Di lavoro si continua a morire, con violenza, nell’indifferenza di padronato e politici, nel fatalismo da lavaggio del cervello: è nell’ordine delle cose, secondo i più, che un lavoratore, una lavoratrice possa non fare ritorno a casa.
Ieri non sono tornati a casa Lorenzo Mazzoni – 25 anni appena – e Nunzio Viola, 53, due operai uccisi da un’esplosione nel porto industriale di Livorno, dove stavano bonificando una cisterna per conto della Labromare.
Sentiremo e leggeremo di fatalità, imprudenza, incidente, di morti bianche, di morti sul lavoro. Non sentiremo né leggeremo che Lorenzo e Nunzio sono morti di lavoro, uccisi dalla mancanza di sicurezza, dalla latitanza di provvedimenti legislativi concreti, dall’assenza di controlli.
L’Unione Sindacale di Base esprime la propria vicinanza e la solidarietà di classe ai familiari e ai compagni di lavoro di Lorenzo e Nunzio e torna a denunciare a gran voce l’aumento spaventoso di infortuni e omicidi sul lavoro.
È una strage continua determinata dal peggioramento delle condizioni di lavoro, dalla moltiplicazione di appalti e subappalti, dalla mancata osservazione delle norme di sicurezza.
Più di 1.300 morti e oltre un milione di infortuni ogni anno sono il risultato di oltre venti anni di legislazione antioperaia, dal pacchetto Treu del 1997, all’abolizione dell’articolo 18, al Jobs Act.
L’Unione Sindacale di Base porterà avanti la lotta perché la sicurezza sul lavoro diventi una priorità. Perché la strage di lavoratori va fermata.
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