Un altro pezzo dell’industria italiana ha preso il volo verso azionisti e proprietari tedeschi. Lo shopping a saldo delle multinazionali tedesche in Italia continua così a prendersi pezzo dopo pezzo la struttura produttiva del nostro paese. Dopo la Ast di Terni e la Ducati (solo per fare alcuni esempi) adesso è toccato alla Italcementi, La famiglia Pesenti infatti ha ceduto il gruppo industriale alla HeidelbergCement, il maggiore gruppo tedesco del settore. “L’accordo raggiunto dà vita a un operatore di riferimento per l’intero settore dei materiali da costruzione, attualmente soggetto a un’ampia fase di consolidamento a livello mondiale”, ha spiegato in una nota Italmobiliare, la holding della famiglia Pesenti.
Il nuovo gruppo nato dall’aggregazione tra Heidelberg e Italcementi sarà il secondo operatore mondiale nel settore del cemento, il primo negli aggregati e il terzo del calcestruzzo. La HeidelbergCement, è controllata per il 25% da Ludwig Merckle. Nel 2014 ha registrato ricavi per 12,6 miliardi di euro, mentre la Italcementi aveva chiuso il 2014 con ricavi per 4,15 miliardi, un margine operativo lordo di 644 milioni e un risultato dell’esercizio in rosso per 49 milioni. Nel 2014 sia il margine operativo corrente sia il risultato operativo erano tornati a crescere, dopo 7 anni di contrazione dovuti agli effetti della crisi economica.
“L’accordo con il quale Italcementi ha ceduto il 45% del Gruppo ai tedeschi di Heidelberg ci preoccupa nel metodo e nel merito, e getta ombre inquietanti sul futuro della società e sul destino dei circa 3.000 dipendenti italiani”, si legge in una nota congiunta dei segretari nazionali di FenealUil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil. Oltre ad essere avvenuto senza il coinvolgimento dei sindacati, l’accordo “non dà alcuna garanzia sia sul mantenimento dei livelli occupazionali rispetto al piano di ristrutturazione, che si concluderà a gennaio 2017, sia per quanto riguarda gli stabilimenti che la sede direzionale di Bergamo, nella quale lavorano circa 600 persone”, si legge nella nota nella quale si sollecita il governo a chiedere “garanzie sulla natura e sulla qualità del piano industriale”.
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