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Il “pizzo” ai sindacalisti per evitare gli scioperi

Diciamo la verità: fare il sindacato non è un lavoro semplice. Devi organizzare i lavoratori, che nella crisi diventano passivi in quanto terrorizzati: e devi trattare con la controparte, obbligatoriamente, e rischi sempre di scivolare verso la corruzione. I padroni cercano di comprarti, si sa, avviene da sempre.

Quanto è avvenuto a Salerno, però, segna forse l’evoluzione finale del sindacalista “complice” che fatica – oggi come oggi – a trovare un ruolo. Si vede che il padrone, compresa la nuova situazione economica, aveva ritenuto di poter “risparmiare” sul compenso versato ai sindacati “complici” per non aver fastidi. E quindi i rappresentanti in lodo hanno reagito trasformandosi in “imprenditori della compravendita del sindacato”.

Due “sindacalisti” di Cgil e Uil, più uno della Uil già andato in pensione, da un po’ di tempo minacciavano un imprenditore chiedendogli somme importanti per evitare che i dipendenti dessero vita a scioperi a ripetizione. Fin qui la notizia data dalle agenzie. A noi sembra ovvio che solo di una “minaccia” si potesse trattare, visto che convincere i lavoratori a scioperare – e quindi a rimetterci una giornata di paga alla volta (anzi, di più, visto che salta anche la quota per i contributi previdenziali) – è piuttosto difficile anche quando ci sono robuste ragioni per farlo. Figuriamoci quando – se l’impresa tutto sommato “va bene” e paga untualmente – queste ragioni sbiadiscono.

L’industriale salernitano – produttore di etichette e stampati – con oltre cinquanta dipendenti, aveva pagato altre volte. Ma la crisi generale è alla fine arrivata anche qui, e quindi il “circolo virtuoso” si è immediatamente spezzato. Guarda un po’, l’imprenditore ha preferito usare i soldi delle mazzzette ai tre sindacalisti per pagare invece gli stipendi dei lavoratori. Non avesse pagato nemmeno prima, sarebbe stato decisamente meglio, più etico e persino lungimirante; ma non si può pretendere la santità da chi ha deciso di far soldi con la fatica degli altri…

Arrivato sull’orlo del collasso finanziario, dunque, ha chiamato i carabinieri ed è stata preparata la trappola per coglierli “col sorcio in bocca”, in una anonima area di servizio vicino Salerno. Tremila euro in una busta che passa di mano, più o meno i trenta denari di un tempo (la svalutazione, signora mia…). Spiccioli per miserabili, una “integrazione” di stipendi (o pensione) rubati.

I nomi dei tre intraprendenti venditori di diritti altrui non sono stati ancora resi noti, ma saranno presto individuati. A.M., 45 anni, sindacalista della Uilcom Uil, e M.R, 60 anni, della Slc Cgil. Il terzo arrestato è un pensionato di 67 anni, P.T., ex dirigente della Uil ancora “su piazza”.

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