Pubblichiamo volentieri la lettera di una lavoratrice di una cooperativa di Bari. La sua storia è simile a quella di tanti altri lavoratori che abbiamo conosciuto in questi anni: il Comune che paga a rilento, la cooperativa che sfrutta i tempi della burocrazia per ritardare ancora di più la corresponsione degli stipendi e che poi fa sparire pure il rimborso IRPEF, infine la cooperativa che finisce in liquidazione lasciando i lavoratori senza gli stipendi arretrati dell’ultimo anno.
Questa situazione ci permette poi di mettere in luce un altro problema che spesso colpisce i dipendenti delle cooperative: l’isolamento. Spesso questi lavoratori si trovano soli ed hanno difficoltà a far fronte comune con altri lavoratori che magari versano nelle loro stesse condizioni, sia per le specifiche condizioni di lavoro – “la tipologia del lavoro che svolgiamo (l’assistente domiciliare lavora spesso da sola nelle case degli utenti) e la mancanza di riunioni tra colleghi/e comporta che sia davvero difficile avere contatti con gli altri lavoratori” – , sia per la paura ad esporsi che colpisce chi lavora sotto il particolare regime delle cooperative.
Sono in sciopero. Sciopero sociale. Non pagherò né ticket sanitari, né tasse comunali o regionali, ad oltranza. Lo faccio perché sono una operatrice sociale che non recepisce lo stipendio da un anno. Lo faccio perché voglio sapere che fine hanno fatto questi soldi e li voglio, questi soldi.
Voglio sapere come è possibile che una lavoratrice non abbia alcun diritto né strumento per denunciare penalmente mesi di lavoro non retribuito e sfruttamento.
Ho lavorato per una cooperativa che ora è in liquidazione coatta. Io e altre colleghe non percepiamo stipendi da un anno nonostante vari solleciti indirizzati ai nostri datori di lavoro. Alle cooperative vengono corrisposti i soldi dei nostri stipendi dall’assessorato al welfare. Ma per tutto l’anno la cooperativa ci ha detto che non poteva pagarci perché il Comune non corrispondeva i soldi per i lavoratori.
Dopo i primi mesi a contratto a prestazione occasionale e i primi ritardi nella corresponsione degli stipendi ho cominciato a “pretendere” un contratto indeterminato e che mi si pagasse per il lavoro svolto. Prima a voce poi con lettere. Il tutto sempre individualmente perché la tipologia del lavoro che svolgiamo (l’assistente domiciliare lavora spesso da sola nelle case degli utenti) e la mancanza di riunioni tra colleghi/e comporta che sia davvero difficile avere contatti con gli altri lavoratori che probabilmente, per diversi motivi, preferiscono non esporsi. Ma in qualche modo fare la voce grossa, anche da sola, ha funzionato: mi hanno fatto un contratto indeterminato e hanno cominciato a pagare i mesi arretrati, uno per volta. La notizia della liquidazione coatta è arrivata proprio mentre la cooperativa ha ricominciato a pagarci.
Dopo la chiusura della cooperativa sono andata personalmente all’assessorato al welfare, dove ho scoperto che per un anno, mentre noi non percepivamo lo stipendio, il Comune di Bari invece pagava regolarmente la cooperativa, seppur a 60 giorni, per le sue competenze e servizi.
La mia ultima busta paga è datata agosto 2014, ma né la cooperativa né il Comune sanno dirci che fine hanno fatto gli stipendi di più di 60 lavoratori. E non solo gli stipendi, ma persino il rimborso IRPEF, il sussidio per chi ha un reddito vicino alla soglia di povertà. Il mio ex-datore di lavoro ha nelle sue mani persino questo sussidio.
L’unica cosa certa era che almeno gli ultimi tre stipendi non corrisposti e il TFR, dovevano venirmi accreditati dall’Inps, di regolamento, dato che la cooperativa ha subito la liquidazione coatta. Tuttavia fino ad oggi né io né i miei colleghi abbiamo percepito alcunchè. L’unica motivazione che mi è stata data è che è dovuto a problemi di “lentezza burocratica”.
Altro dispositivo di soccorso sociale facilmente eluso.
Ora lavoriamo per un’altra cooperativa che ci ha riassorbito tutte, naturalmente, dopo tre mesi dalla nostra assunzione, dei nostri nuovi stipendi nemmeno l’ombra! Questa volta è perché è prassi che il Comune invece di pagare a 60 giorni, paghi le cooperative a distanza di tre, quattro mesi. Su questi ritardi nei pagamenti molte cooperative ci marciano, come avrete capito, triplicando spesso le tempistiche del comune.
Sommando il tutto il risultato è che da un anno lavoriamo senza percepire stipendio.
E questo è un fatto diffuso tra i lavoratori delle cooperative di diverse tipologie, fatto di cui sono parimenti responsabili sia quelle cooperative colpevoli di malagestione, che il Comune, responsabile di avere dei tempi burocratici che non tengono conto della vita delle persone e di promuovere spesso bandi al ribasso (cioè : i bandi li vincono le cooperative che offrono servizi al minor costo). Questo comporta che gli operatori percepiscono stipendi da fame nonostante svolgano un lavoro di grande responsabilità e diluiti in tempi biblici. Tutto questo va a discapito anche delle persone disabili, che usufruiscono del servizio, e delle loro famiglie: per quanto una possa essere professionale, ma ve lo immaginate con quale stato d’animo si va a lavorare se non percepisci lo stipendio da un anno?
Quindi, poichè non ho i soldi per garantirmi neanche la visite mediche (ma neanche il pranzo) di cui ho bisogno, per motivi molto spesso legati al tipo di lavoro che faccio,
ho deciso di:
– dichiararmi esente dal pagamento del ticket. Anche se l’esenzione ticket è garantita solo ai disoccupati, io lo sono di fatto. Purtroppo la categoria del lavoratore sfruttato e non pagato non è contemplata nella lista di chi ha diritto all’esenzione.
– di non pagare titoli di viaggio.
– dichiararmi esente da ogni altra tassa comunale e regionale, perchè lo stipendio che non ricevo da un anno in fondo proviene da un pagamento comunale, quindi considero il mio non pagare le tasse un risarcimento minimo.
Invito le colleghe/i, lavoratrici e lavoratori, disoccupati/e tutti/e coloro che versano in condizioni simili alla mia ad unirsi a questa battaglia.
da http://clashcityworkers.org/
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