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Ma chi ha detto che non c’è? #livornononpuòmorire

Pensando alla giornata di ieri, vogliamo partire proprio da questa semplice domanda retorica, ma chi ha detto che non c’è?

Ieri, per le strade del centro di Livorno, abbiamo sentito un’atmosfera diversa, la si poteva respirare a pieni polmoni. Nonostante allerte meteo, cattivo tempo, pioggia e vento forte, più di 3000 persone sono scese in piazza per manifestare, per urlare un dissenso, un disaccordo, un disagio, che sempre di più va presentandosi nelle vite di tutti e tutte noi.

A Livorno, nelle ultime settimane sono scoppiate tantissime vertenze, andando a colpire tantissime persone. Più di 2000 posti di lavoro a rischio, più di 2000 famiglie che si ritroverebbero dall’oggi al domani senza più un lavoro, un reddito con cui tirare avanti.

A Livorno ieri, secondo noi si è iniziato a muovere qualcosa di diverso. La manifestazione di ieri non era né un appuntamento di mobilitazione nazionale, né una ricorrenza, né un appuntamento partitico o sindacale.

No, quella di ieri era una manifestazione della gente, dei lavoratori e delle lavoratrici, dei solidali, era una manifestazione organizzata dal basso, in autonomia rispetto a tutto.

Era il punto d’inizio di una mobilitazione diversa, costruita giorno per giorno da veri soggetti sociali, quelli colpiti dalla crisi, quelli che perdono il posto di lavoro, quelli che vengono esclusi dai processi di arricchimento. Quelli che provano rabbia di fronte al futuro che non c’è e alla miseria che avanza.

Qualcosa bolliva già in pentola. L’occupazione di Confindustria da parte degli operai della TRW il 17 ottobre forse è stato un inizio. Un inizio drammatico, ma pur sempre un inizio. Il corteo del giorno successivo organizzato dai Comitati Autonomi dell’Ex Caserma Occupata e partecipatissimo anche dalla città (con più di un migliaio di persone), che ha voluto sfidare la fatica e ha raggiunto gli operai che bloccavano l’Aurelia, facendo abbracciare i due cortei (quello dei Comitati Autonomi e quello degli operai della TRW, appunto) è stato sicuramente un passaggio significativo.

L’avevamo definita “SOLIDARIETÀ”, a dimostrazione di quanto sia importante e sentito, riunire e ricomporre le lotte, far fronte comune di fronte a problemi che sono di tutti.

Nel frattempo i meccanismi di solidarietà si sono sviluppati, avendo un altro suo punto forte e di coagulo, nella giornata del 29 ottobre, quando gli operai della TRW andavano a Roma a incontrare il Ministro dello Sviluppo Economico e i padroni della multinazionale.

Quel giorno Livorno c’era, a centinaia sono passati durante l’intera giornata fuori dalla fabbrica di via Enriques a portare la propria solidarietà, con striscioni e bandiere. E gli operai livornesi a Roma incontravano altra solidarietà, altri operai come loro, quelli della Jabil di Marcianise, quelli delle acciaierie di Terni, reduci poco prima delle cariche della polizia di Piazza Indipendenza.

Che forse quel giorno, sotto al MISE, incontrandosi tra operai e lavoratori di città diverse, sia davvero scattata una scintilla? Incontrandosi, incrociandosi, in un coagulo di corpi con storie e provenienze diverse, forse quel giorno sotto al Ministero in realtà c’erano anche fin troppe situazioni identiche. Gente che lavora, che alle 6 di mattina è già in fabbrica a sfornare pezzi. Gente che è stretta da affitti, mutui, cassaintegrazione e diritti sociali che non ci sono più. Città diverse ma stesse situazioni.

E forse da quella giornata, abbiamo imparato tutti qualcosa di più, che la classe lavoratrice c’è e lotta senza tregua quando è incoraggiata, sostenuta, supportata.

E la giornata di ieri allora è stata un altro passaggio in questo senso. Una manifestazione di lavoratori e lavoratrici che in maniera autonoma e autorganizzata hanno deciso di coordinarsi e scendere in piazza uniti, senza bandiere partitiche o sindacali.

All’inizio del corteo uno striscione amaranto, colore della città, che recitava uno slogan semplice, ma mai scontato, “Se Colpiscono Uno, Colpiscono Tutti”. E poi giù a seguire gli spezzoni di tutte le altre realtà lavorative che hanno aderito al corteo, come RSU, RSA o semplici gruppi di lavoratori e lavoratrici.

Ce n’erano davvero tanti, la coda non si riusciva a vedere neanche da metà corteo. Interventi di cuore, rabbiosi, passionali, sentiti e applauditi da tutti. Slogan semplici e chiari, “Fuori i padroni da Livorno”, “Livorno non si piega”, “Lotta dura senza paura”. E il comizio finale, che ha resistito anche a un violento acquazzone con la gente che è rimasta a riempire Piazza Cavallotti, le lacrime delle RSU della TRW dopo l’ultimo intervento, l’abbraccio fraterno fra lavoratori e lavoratrici che condividono l’incubo di perdere tutto.

Livorno ieri c’era. C’erano perfino il sindaco Nogarin e i segretari dei principali sindacati, che in silenzio hanno sfilato a margine del corteo dei lavoratori e delle lavoratrici livornesi. C’erano anche i commercianti della città che, nello sfilare del corteo, hanno tutti abbassato le saracinesche ed esposto manifesti in solidarietà ai lavoratori.

Livorno ieri c’era e questo è il dato da cui ripartire. Ieri eravamo solo in poco più di 3000, e chissà quanti saremmo stati senza la pioggia e il cattivo tempo.

Adesso, dobbiamo continuare a esserci, dobbiamo continuare a unirci e lottare assieme, dobbiamo continuare a dimostrare che Livorno c’è e che gli slogan lanciati ieri in corteo – “Livorno è nostra e guai a chi la tocca” – sono veri e sentiti.

Nessun licenziamento dovrà più passare in silenzio. Nessun posto di lavoro dovremo più perdere senza lottare.

Dovremo mettere veramente in pratica il senso de “Se Colpiscono Uno, Colpiscono Tutti”.

E tutti, risponderemo insieme. Lottando.

Redazione Livorno Indipendente

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