avere inquadrato il limitato numero di apprendisti Expo nel contratto nazionale sul terziario, distribuzione e servizi.
«L’intesa – ha detto il segretario generale della Uil Milano Walter Galbusera -dà una risposta equilibrata alle forti esigenze di flessibilità connesse all’evento». Per il segretario Cgil Milano Graziano Goria, l’accordo rappresenta un esempio da seguire «quando apriranno i cantieri per la realizzazione delle varie opere legate all’esposizione».
Cristina Tajani, assessore al lavoro del comune di Milano (ex “speranza” della pattuglia negriana, al pari dell’estensore dell’articolo, ndr), ha rilanciato l’aspetto «innovativo» delle formule che regolano l’apprendistato e il volontariato.
Chi ha spiegato meglio il merito dell’intesa è stato l’Ad Expo Sala (ma guarda un po’, ndr) secondo il quale l’intesa «dimostra come si possa flessibilizzare e derogare in materia di lavoro». Su questo obiettivo sembrano convergere tutti, anche le più alte cariche dello Stato che considerano l’economia dei «grandi eventi» il «volano della ripresa economica». Sempre ammesso che ci sia, questa «crescita» prevede la creazione di un limitato parco di apprendisti precari specializzati e di un larghissimo uso di lavoro gratuito.
Questo è stato sempre il modello per lo sviluppo delle economie immateriali in Italia (si sente il peso nell’ideologia negriana, così come un po’ di sconcerto per il fatto che quel che sembrava una “liberazione” si stia rivelando una schiavitù generalizzata, ndr). Quella milanese non ha mai fatto eccezione. Oggi la novità è che le parti sociali, e il governo, esprimono un consenso diffuso sulla generalizzazione di questa organizzazione postfordista del lavoro, sia pure nel quadro della contrattazione nazionale.
Un aspetto che non è sfuggito al sito milano-fiera.net che conduce un’inchiesta permanente sul laboratorio Expo. Uno dei suoi redattori, Andrea del centro sociale Fornace e del Punto San precario, osserva che l’accordo ha messo nero su bianco che un grande evento può essere gestito con il lavoro gratuito. «Si premura di indicare che le attività dei volontari saranno e “non professionali” – afferma – Non è così perché i volontari vengono formati nelle scuole attraverso progetti come “Genexpo” promosso dal Comune di Rho e dalla Provincia di Milano».
Nelle scuole milanesi sarebbe in corso un processo di formazione «informale» che ricorda quello delle guide turistiche che sono, come noto, una figura professionale. I 18.500 volontari non potranno tuttavia aspirare a questo titolo. Per l’Expo, e per l’intera nazione, resteranno liberi prestatori d’opera, diffusori dei «valori etici» nell’economia dei grandi eventi.
da il manifesto
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Il testo originale dell’accordo, con tanto di firme:
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