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TIM. Non possono pagare sempre i lavoratori!

L’avvento di Gubitosi e la gestione del gruppo Elliot a spese del gruppo Vivendi, non può e non deve assolutamente determinare lo spezzatino di Tim.

Vogliamo un rete e un gestore dei servizi pubblici, rispettoso dei lavoratori e degli utenti. Che garantisca l’accesso alle comunicazioni e alla rete in tutte le aree del paese e che la smetta con le gare al ribasso che tagliano i salari e la sicurezza dei lavoratori delle ditte appaltatrici. Siamo contrari alla divisione tra rete e servizi che, come dichiarato dai “signori” del fondo Elliot, serve a fare cassa, siamo contrari per una logica industriale e perché questo potrebbe determinare un gravissimo problema occupazionale.

La rete telefonica e la banda larga devono essere pubbliche per difendere occupazione, sviluppare il servizio e la copertura a tariffe calmierate.

USB Lavoro Privato denuncia come in questi ultimi anni, mentre ai lavoratori si chiedeva di “tirare la cinghia”, la società sia stata estremamente generosa con i suoi manager e amministratori delegati uscenti, con compensi e buonuscite per un totale di oltre 74 milioni.

La liquidazione di Amos Genish di 2,7 milioni di Euro, definita da alcuni offensivamente “contenuta”, dimostra ancora una volta come TIM sia il paese dei balocchi per i manager, grazie a emolumenti sproporzionati e buonuscite milionarie inversamente proporzionali ai risultati e al valore del progetto industriale per il rilancio e risanamento dell’azienda.

Proprio TIM si distingue per essere stata negli anni, al pari di quanto accaduto in ALITALIA dopo la privatizzazione, campione di avvicendamenti al vertice. Continui passaggi di potere che hanno privato l’azienda di un progetto stabile, per appagare solo i desiderata degli speculatori. E questo baccanale è ricaduto e ricadrà ancora sempre e solo sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini.

Ora la nomina del nuovo AD, già AD proprio in Alitalia, rischia di diventare l’ultimo atto di questa tragedia annunciata in TIM.

USB Lavoro Privato, fortemente preoccupata sul futuro industriale dell’azienda e, soprattutto, per le ricadute occupazionali, sollecita nuovamente l’avvio di un confronto con il Ministero dello Sviluppo Economico e delle Politiche Sociali.

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