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I lavoratori delle Province non si fidano del governo. Il 6 dicembre è sciopero

Un mix di disposizioni inserite in ogni provvedimento di legge -da quelle finanziarie, a quelle sul femminicidio, alla legge di stabilità finanziaria, fino al vero proprio pateracchio di due distinti disegni di legge- prima dissanguano e poi impongono la chiusura definitiva delle Province. Il dibattito sulla conservazione o sull’eliminazione delle Province parte quasi cinquant’anni fa, quando nacquero gli enti Regione. Poi si è avuta traccia della volontà di eliminarle nel “Piano di rinascita nazionale” di Gelli e della P2, fino a giungere alla lettera del 5 Agosto 2011 con cui draghi e Trichet chiesero al Governo Berlusconi di cancellarle.

Subito dopo il neo insediato Governo Monti elaborò un decreto legge, poi convertito in legge, con cui si imponeva l’accorpamento delle Province sulla base di requisiti dimensionali (popolazione e territorio), ma tale ipotesi si scontrò con i rilievi della Corte Costituzionale (sulla base di ricorsi costituzionali vergati tutti dai Presidenti delle Regioni a guida centro-destra).

 

Da ultimo l’attuale Governo Letta, sin dal suo insediamento, ha dichiarato la ferma intenzione di eliminare le Province e, dopo la sentenza della Corte del Luglio scorso, ha immediatamente emanato due disegni di legge, uno ordinario e l’altro costituzionale […]

 

Al di là delle posizioni dei diversi schieramenti, USB è dell’avviso che tale comportamento solo in minima parte si spiega con la volontà di ridurre i cd. “costi della politica” (bastava ridurre le spese dei parlamentari), o con una semplificazione dei livelli di governo (in tutta Europa esistono strutture provinciali o sistemi analoghi al nostro). E’ invece più consistente la nuova centralizzazione dei poteri: da un lato verso lo stato centrale e dall’altro verso le Regioni e le Città Metropolitane, rompendo così anche quella rete diffusa e capillare che fa tesoro della tenuta territoriale dei piccoli Comuni (anch’essi accorpati a freddo dalla riforma Delrio).

 

E’ forte anche la percezione che la sorte dei circa 60.000 lavoratori provinciali e della stragrande maggioranza dei cittadini amministrati, non sia stato compiutamente valutato dagli estensori di queste norme […]

 

Gli atteggiamenti soporiferi di tutto il panorama sindacale concertativo che teme di uscire con le ossa rotte da questo scontro, incontrano l’atteggiamento narcotizzato dei lavoratori persuasi che comunque non accadrà nulla di nefasto.

 

Purtroppo abbiamo invece la percezione che grandi tempeste siano in arrivo: si andrà alla riduzione delle componenti del salario accessorio alle obilità forzose e al ricorso ai meccanismi di cassa integrazione (sì,esiste anche nel settore pubblico), preludio al vero e proprio licenziamento.

 

Senza contare il bagno di sangue che riguarderà i precari e coloro che sono impiegati negli enti strumentali, nelle partecipate o nel circuito degli appalti.

 

Ai lavoratori chiediamo di resistere a questa deriva, di spendersi in prima persona per difendere il proprio lavoro, i propri diritti, la propria dignità, la propria retribuzione e per non sottostare allo sterile ricatto del ministro Delrio che contrappone i presunti 11.000 posti in asili nido alla eliminazione delle Province (egualmente ottenibili con un bombardiere F35 in meno, o con la demilitarizzazione del cantiere TAV in Valsusa).

 

La USB annuncia resisterà con ogni mezzo necessario al Provincicidio messo in atto da questo Governo (o da altri).

 

SCIOPERO DEL PERSONALE PROVINCIALE 6 DICEMBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA

 

sotto il Ministero degli Affari Regionali

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