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Bancari in sciopero giovedì, l’Abi ha disdetto il contratto

Una volta erano una categoria invidiata, considerata “ricca” a prescindere dalle figure professionali presenti.
Una volta i bancari venivano tranquillamente confusi con i banchieri, perché era ovviamente anche una categoria “tranquilla”, abituata a risovere i problemi senza conflitti. Tanto…

Anche per loro le cose si mettono male. Anni di contratti a perdere, licenziamenti, fusioni che hanno ridotto il numero degli istitui, informatizzazione che ha eliminato buona parte delle operazioni che bisogna “fisicamente” fare allo sportello, marginalizzazione del “rapporto col piccolo cliente” rispetto alla centralità assunta daigrandi investimenti… e ora è arrivata anche la disdetta del contratto nazionale. Unilaterale, senza se e senza ma, da parte dell’Associazione delle banche italiane (Abi), quel covo di indagandi in attesa di arresto (il penultimo presidente è stato Roberto Mussari, per anni capo assoluto di MontePaschi prima del crack

Per lo sciopero della categoria, il primo da 13 anni, tutti i sindacati – anche i “complici”, che qui contano una sigla in più, in onore al corporativismo –  hanno organizzato giovedì 31 ottobre un corteo a Ravenna, città del presidente Abi Giovanni Patuelli (numero uno della locale Cassa di Risparmio) e manifestazioni a Roma, Genova, Padova e Milano. L’evento sarà anche preceduto il 30, in occasione della giornata del Risparmio dell’Acri, da un presidio a Roma e a Milano.

Qui di seguito la posizione della Falcri che, per le caratteristiche della categoria, può essere considerato un sindacato di base.

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LA DISDETTA DEL CONTRATTO NAZIONALE

La disdetta unilaterale del Contratto Nazionale, rassegnata formalmente da ABI nell’incontro di ieri, va letta come un atto gravissimo. ABI, evidentemente, non ritiene più sufficiente nemmeno quella politica concertativa che, tra le altre cose, aveva consentito la gestione di migliaia di esuberi nell’ultimo decennio. Tale decisione rappresenta un violento schiaffo a tutte le lavoratrici ed i lavoratori del settore e dimostra come i banchieri siano incapaci di rinunciare ai loro enormi benefit e di calarsi in una realtà complessa, come quella che sta attraversando il nostro Paese, mostrando quell’umiltà e quella consapevolezza necessarie per dare risposte efficaci agli interessi generali delle imprese, delle famiglie, dei giovani, delle comunità locali e dell’occupazione.

Come sono stati utilizzati i tantissimi soldi ricavati dai continui tagli sul costo del lavoro, dalla forte riduzione degli organici e degli sportelli, dalle continue ristrutturazioni e concentrazioni?
Negli ultimi anni nulla è stato fatto per dare risposte alle sollecitazioni provenienti dal mondo del lavoro, delle imprese e della clientela in generale. Al contrario si è assistito ad una costante crescita dei privilegi dei banchieri e del top management.
La gravissima forzatura operata dall’ABI dimostra ancora una volta come i vertici delle banche, anziché affrontare i problemi strutturali del settore, vogliano affrontare la crisi più difficile di sempre facendo gravare sulle spalle dei lavoratori i costi della loro manifesta incapacità di modernizzare il sistema bancario.
Unisin si è espressa – richiedendo anche specifici interventi del Governo ed inviando un documento alla forze politiche – affinché la politica potesse eliminare le distorsioni regolamentari e fiscali (il c.d. cuneo fiscale, il regime fiscale sui crediti ed altro) che penalizzano le banche italiane rispetto ai competitor europei.
Il Sindacato, tuttavia, non può certo avallare un simile scenario dove continua a non essere chiaro quali strade le banche vogliano percorrere per rilanciare l’economia del Paese e valorizzare le opportunità offerte dalla tecnologia e da un personale molto qualificato e professionale.
E’ finito il tempo dei tentennamenti! Soprattutto la parte datoriale ha il dovere di assumere concretamente il ruolo che le compete, con grande responsabilità e con idee innovative e costruttive. Chi non vuole, o non è capace di farlo, deve avere l’umiltà di rinunciare ai propri incarichi.
Adesso il Sindacato e le migliaia di lavoratrici e di lavoratori bancari sono chiamati ad una risposta forte ed unitaria ed Unisin, come sempre, sarà parte attiva e determinata.
Roma, 17 settembre 2013

LA SEGRETERIA NAZIONALE

 

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