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Puglia. Un terzo bracciante muore lavorando a 40 gradi

Neanche il tempo di sbollire la rabbia per due morti al lavoro nei campi, nel forno dei 40 gradi all’ombra di questa estate. Ed ecco che, ancora una volta in Puglia, a Polignano, provincia di Bari, un terzo bracciante muore stroncato dalla fatica in condizioni proibitive.

Un migrante di nazionalità tunisina, 52 anni, padre di quattro figli, si è accasciato intorno alle 13, dopo una giornata di lavoro iniziata alle 5 di mattina.

Dopo otto ore, pare si sia avvicinato alla macchinetta del caffè per mandare giù qualcosa, o forse solo per trovare un po’ d’ombra. E lì è caduto, per non rialzarsi più. Un’altra bracciante, che lo aveva visto allontanarsi dal campo, seguendolo con lo sguardo, lo ha visto cadere e ha lanciato l’allarme chiamando direttamente i carabinieri. I quali, arrivati insieme a un’ambulanza, hanno potuto soltanto constatarne la morte.

La differenza con i due casi di Nardò e Andria, in cui avevano perso la vita un migrante sudanese e una madre pugliese, è soltanto nella regolarità del contratto (mentre negli altri due casi si era totalmente fuori dalle regole) e nella volontà del magistrato di turno, il pm Grazia Errede, di disporre l’autopsia. L’incarico dovrebbe essere già stato affidato al professor Francesco Introna, che dovrà quindi stabilire le cause del decesso e se sarebbe stato possibile evitare questa morte. Semplicemente consentendo pause di riposo più lunghe o un approvvigionamento adeguato di acqua e sali minerali.

Il bracciante stava infatti caricando da otto ore cassette di uva. Dotato di permesso di soggiorno a – secondo i primi accertamenti – anche di regolare contratto, risiedeva a Fasano, in provincia di Brindisi con la sua numerosa famiglia.

Come sempre, ora le istituzioni e i sindacati che dovrebbero vigilare sul lavoro stagionale in agricoltura, in una regione purtroppo famosa per il caporalato e la mancanza di controlli, si affrettano a far mostra di cordoglio e di promesse che dureranno lo spazio di una dichiarazione.
Oggi pomeriggio, nella sede della Presidenza della Giunta Regionale, a Bari, è stata convocata dall’assessore al Lavoro, Sebastiano Leo, una riunione con Cgil, Cisl e Uil. Ufficialmente, e per la millesima volta, con lo sbandierato obiettivo di definire norme e misure di contrasto al lavoro nero. Non crediamo affatto che ci saranno risultati più concreti delle altre volte.

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MORTE BRACCIANTE BARI: USB, CONDIZIONI DI SFRUTTAMENTO CHE VANNO DI PARI PASSO CON ATTACCO AI DIRITTI DI TUTTI I LAVORATORI

 

“Con la morte in Puglia dell’ennesimo bracciante, che lascia una moglie e quattro figli, siamo al terzo lavoratore che perde la vita in un contesto di sfruttamento estremo e di omertà”, denuncia Aboubakar Soumahoro, dell’Esecutivo Nazionale USB.

“Se pure emergesse che il lavoratore aveva un contratto regolare, la condizione generale nel quale oggi sono impiegati i braccianti è da considerare medioevale sotto ogni profilo – attacca il sindacalista – dal punto di vista dei diritti, della dignità persona nonché del lavoro”.

“Queste morti vanno di pari passo con l’aggressione e l’attacco in corso ai danni dei diritti di tutti i lavoratori, in particolare in un settore dove la mancanza di tutela la fa da padrone. Per questo l’USB, in collaborazione con la Chiesa Evangelica Metodista, ha aperto uno ‘Sportello Migranti’ a Venosa, in provincia di Potenza, in modo da poter esser un riferimento per tutti coloro che vedono negati i loro diritti fondamentali. Andremo avanti con questo impegno, coinvolgendo tutte le altre regioni italiane”, conclude Soumahoro.

Vedi anche: 

https://contropiano.org/lavoro-conflitto/item/32227-il-lavoro-pagato-poco-uccide-una-madre

https://contropiano.org/lavoro-conflitto/item/31977-il-caporalato-fa-un-altra-vittima-tra-i-migranti

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